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Ammutinamento Fatima II, testimonianza fra tanti “Non ricordo”

E’ infarcita di molti “Non ricordo”, la testimonianza di Luigi Romano, uno dei tre pescatori siracusani coinvolti nell’ammutinamento della motobarca “Fatima II” culminata con la scomparsa del comandante Gianluca Bianca. Romano più di una volta era stato citato ma non è mai riuscito a essere presente nell’aula della Corte d’assise dove si sta celebrando il processo a carico dei due egiziani e del tunisino che avrebbero ucciso Bianca. Collegato in video conferenza dal tribunale distrettuale di Magonza in Germania, dove risiede da alcuni anni per lavoro, il teste ha risposto alle domande del pm Tommaso Pagano ripercorrendo quanto accaduto in quei giorni di metà luglio quando i tre stranieri li avrebbero costretti a rimanere chiusi per due giorni nel locale cucina della motobarca, minacciandoli di morte.

Romano ha riferito di non avere visto nulla rispetto all’azione dei tre stranieri nei confronti del comandante della motobarca, credendo inizialmente si trattasse di u no scherzo, che era solito fare Bianca. A distanza di quasi 7 anni dai fatti, Romano ha detto di non ricordare molti dei particolari che gli sono stati sollecitati mentre sostenendo soltanto di avere udito uno sparo mentre si trovavano rinchiusi nel vano cucina ma di non sapere dire se fosse consequenziale a un litigio avvenuto fra i tre imputati e Bianca. “Questa testimonianza non ci ha convinti – ha commentato la madre del comandante Bianca, che ha assistito a tutte le fasi dell’udienza – siamo convinti che avesse potuto dire molto di più sul destino riservato a mio figlio”

All’udienza di ieri è stato esaminato anche l’ex dirigente della squadra mobile di Siracusa, Salvatore Cicero, oggi dirigente del commissariato di Librino a Catania, che ha parlato delle indagini da lui svolte a partire dal 19 luglio 2012 quando si apprese dell’ammutinamento della motobarca. Cicero ha riferito di essersi recato dal 7 al 10 ottobre in Egitto con il pm Claudia D’Alitto, i poliziotti della squadra sopralluoghi della scientifica, quelli dell’Interpol e un ingegnere elettronico. Ha sottolineato di avere riscontrato poca collaborazione nelle autorità giudiziarie egiziane e di essersi recati a bordo della motobarca, che si trovava ormeggiata alla banchina 2 del porto di Rachid per avere un riscontro alle dichiarazioni rese dai tre naufraghi siracusani. Ha detto di avere ispezionato il barcone al quale era stato nascosto con la pittura il nome Fatima II, inciso a poppa.

 

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