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I cittadini abbandonati dallo Stato: il diritto al lavoro negato, lo sfruttamento e il doppio ricatto

A Siracusa, così come in tutta la Sicilia, il diritto al lavoro è violato. Impegnarsi per dieci ore e ricevere la paga per appena quattro. Commesse, garzoni, tecnici, operai, giornalisti, attori, pittori e lavoranti in genere, tutti sfruttati per la sopravvivenza; la crisi condiziona le istituzioni dello Stato democratico. Nessuna certezza del diritto per chi lavora, men che meno per i disoccupati abbandonati al destino dei vinti ad arrangiarsi: spaccio di droga, lavori precari o stagionali, vendita abusiva di frutta e verdura, prostituzione, accattonaggio, emigrare all’avventura. In Sicilia poi, se non ha la raccomandazione, non puoi trovare lavoro nemmeno in una gelateria, o in un negozio come garzone, in un ristorante come lavapiatti o cameriere. Il lavoro è lasciato al libero arbitrio di commercianti, artigiani e imprenditori in genere, scavalcando le forze di polizia, l’ispettorato del lavoro, la magistratura, quando invece deve costituire oggetto di politiche pubbliche, nell’ambito di una più ampia programmazione di stato sociale, dove il controllo deve essere efficace e i parametri conformi alla dignità umana. Manager pubblici con 40mila euro al mese; deputati e senatori che guadagnano dagli 11mila alle 25mila euro al mese, e chi, invece, non può comprare il latte per sfamare i propri figli.

I sindacati dei lavoratori tentano in tutti i modi di contrastare il grave fenomeno sociale, ma mancano le prove, e soprattutto la ferma volontà di chi deve denunciare per paura di perdere quel pizzico di lavoro trovato dopo anni di ricerca e umiliazione, per il passa parola tra imprenditori che sfilano una lista nera di chi cerca i propri diritti. In questa logica non scappa nessuna categoria. O abbozzi o non lavori. La paga è ridotta ad un terzo del dovuto, quando non c’è anche il ricatto sessuale. Una busta paga, in teoria e sulla carta completa, ma il denaro ricevuto dal dipendente è dimezzato, e a volte anche meno. 

 L’articolo 23della Costituzione recita che ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione; senza discriminazione, ha diritto a eguale retribuzione per eguale lavoro. Chi lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana e integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Chi lavora ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi, ma anche l’iscrizione ad un sindacato è un punto sfavorevole per avere diritto al lavoro.

In sostanza, il lavoratore deve sempre tenere a mente che restare senza un’occupazione si può verificare in ogni momento, dall’oggi al domani; tra l’altro le norme e in vigore non costituiscono un deterrente valido per il datore di lavoro, che può mandare a casa le persone senza doversi fare troppi scrupoli e assumere secondo la sua discrezionalità, in un mercato, dove i disoccupati sono migliaia.

La disoccupazione e la mancanza di lavoro sicuro spingono i lavoratori a trovare occupazione nel settore informale, “amichevole”, dell’economia sommersa. Ci sono poi i lavori sfruttati, forzati, dove i governi degli stati democratici, come da noi sulla carta, sono obbligati ad abolire, vietare e contrastare, intervenire, per ridurre quanto più possibile il numero di lavoratori che operano al di fuori dell’economia sommersa, obbligando i datori di lavoro a rispettare la legge e dichiarare i nomi dei loro lavoratori. Insomma, rendere possibile la garanzia dei loro diritti. È poi proibito il lavoro dei minori di sedici anni, ma è solo una norma scritta e basta. Il diritto al lavoro, non ha nulla a che vedere con l’ideologia neoliberista e relative attaccaticce varianti. La regola teorica del vecchio Marx vuole che il salario si abbassi quando il numero dei disoccupati si alza; regole e leggi che nessuno rispetta, aggirando invece le mille norme in materia vigenti in Italia. Il diritto al lavoro, di fatto, è negato.

Concetto Alota 

 

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