Se te lo fossi perso

Caso “Centonove”: Enzo Basso, giornalista scomodo contro i poteri forti

Ai più attenti non è sfuggito in questi giorni il caso dello storico settimanale messinese “Centonove” e del suo editore e direttore, Enzo Basso. Sfogliando questa cattiva storia, troviamo le tracce dello spionaggio e depistaggio messo in piedi dal “Sistema Montante”, e poi una lunga Odissea tra i vicoli deviati della giustizia che l’imputato principe alla fine si scopre che non è colpevole. Enzo Basso è il capo di quella coraggiosa redazione, rea solamente di aver denunciato in lungo e in largo per la Sicilia dei gattopardi, il malaffare della politica e dei poteri forti che la governano da sempre, cambiando solo la facciata e la denominazione.

Nella terra di Sicilia, dove sono stati assassinati dalla mafia tanti giornalisti coraggiosi, il diritto di essere informati dai cronisti che portano avanti con sacrifici e tanti rischi il giornalismo più scomodo peri i potenti, quello d’inchiesta, è severamente vietato dai poteri forti e ostacolato dai servizi segreti privati, cosiddetti deviati. A differenza del passato, oggi si contrappone la forza dominante dei poteri forti, trasversale al governo dello Stato democratico della terza e quarta Repubblica, dove per i guai e i pochi meriti la tentazione di giornalisti che vogliono far finta di non sapere, sono davvero, purtroppo, tanti. Meglio scegliere un padrone, politicante, affarista, facilitatore, traffichino, se è pure editore, ancora meglio.

Pur tuttavia, negli ultimi anni si è diffusa una certa condizione di libertà e di denuncia che si sovrappone all’omertà diffusa di un passato dominato dalla cultura para-mafiosa. La Sicilia diventa officina di rivoluzione. Una diagnosi fugace a noi vicina rapporta il “Sistema Montate” e il “Sistema Siracusa”, che alla fine come le rette parallele all’infinito si somigliano, ma solo in teoria si toccano. Entrambi quei sistemi sono illegali e sono in azione da anni, ma si scoprono solamente dopo tanti anni e per le mere condizioni in cui si scontrano equilibri di potere e interessi diffusi a Milano, Roma, Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Palermo e Agrigento che grazie ai collaboratori di giustizia, vengono a galla corruzioni a ventaglio, depistaggi, dossieraggi e associazioni per delinquere, in cui sono coinvolti politici, magistrati, giudici, avvocati, giornalisti, imprenditori, uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, amministratori d’industrie, manager e via discorrendo. Insomma, tutte le categorie che contano nella vita sociale dell’Italia moderna.

Nei processi nelle aule dei tribunali il più delle volte siamo abituati ad ascoltare il pubblico ministero a fare la richiesta di condanna per gli imputati; questa volta l’invocazione del sostituto procuratore generale di Messina, Vincenza Napoli, è stata quella di assolvere Enzo Basso editore e direttore del settimanale “100nove”. La Corte di Appello presieduta da Alfredo Sicuro assolve il giornalista Enzo Basso dalla grave accusa di appropriazione indebita con la motivazione chiara e inequivocabile: “Perché il fatto non sussiste”.

Un veterano e una stella luminosa del giornalismo siciliano. Nato a Ramacca, in provincia di Catania, il 3 maggio 1961, Vincenzo Basso vive a Messina ed è giornalista professionista iscritto all’Ordine di Sicilia dal 1987. Una lunga carriera costruita con la passione nell’anima per il giornalismo d’inchiesta. Ama dire ai suoi allievi: ogni parola deve essere una notizia. Fondatore ed editore del settimanale “100nove” era accusato, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società “Editoriale Centonove Srl”, di essersi appropriato indebitamente di alcune migliaia di euro, ma sia i magistrati sia i giudici non hanno ravvisato nella sua condotta comportamenti fraudolenti.

L’inchiesta portò anche al sequestro preventivo e messo all’asta il settimanale “100nove” nato 30anni fa con tanta storia giornalista, inchieste e cronaca a ventaglio, ma non fu nominato un direttore responsabile quindi, il giornale sospese inevitabilmente le pubblicazioni che coprivano tutta la Sicilia.

Tutto questo fa parte dell’inchiesta principale. La successiva indagine che portò all’arresto del giornalista con l’accusa di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e frode fiscale, partiva da questa prima indagine ed è stata rinviata stranamente al 20 febbraio. In quell’occasione fu sequestrato preventivamente e messo all’asta il settimanale “100nove”.

Nell’aprile scorso il Gup del Tribunale di Messina, Monica Marino, aveva disposto la scarcerazione di Enzo Basso dopo 178 giorni di carcerazione preventiva sui 180 previsti, dopo l’accertamento, da parte del pubblico ministero Antonio Carchietti, della presenza di una firma falsa sull’interrogatorio di garanzia. Circostanza, questa, che lo stesso Pm che immediatamente si è premunito di segnalare alla Procura della Repubblica, assieme alle risultanze della perizia calligrafica. Così, le motivazioni ” il fatto non sussiste” percepiscono lo sciogliersi come neve al sole di tutto il teorema accusatorio. Spariscono i 24 capi imputazione dell’altro processo, che si doveva svolgere il 2 ottobre, tutti basati su quell’indagine oggi bollata come insussistente. Ma il caso vuole che quel processo sia stato rinviato al prossimo 20 febbraio. Aspetteremo.

In primo grado Enzo Basso era stato condannato a 6 mesi e 600 euro di multa per il mancato passaggio dalla editoriale Centonove alla Consultant srl di un pagamento di 12 mila euro, versati dalla Regione Siciliana per la fornitura del servizio di rassegna stampa. E la domanda sorge spontanea: il suo arresto ha decretato, dopo il sequestro preventivo di “100nove”, piaccia oppure no, per 30anni ha confermato lo stile classico e del coraggio della libertà d’informazione in Sicilia.

La redazione di Centonove entra anche nell’interesse del “Sistema Montante”. Spunta nelle carte e nei file sequestrati nella “stanza segreta” trovata a casa di Antonello Montante, dagli investigatori che durante la perquisizione trovarono altri documenti e pen-drive che riguardano il territorio di Messina. Tra i tanti “spiati” per conto di Montante c’era anche il settimanale messinese “100nove”, intercettati Enzo Basso e la direttrice del settimanale dell’epoca, Graziella Lombardo.

Non è la prima volta che gli editori di una testata giornalisti sono coinvolti e fortemente attaccati perché diventati scomodi. In una terra martoriata e in perenne lotta tra essere mafiosi o persone oneste, è la regola. La chiusura del giornale “100nove” ha portato la sospensione forzata delle pubblicazioni. Cosa o chi c’è dietro questo disastro di tante persone e della libertà dell’informazione, tra tanti silenzi e omissioni, come la firma falsa e tutto il resto, è ancora da scoprire, ma potrebbero esserci degli “errori”. La perizia calligrafica del perito di parte avrebbe permesso di accertare che si tratta di una firma falsa, ma insiste il massimo riserbo su tutta la vicenda.

Infatti, dopo sei mesi agli arresti domiciliari, Enzo Basso torna in libertà. Il Gup del Tribunale di Messina accoglie la richiesta di scarcerazione del suo legale, ma viene fuori il giallo della firma falsa apposta sul verbale dell’interrogatorio di garanzia. Basso, sarebbe stato messo sotto torchio per sei ore dagli inquirenti senza la presenza del suo legale. Alla fine dell’interrogatorio in calce al verbale vi sarebbe apposta la firma di Basso, ma sarebbe falsa. Chi ha apposto quella firma falsa? A fare luce sull’accaduto potrebbe essere la Procura di Reggio Calabria. Infatti, negli ambienti giudiziari non si esclude l’apertura di un fascicolo da parte dei pm della Procura di Reggio Calabria, competente per territorio, per fare luce sulla vicenda. E forse servirà davvero un altro processo per sapere la verità.

Concetto Alota

 

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