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Ecomafie, Augusta: la mancata realizzazione del depuratore e il fallimento della politica

In poco più di due anni, la Com­mis­sio­ne Par­la­men­ta­re Eco­ma­fie è stata in Sicilia ben 3 volte, ma non ha trovato alcuna cambiamento rispetto alla cattiva depurazione delle acque reflue.

Sui 438 im­pian­ti di trat­ta­men­to del­le ac­que re­flue ur­ba­ne in Sicilia, sol­o il 17,5% è fun­zio­nan­te; tutti gli al­tri sono pri­vi di au­to­riz­za­zio­ne, op­pu­re con au­to­riz­za­zio­ne sca­du­ta, mentre il 18% de­i depuratori, non sono mai sta­ti co­strui­to o mai at­ti­va­ti e con­nes­so alla rete fo­gna­ria, scaricando in mare.

La conferma che nella Sicilia dei misteri gli affari e la corruzione vanno di pari passo. Ci sono nell’Isola registrati complessivamente 463 impianti di trattamento delle acque reflue urbane, di cui il 17% circa risulta non attivo mentre dei 388 impianti attivi complessivamente presenti sul territorio della Regione solo il 17,5% circa opera attualmente con autorizzazione allo scarico in corso di validità. Tanti altri operano da anni in assenza di autorizzazione o con autorizzazione scaduta o sono stati destinatari di decreti di diniego allo scarico, ma tanti anche i comuni che non hanno un depuratore, ma la città che ha destato più scalpore, è Augusta.

La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, pre­ve­de una se­rie di so­pral­luo­ghi nella parte occidentale dell’Isola, dal 22 al 24 set­tem­bre.

Gli accertamenti e le denunce non bastano più; si registra una continua scorretta gestione delle acque reflue, e questo avviene in tutta la Sicilia; nella provincia di Siracusa, per rimante a casa nostra, diversi fascicoli d’indagini hanno portato a misure cautelari, interdettivi e al sequestro in un caso di 56 milioni di euro e un numero ancora indefinito di indagati.

Nonostante la Sicilia sia circondata dal mare e basi su di esso una fetta importante della propria economia, continua a essere gravemente inadempiente sul fronte della depurazione. Gli impianti che dovrebbero ripulire le acque, in molti casi sono macchine per inquinare, e non mancano situazioni in cui i finanziamenti pubblici erogati per risolvere il problema non sono stati usati per questo scopo e sono anzi finiti illecitamente nelle tasche dei corrotti. Una situazione inaccettabile su cui la Commissione sta indagando in profondità e con estrema attenzione.

Ma è la città di Augusta, con circa trenta punti di scarico di fogna a mare, che rimane l’emblema del fallimento politico sulla depurazione delle acque reflue, per non essere riuscita a realizzare il proprio depuratore, scaricando in mare la fogna viva, compreso Brucoli. La legge n. 68/2015 sugli eco-reati ha facilitato gli interventi di contrasto in casi di malfunzionamenti di depuratori, attraverso la contestazione del reato di inquinamento ambientale. Ma non è bastato. L’obiettivo dell’inquinamento zero appare impossibile da raggiungere, mentre gli interessi che ruotano sul comparto dei rifiuti e della depurazione e dello smaltimento dei fanghi, appare sempre più lontano. I sindaci di Augusta, che si sono succeduti nel tempo, hanno sempre fallito miseramente su questo fronte. Non sono mancate le proteste e le denunce da parte della associazioni ambientaliste, in primis Legambiente, esperti ecologisti, gruppi e comitati di base, sindacalisti, ma è stata una musica suonata ai sordi.

Non si può accettare che la politica della cittadina megarese che nel 1949, per la prima volta nel Petrolchimico che diventa il più grande d’Europa, s’insedia la raffineria di Angelo Moratti, la  Rasiom, non sia riuscita a realizzare un semplice depuratore delle acque reflue.

Augusta, il primo comune della Provincia di Siracusa, che è stata tra i più ricchi comuni del Meridione d’Italia, sede importante della Marina Militare italiana, cantieri navali e per la realizzazione delle piattaforme petrolifere, in una zona strategica del Mediterraneo con il secondo porto petrolifero d’Italia, non è riuscita ad avere un semplice impianto di depurazione.

Eppure non sono mancati occasioni per il finanziamento da parte della vecchia Cassa per il Mezzogiorno, che stanziò circa mille miliardi tra dighe, dragaggi, darsene e banchine nel porto megarese, strade e interventi a cascata, specie nella zona industriale, diventata tra le più inquinate d’Europa, con connubi e corruzione sotterranea a tutti i livelli. Una classe politica che non ha saputo fruttare le risorse pubbliche, compreso quelli che ci sono in atto dall’Europa. Abbiano avuto ministri e sottosegretari, deputati e senatori che hanno pensato solo al proprio “chiostro” politico e nulla di più.

I siciliani pagano i forti ritardi nel settore della depurazione a causa di tanti impianti rimasti incompiuti, mai attivati o divenuti nel tempo sottodimensionati o tecnologicamente vetusti. Le necessarie opere di manutenzione straordinaria e di completamento necessita di un intervento di tipo strutturale. Al momento, la Regione Siciliana continua a non rispettare le Direttive europee di settore ed è, quindi, coinvolta in diverse procedure di infrazione che pagano tutti i siciliani.  

Tra le operazioni che le forze di polizia hanno portato a termine, il sequestro preventivo, da parte del nucleo di Siracusa, dell’impianto di depurazione di Priolo Gargallo gestito dall’Ias, e non solo, con la prescrizione che agli impianti devono essere portati interventi strutturali di adeguamento alla normativa. Inchiesta della Procura di Siracusa ormai agli sgoccioli, che si lega alle indagini dell’inchiesta scaturita dall’operazione, ”No Fly”, iniziata con 19 indagati ma potrebbero essere nel frattempo aumentati vertiginosamente e altri scagionati dai reati inizialmente ipotizzati. L’accusa iniziale era d’inquinamento ambientale in concorso, ma nel viaggio giudiziario si sono aggiunti altri illeciti.

Il troncone riguarda le tematiche ambientali e le attività dei depuratori legata alla maxi inchiesta sull’inquinamento in generale nel polo petrolchimico siracusano già in istruttoria. Le indagini coordinate dal Procuratore Fabio Scavone, e dirette dai sostituti procuratori Tommaso Pagano, Salvatore Grillo e Davide Lucignani. Le operazioni sono state condotte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Siracusa e i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Siracusa, unitamente a personale del Noe di Catania e del Nictas dell’Asp di Siracusa, che hanno portato a termine l’esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso il Tribunale di Siracusa; quattro gli stabilimenti industriali situati nel Polo Petrolchimico siracusano fra i comuni di Siracusa, Augusta, Melilli e Priolo Gargallo, ma la questione ambientale riguarda tutto il territorio del Petrolchimico, così come altri comuni, in una sorta di terra di nessuno, dove non si vede, non si sente e non si denuncia.  

Le attività investigative coordinate dalla Procura di Siracusa, scaturiscono da una serie di esposti e denunce pervenuti, nel tempo, all’ufficio di Procura, alle Forze di Polizia e ad altri organi a seguito dei quali un collegio di consulenti tecnici nominati dalla Procura accertava la natura inquinante e molesta, sotto il profilo odorigeno, delle immissioni aeree degli stabilimenti di Versali s.p.a. di Priolo e Sasol s.p.a. di Augusta, e dei depuratori Tas di Priolo Servizi s.c.p.a. di Melilli e IAS s.p.a. di Priolo Gargallo che furono sottoposti al sequestro. Indagini che per l’Ias si sono allargate anche alle tematiche dei lavori in appalto condotte dalla Guardia di Finanza di Siracusa con altro troncone. Tutte inchieste che, per fortuna, sono ormai in dirittura d’arrivo.

Concetto Alota

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