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Siracusa. Nessuna interferenza tra Bonifiche del SIN Priolo e le ZES, tra connubi e fallimento della politica

Il segretario generale della Cgil della provincia di Siracusa, Roberto Alosi, dalle colonne delle pagine del quotidiano La Sicilia di oggi, “reclama con forza la responsabilità della politica, delle amministrazioni locali, regionali e nazionali perché, a suo dire, ma si conferma da più parti, questa comunità ha diritto a un riscatto rispetto a quanto è stato fatto in70anni d’industrializzazione, affermando che il territorio è sottoposto a un inquinamento significativo e che la percezione dei cittadini è di estremo allarme ” (a cui bisogna aggiungere, inquinamento selvaggio). In sintesi, come dire: bando alle chiacchiere e alle polemiche e diamoci da fare. Nel suo breve ma conciso intervento, il segretario generale della Cgil siracusana, lascia intendere che le bonifiche sono state dal lontano 2008 a oggi lo specchietto delle allodole. Specie quando le industrie attraverso, i propri rappresentanti diretti (non da Assindustria), fanno politica spicciola, affermando di non essere è vero che le bonifiche non si fanno per volontà locali, quindi anche non per colpa loro. Ma basta solo ricordare la clamorosa sentenza del Tar a seguito di un maxi ricorso collettivo presentato dalle industrie alla magistratura amministrativa che non volevano partecipare alla spesa per le bonifiche nella rada di Augusta, in concomitanza dell’impegno del ministro dell’Ambiente all’epoca dei fatti, Stefania Prestigiacomo, che aveva trovato la quadra attraverso l’intervento del Ministero dell’Ambiente, quindi del Governo, per finanziare la parte di spesa che scaturita a carico delle industrie che non esistevano più. Questo bastò per far naufragare il progetto, rimanendo, a distanza di ben nove anni, un’incompiuta contro la salute della popolazione residente. E la domanda rimane: Allora chi deve provvedere alle bonifiche nel Sin Priolo? Non basta più la demagogia o a nascondere le responsabilità, offendendo la dignità e l’intelligenza del popolo. Ci vuole l’intervento forte e deciso della politica, come auspicata da Alosi. Manca forse la convenienza.

Facilità la comparazione la vicenda della nascita delle ZES in Sicilia, con il rischio specie per quella denominata Augusta e i dintorni. La premessa vuole che non sia scritto in nessun articolo della normativa nazionale che istituisce e disciplina le ZES che esse non possano ricomprendere aree sottoposte a vincoli e in particolare aree che ricadono dentro i SIN, Siti di Interesse Nazionale molto inquinati. Si tratta di una scelta che si appresterebbe a fare la Regione Siciliana, priva di qualsiasi logica economica e che avrebbe come risultato quello di escludere dalle ZES che vanno fatte preferibilmente nelle aree portuali CORE, e guarda caso uno dei due scali CORE della Sicilia, è quello di Augusta.

Secondo la Prestigiacomo, dunque, gli ostacoli, di cui si è parlato nei giorni scorsi, non deriverebbero dalla riperimetrazione del SIN l’inserimento o meno di Augusta e nelle aree del Siracusano nella ZES, ma solo dalla volontà politicamente scorretta della Regione. Ciò detto, è opportuno avviare un percorso per la riperimetrazione del SIN, che dovrebbe ricomprendere solo aree inquinate mentre nel nostro caso (come altrove peraltro) è stato esteso in maniera arbitraria pensando che più grande fosse il SIN maggiore sarebbero stati i finanziamenti. Ma questo percorso, è impossibile, oltre che lungo e laborioso, ma soprattutto non è ostativo alla creazione della “naturale” ZES attorno al Sin, almeno senza il tentativo di scippo del Governo Musumeci & Company, contro il territorio siracusano. Ecco perché la politica siracusana deve fare quadrato attorno a questo ennesimo tentativo di rapina contro i siracusani.

Sul fronte inquinamento, al contrario di altri territori industriali, come l’esempio di Milazzo, Siracusa non trova soluzioni attraverso l’applicazione delle leggi dello Stato per fermare l’inquinamento selvaggio. Il fenomeno, a ben vedere e ben sentire, non ha trovato una risoluzione nemmeno di fronte all’azione giudiziaria forte e decisa intrapresa dalla Procura di Siracusa. Le industrie sono apparse da sempre più forti dello Stato. C’è da dire, per la cronaca, che il ritardo nell’azione, che doveva ripristinare lo stato di legalità nell’emissione olfattive non rispettate, fuori controllo, sarebbe stato provocato dal trasferimento del procuratore capo Francesco Poalo Giordano. Ma secondo gli ambienti giudiziari siracusani la riprese delle indagini sarebbe già iniziata e causata dalla pausa feriale.

La direttiva del governo nazionale nella destinazione della ZES non esclude le aree sottoposte a vincoli o che insistono all’interno dei SIN, Siti di Interesse Nazionale. Per Stefania Prestigiacomo si tratterebbe di una scelta a senso unico che si appresterebbe a fare la Regione, senza ragione valida dal punto di vista della mera condizione, ma una volontà di voler (forse) escludere dalle ZES nelle aree portuali Core, come Augusta e i dintorni.

Nessun obbligo, quindi, alla riperimetrazione del SIN Priolo compreso, con l’inserimento o meno di Augusta e le aree del Siracusano nella ZES. Problema dettato solamente dalla volontà politica del governo Musumeci nel voler escludere Augusta e Siracusa in favore, forse, di qualche altro territorio con più convenienza elettorale o politica. O come dire, mentre che ci siamo, l’occasione è buona per riportare l’attenzione della politica e della pubblica opinione sul grave e annoso problema delle mancate bonifiche e dell’inquinamento del territorio industriale siracusano. Ma la stessa politica che si preoccupa a parole di perdere i finanziamenti provenienti dalle ZES, lavora in silenzio per autorizzare nuove discariche e l’ampliamento di quelle vecchie. Un far finta di essere sordi e ciechi sull’inquinamento selvaggio da parte delle industrie mentre la cronaca sussurra “l’amoreggiamento” negli ultimi tempi con gli industriali.

Per gli incentivi al Sud c’è un programma che prevede agevolazioni per chi realizza attività nelle Zes, Zone Economiche Speciali. La mappa individua aree portuali strategiche per il commercio con l’estero. Caratteristica comune di tutte le ZES è l’interregionalità. Si partì con due Zes: Napoli-Salerno e Gioia Tauro. Poi seguiranno a breve anche Bari-Brindisi, Augusta in Sicilia, tra Catania e Siracusa, Palermo, Cagliari e Taranto. Da ultimo è stato aggiunto un porto che inglobi l’Abruzzo e il Molise. In altre parole, come si può dedurre, si tratta di un’evoluzione delle zone franche in ambito doganale.
Previsti per chi investe in queste zone del Mezzogiorno bonus che può arrivare fino a 50 milioni di euro, crediti di imposta e tempi dimezzati per le pratiche burocratiche e le autorizzazioni. Unico requisito per gli imprenditori: restare operativi per almeno sette anni.

I vantaggi per chi investe in queste aree non sono indifferenti. Allora perché se ne parla poco? Volendo pensare male potremmo dire che le Zes sono solo una carta da sventolare per attrarre voti. I criteri selettivi sono senza dubbio più rigidi rispetto agli incentivi occupazionali ma si tratta in ogni caso di una possibilità molto importante, sia per gli imprenditori (locali ma anche stranieri) che vogliono investire che per i Comuni che ne trarrebbero vantaggi indirettamente. si è concretizzata in un’opportuna riorganizzazione delle risorse disponibili per il varo dei Patti per il Sud siglati tra Governo e Amministrazioni regionali, e nell’accentuazione dello sforzo di coordinamento delle decisioni tra livello centrale e locale. Infine, più di recente, gli interventi a favore del Sud hanno preso forma nell’implementazione di un importante strumento, le Zone Economiche Speciali (ZES), e nella definizione della clausola del 34% che, secondo il disposto della legge 18 del 2017, impone che una quota non inferiore al 34% delle risorse ordinarie delle spese in conto capitale effettuate dalle amministrazioni centrali dello stato sia destinata alle regioni meridionali.

I requisiti per le imprese beneficiarie prevedono: mantenere l’attività nella ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell’investimento, pena la revoca dei benefici concessi e goduti; non essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

Di norma gli investimenti di questo tipo per le grandi aziende arrivano a 15 milioni. Questi investimenti potenziati hanno una soglia innalzata a 50 milioni. Il credito d’imposta sarà comunque commisurato alla spesa totale per gli investimenti, effettuati entro il 31 dicembre 2020 entro il limite massimo, per ogni progetto, di 50 milioni di euro.

Concetto Alota

 

 

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