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Lentini, i carabinieri risolvono l’omicidio Gallo: fu torturato e poi assassinato

Michele D’Avola

Fabrizio Iachininoto

I carabinieri arrestano due persone ritenute responsabili dell’omicidio di Santo Massimo Gallo, avvenuto a Lentini il 23 marzo del 2002. Sono, Michele D’Avola nato a Francofonte di anni 44, già detenuto in regime carcerario del 41 bis; e Fabrizio Iachininoto nato a Lentini di anni 47, che al momento dell’arresto si trovava in stato di libertà. Il cadavere di D’Avola non è stato mai trovato, ma i carabinieri hanno tenuto sempre l’attenzione sugli omicidi insoluti, quando nel 2015, indagando per altri fatti di mafia, alcuni collaboratori di giustizia svelano i particolari del delitto Gallo, raccontando come la vittima fu dapprima torturata e poi assassinati a colpi di pistola e il cadavere fatto sparire dai due arrestati. Stamane, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, il reparto operativo Roni, del Comando Provinciale Carabinieri di Siracusa ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa in data 24.08.2017 dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti dei due ritenute responsabili dell’omicidio di Gallo. 

La vicenda delittuosa, rientra nella famosafaida di Francofonte”; una spietata guerra di mafia avvenuta tra il 2000 e il 2002 in una porzione di territorio a cavallo delle province di Catania e Siracusa, che vedeva contrapposti, all’epoca dei fatti, il clan Nardo di Lentini e il clan Campailla di Scordia.

Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania, hanno consentito di appurare che l’omicidio di Gallo si inserisce in quella vasta strategia di controllo mafioso del territorio esercitata dal clan Nardo che, attraverso un cospicuo numero di aderenti e la perpetrazione di eclatanti azioni delittuose, ha dimostrato nel tempo di essere in grado di intimidire ed eliminare chiunque si fosse opposto alla realizzazione dei suoi propositi criminosi. 

La vicenda ha origine il 23/03/2002, quando Angelo Gallo denunciava, presso la Stazione Carabinieri di Francofonte, la scomparsa del figlio Santo Massimo, fratello di Vincenzo, in quel periodo latitante e ritenuto uno tra gli appartenenti al commando armato che il 10/07/2001 tese un agguato mortale ai danni del francofontese Antonino Mallia, affiliato al clan Nardo di Lentini che si contrapponeva a un gruppo emergente di Scordia capeggiato da Biagio Campailla.

Sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno corroborato nuovi elementi investigativi già emersi nel corso delle indagini svolte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo sul medesimo contesto territoriale, è stato possibile ricostruire la vicenda. Il 22 marzo 2002, intorno alle ore 18:45, Gallo, come sua consuetudine, usciva di casa, recandosi a piedi in luoghi da lui solitamente frequentati, per poi non fare più rientro presso la propria abitazione, dove viveva assieme ai familiari; Gallo, veniva sequestrato, torturato e ucciso dagli esponenti del Clan Nardo, con lo scopo di ottenere dalla vittima informazioni circa i luoghi di latitanza del fratello Vincenzo, in quanto quest’ultimo ritenuto il responsabile di un omicidio di un esponente proprio del predetto clan. Il giorno precedente alla scomparsa del giovane la polizia giudiziaria, nell’ambito di una più complessa attività investigativa, documentava atteggiamenti sospetti e incontri di presunti appartenenti al clan Nardo, dall’analisi dei quali poteva desumersi che la compagine di personaggi facenti riferimento all’affiliato di spicco Alfio Sambasile, stava programmando un incontro finalizzato a pianificare delle attività delittuose, condotta che, sulla base degli elementi acquisiti anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, troverà la sua logica interpretazione proprio nella scomparsa ed uccisione di Gallo. 

L’insieme dei dati acquisiti nel corso delle indagini contemporanee alla scomparsa della vittima, unitamente alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ha consentito così di far luce sull’efferato delitto, sin dall’inizio inquadrato come un tipico caso di “lupara bianca”, ma il mistero rimane: il cadavere di Gallo non è stato mai rinvenuto.

C.A.

 

 

 

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