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Camere di Commercio: bilanci in rosso e rischio default mentre la farsa dell’accorpamento continua

Dall’incontro di Unioncamere, che si è tenuto a Siracusa lunedì scorso, il responso sulle Camere di commercio in Sicilia è di un debito difficile da risanare, fallimentare, quasi a rischio default.

“La metà del costo complessivo del personale delle Camere di commercio siciliane è destinata al pagamento delle pensioni degli ex dipendenti. Questa “anomalia”, unicamente siciliana, che nel 2017 potrebbe portare i bilanci ad andare “in rosso di 16,5 milioni di euro”. È quanto ha messo in evidenza Ivan Lo Bello, presidente di Uniocamere nella conferenza stampa a margine dell’assemblea.

“Entro il 2020 – ha dichiarato ancora Lo Bello – si stima che il personale in servizio (che fino al 2016 ammontava a 351 dipendenti a tempo indeterminato) si attesterà sulle 224 unità, in seguito alle 127 uscite previste. Di queste, 119 saranno pensionati a carici delle Camere di commercio siciliane e si andranno ad aggiungersi agli attuali 657 pensionati che gravano sui bilanci camerali, 150 dei quali beneficiari di pensione di reversibilità. Ciò porterà ad un ulteriore costo per le Camere di commercio stimabili in circa 4,9 milioni di euro annui”.

Ma tornando indietro, nelle vicissitudini dell’accorpamento delle Camera di Commercio di Siracusa, Catania e Ragusa, insiste una curiosa storiella tutta siciliana ma con risvolti del particolare e tragicomico racconto greco-romano, per il particolare carattere dei siracusani, ricca di colpi di scena e tragedie a non finire. L’ennesimo risultato del torbido intreccio tra pezzi dell’associazionismo, gestore delle camere di commercio, così come pubbliche infrastrutture importanti e strategiche come i due aeroporti di Catania e Comiso, in cui il governo Crocetta & Company è stato dapprima il protagonista saccente e poi il fantasma di turno, per dire un giorno sì e un giorno no, in base alla convenienza dell’interlocutore.
Le camere di commercio, oltre a “case delle imprese”, si sono trasfigurate in enti para-territoriali, portatori d’interessi, che cogestiscono il potere politico, finanziario ed economico di enorme proporzione. E solo per rimanere a casa nostra, gli interessi ruotano attorno agli aeroporti di Catania e Comiso e che sono riusciti a far quadrare a volte i conti della politica e degli industriali in un convivio d’interessi e in un vicino connubio a tratti cerchiato di misteri e contiguità; ma poi è arrivata la rottura.

Il governo regionale d’intesa con l’associazionismo rampante, con il connubio d’industriali e faccendieri, si spartisce la gestione della gestione dell’aeroporto di Catania e quello di Comiso, trovando così il primo l’accordo per l’elezione dei vertici della super Camera di commercio accorpata. Ma i conti non quadrano. E dal grande stratega Ivan Lo Bello arriva l’ordine di cambiare percorso, e mentre quello che prima era la più bella idea di sviluppo sostenibile dopo l’accorpamento, quando i siracusani, con testa Ivan Lo Bello, si vantavano di essere i promotori nel progetto di grande respiro per il tessuto produttivo della Sicilia Orientale che era l’Area Vasta, ma diventa subito dopo il mostro da distruggere.

Tutto questo non piace alla parte perdente dell’altro associazionismo, quella che ha gestito prima l’aeroporto di Catania e che, facendo leva sugli istinti primordiali forti, s’inventa la torretta della vendetta campanilistica siracusana già defraudata della perdita dell’Autorità Portuale di Augusta a favore di Catania.

Il Consiglio camerale di Ragusa e quello di Siracusa avevano votato all’unanimità la nascita della Camera di Commercio di Siracusa, Catania e Ragusa nel desiderato dell’autoriforma voluta dal governo nazionale che riduceva a quattro le Camcom in Sicilia, nella logica di ottimizzare le spese di funzionamento, indebolite dalla riduzione delle quote delle imprese.
Scelta di opportunità e di prospettiva che va ancora difesa e perseguita magari riconsiderando l’opportunità di continuare a gestire i due aeroporti riportando la Camcom alla sua naturale funzione. È quello che chiede il mondo delle imprese e il mondo del lavoro.

La riforma della pubblica amministrazione e suoi tagli rischiano di mettere in ginocchio le Camere di Commercio della Sicilia. A lanciare l’allarme sono gli stati maggiori degli enti camerali riuniti a Siracusa per scelta fatta dal presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, già presidente dell’ente camerale siracusano, per quello che rappresenta il primo appuntamento ufficiale dei dirigenti e dei funzionari delle Camcom dopo l’entrata in vigore della riforma, approvata nel mese di agosto.

Ma nei primi giorni del mese settembre, dopo una lunga diatriba e qualche minaccia, ricatti e fratture poi ricomposte con la spartizione dei posti di sottogoverno in favore di chi gridava in faccia le minacce di rottura, Pietro Agen è stato eletto presidente della Camera di Commercio di Catania, Ragusa e Siracusa, con 23 voti a favore, una scheda bianca e cinque astenuti, con scrutinio segreto nella sala consiliare di via Cappuccini. Erano trenta i consiglieri convocati. Unico assente il consigliere Ivan Lo Bello.

“Oggi – dichiarò a caldo Agen sotto l’effetto della vittoria – non ci sono stati né vincitori, né vinti. Hanno invece vinto le imprese. Non ho un programma da mostrarvi perché credo che il vero programma vada costruito insieme, ma ci sono degli obiettivi urgenti che terrò presente: prima di tutto garantire serenità ai dipendenti e pensionati camerali e fare in modo che anche i rapporti interni al Consiglio siano all’insegna della serenità e dell’ascolto reciproco”.

“Bisogna guardare al futuro. La giunta – ha aggiunto Agen – dovrà essere nominata entro settembre e il Consiglio sarà convocato più spesso che in passato visto che stavolta in ballo ci sono territori diversi e bisogni differenziati. Credo molto nei gruppi di lavoro perché credo nelle specializzazioni. E poi c’è il complesso problema delle risorse. Non sarà facile trovarle ma credo che dovremo lavorare insieme per una controriforma delle Camere, con l’obiettivo di riportarle al centro dell’attenzione del mondo imprenditoriale, restituendo loro anche due compiti fondamentali: l’internazionalizzazione e il turismo”.

Inevitabile rimane il riferimento alla farsa del tira e molla in salsa siciliana sull’accorpamento delle camere di commercio di Catania, Siracusa e Ragusa i cui strascichi sono ancora presenti nelle aule giudiziarie. Difatti, sono pendenti due ricorsi davanti al Tar di Catania, avanzati dal raggruppamento di associazioni di categoria contrarie all’accorpamento (gli stessi che prima erano sfegatati difensori della super Camcom): il primo attiene alla contestazione dell’iter e delle procedure di accorpamento delle camere di commercio del sud-est. Ma la decisione dei giudici ha subito uno slittamento di un mese e quindi è attesa la sentenza entro il mese di novembre. Altro ricorso pendente al tribunale amministrativo regionale di Catania è quello concernente la richiesta di annullamento della delibera dell’ex commissario della camera di commercio di Siracusa con cui ha impugnato la revoca dell’accorpamento volontario adottata dall’allora giunta camerale. Su questo fronte è atteso un pronunciamento del Tar da un giorno all’altro. A questi due ricorsi se ne sta aggiungendo un altro, al limite della scadenza dei termini, contro il decreto del ministro Calenda, che accorpa le tre camere di commercio. Il raggruppamento di associazioni datorili contesta la parte in cui il decreto non tiene conto dei criteri della legge Madia, sostenendo che, nella ripartizione prevale la politica sulla legge.

La maggioranza delle associazioni datoriali continua a sostenere che sia stato colpito un territorio molto vasto come quello di Siracusa e Ragusa con più di 75 mila imprese e con una determinata specificità geo-economica, costituita dalla presenza d’industrie, agricoltura trasformata, beni culturali e il più alto numero di siti Unesco. Rimane comunque ancora una volta una tragedia siracusana. Giusto per confermare la scelta dei Greci di costruire il più grande teatro greco proprio a Siracusa per la presenza dei natii tragedianti e dei maestri registri.

Ma non tutti sono disposti a mollare la presa per riportare la Camera di Commercio di Siracusa al vecchio splendore, o a chinare il capo davanti al potere delle lobby della politica. “Vogliamo confrontarci con il nuovo governo regionale”, dice Pippo Gianninoto, ex vice presidente della Camcom di Siracusa, che, rispetto all’assemblea nazionale dei presidenti degli enti camerali è drastico: “Non me l’aspettavo fosse organizzata nella nostra città. Se ha il senso di ammorbidire un torto palese, siamo molto lontani dall’arrenderci”. E poi si duole che la nuova giunta camerale, che si è riunita venerdì a Siracusa “non abbia sentito il dovere di incontrarsi con la stragrande maggioranza delle associazioni di categorie siracusane contrarie a questo tipo di governance. Ciò la dice sulla considerazione di Siracusa come sede secondaria e non come centro nevralgico”.

Concetto Alota

 

 

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