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Centri raccolta immigrati: vecchi personaggi e nuovi prestanome si stanno riorganizzando

Non si placano le polemiche scoppiate subito dopo le dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sulle Ong e il traffico dei migranti. Nelle intercettazioni telefoniche nelle varie inchieste delle procure siciliane sui centri d’accoglienza degli immigrati in Sicilia e le tematiche degli sbarchi organizzati da scafisti e dei clan dell’immigrazioni, così come in provincia di Siracusa, saltano fuori i nomi degli stessi protagonisti che nel 2014, insieme a dei prestanome (ora nuovi di zecca), avevano partecipato all’organizzazione capillare per lo sfruttamento a scopo di lucro dei migranti.

I vecchi “gruppi di scopo” si stanno riorganizzando anche nei territori dei comune di Siracusa, Pachino, Cassibile, Noto, Rosolini, Melilli, Priolo Gargallo, Augusta, Pozzallo e tanti altri, e sarebbero già nell’elenco degli investigatori e degli inquirenti. Fece cronaca già nel passato e messo sotto accusa il centro Umberto I di Siracusa, uno stabile alla periferia nord della città su un colle che domina il golfo di Augusta; quando scoppiò l’emergenza Nordafrica era il punto di raccolta temporanea per i migranti clandestini sbarcati sulle coste sudorientali della Sicilia; così come un centro di seconda accoglienza a Melilli, gestito da delle coop satellite di riferimento a Salvatore Buzzi, mentre l’Umberto I non c’entrava nulla con Mafia capitale, ma era espressione della politica, così come tanti altri sparsi a macchia di leopardo.

La domanda delle procure si sarebbe focalizzata sul turnover dei centri chiusi e ora in tanti riaperti, e di cooperative che si riciclano in altre località. Nel 2014 venne fuori che in totale dalla prefettura di Siracusa, per rimane a casa nostra, furono dati incarichi fiduciari ad una sola società per 1,65 milioni. Inoltre, tante somme aggiuntive anche per servizi di assistenza e accoglienza che sono andate ad altre associazioni. Il tutto avveniva con l’affidamento diretto o il cottimo fiduciario in nome dell’emergenza, parola chiave che consente di superare le procedure ordinarie e spesso anche i controlli, così come allora, secondo gli inquirenti, ancora oggi e forse peggio di prima.

Concetto Alota

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