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Commisione d’inchiesta rifiuti a Siracusa: focus inquinamento

Si è conclusa la terza missione in Sicilia della commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. La delegazione, guidata dal vice presidente onorevole Stefano Vignaroli, era composta dai senatori Paolo Arrigoni, Giuseppe Compagnone e Bartolomeo Pepe e dai deputati Stella Bianchi, Renata Polverini, Michela Rostan e Alberto Zolezzi.
I parlamentari hanno approfondito la situazione della gestione dei rifiuti urbani delle province di Messina, Siracusa e Ragusa e dei siti d’interesse nazionale interessati dalle attività di bonifica. Sono state visitate le discariche di Mazzarà Sant’Andrea e di Siculiana, i SIN di Milazzo, di Gela e di Priolo. Il tema delle contaminazioni – e delle relative bonifiche – delle aree delle industrie petrolchimiche e del cemento, che occupano diversi chilometri di costa, è stato affrontato nel corso delle audizioni svolte a Siracusa. Le pesanti conseguenze di decenni di intensa attività industriale ad alto impatto sull’ambiente e sulla salute umana caratterizzano questa parte del territorio siciliano, come ha sottolineato nel suo intervento il prefetto di Siracusa. Come accade anche in altri siti d’interesse nazionale, le diverse fasi della bonifica hanno sofferto tempi d’intervento inadeguati, con comportamenti non sempre trasparenti. Ne sono derivate diverse inchieste della magistratura, che hanno puntato a definire le responsabilità non solo personali, ma anche dei gruppi industriali coinvolti. Spesso, però, le armi si sono dimostrate spuntate. La Procura di Siracusa, ad esempio, ha sottolineato la debolezza dell’attuale legislazione, che contempla il reato di omessa bonifica come mera contravvenzione, dando pochi poteri d’indagine alla magistratura.
La procura di Gela ha illustrato nella sua relazione lo stato dei tanti procedimenti penali aperti sul polo dedicato alla raffinazione degli idrocarburi, che ha cessato le attività lo scorso anno. Il quadro emerso nel corso dell’audizione ha tinte drammatiche. Gli impianti – secondo il procuratore Lucia Lotti – hanno sofferto un graduale e sostanziale abbandono, con un impatto grave sul territorio, tanto da far ipotizzare il disastro ambientale. Accanto ad esperienze di reale recupero – ad esempio il parco dei fosfogessi – la Procura di Gela ha rilevato, tra l’altro, uno stato di forte compromissione delle falde acquifere e il mancato funzionamento di impianti di recupero costati diversi milioni di euro.
La Procura di Siracusa ha illustrato le inchieste recentemente concluse che hanno riguardato in modo particolare il tema delle mancate bonifiche. In generale i magistrati hanno evidenziato come la frammentazione delle competenze in materia di intervento nei siti contaminati sia un problema centrale, accanto alla già evidenziata difficoltà nell’intervento giudiziario. Particolarmente significativa è un’indagine – recentemente conclusa – su alcuni aspetti fiscali derivanti da un accordo di programma su un intervento di bonifica, dove la società interessata avrebbe – secondo l’accusa – indebitamente detratto il costo dell’intervento, derivato da una transazione con il ministero dell’ambiente.
L’Asp di Siracusa – che da anni conduce studi epidemiologici sulla popolazione residente nelle zone contaminate – ha confermato, nel corso dell’audizione, la relazione diretta tra l’inquinamento dell’aria e delle acque con l’aumento dell’incidenza di tumori e malformazioni, fornendo alla commissione i dati raccolti ed elaborati secondo criteri scientifici. Rilievo, questo, che rafforza la necessità di ridurre i tempi per gli interventi di bonifica, a tutela della salute della popolazione attuale e futura.
Anche nel corso di questa missione è stata rilevata l’assenza di siti idonei di stoccaggio e smaltimento dell’amianto, che nei rari casi in cui è smaltito a norma viene inviato fuori regione, con aggravio di spesa e sottrazione di risorse. L’Arpa Sicilia ha poi segnalato progetti di impianti di combustione dell’amianto privi di validazione nazionale, sia in merito alla procedura che ai reflui riutilizzati come cemento-amianto, con il rischio di far risalire la curva della mortalità dovuta allo spandimento delle fibre. In Sicilia, in ogni caso, la presenza diffusa di amianto continua a rimanere un’emergenza e, potenzialmente, un problema non risolto. Ad esempio a Gela solo l’intervento della magistratura ha permesso il ritrovamento e la rimozione di un’importante quantità di amianto all’interno del Sin. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti solidi urbani, si conferma il panorama di frammentazione dei servizi già evidenziato nel corso delle precedenti missioni a Catania, Trapani e Palermo. Situazione, questa, determinata da limiti della  programmazione regionale che sembrano produrre la frammentazione della gestione del ciclo integrato dei rifiuti, con un ricorso eccessivo allo strumento dell’ordinanza sindacale da parte della amministrazioni comunali.
La raccolta differenziata anche nella zona di Siracusa non ha ancora raggiunto livelli minimamente accettabili, con una media del 7% a livello provinciale. Mancano o sono inutilizzati, poi, gli impianti necessari per avviare una gestione virtuosa dei rifiuti, come – ad esempio – i siti di compostaggio.

La commissione ha approfondito, inoltre, il tema della depurazione delle acque, settore critico del sistema idrico regionale della Sicilia, già al centro di due sentenze della Corte di giustizia europea e di un recente parere motivato della Commissione e oggetto di diversi esposti. In questo senso è importante che si risolva il nodo legislativo regionale di riordino del Sistema idrico integrato.

Per quanto riguarda la provincia di Ragusa nel corso dell’audizione del prefetto è emerso il preoccupante fenomeno dello smaltimento illecito del polietilene utilizzato nelle serre. Molto spesso questo materiale plastico – presente nella copertura delle serre della zona, con forte vocazione agricola – viene bruciato abusivamente con un pesante impatto ambientale.

Altra criticità, infine, sulla quale la commissione proseguirà la sua attività d’inchiesta riguarda la insufficienza del sistema di controllo e vigilanza sulla tutela delle matrici ambientali.

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