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Confcommercio, I numeri non giustificano la zona arancione

Non comprendiamo perché la Sicilia sia definita zona arancione. Abbiamo studiato tutti i dati presenti sul sito dell’agenzia governativa AGENAS (Agenzia Nazionale per servizi Sanitari), li abbiamo confrontati, comparati e non comprendiamo quali dati tecnico-scientifici dimostrano che la regione Sicilia sia peggio delle altre regioni, anzi risulta essere fra le più virtuose.

Sapete cosa vuol dire chiudere un’azienda? Significa che la stessa azienda potrebbe non riaprire più e lasciare a casa famiglie che non potranno mantenere i propri figli. Siamo increduli ed impotenti davanti a così tante aziende che ci chiamano disperate, ci scrivono e ci chiedono di aiutarli.

Allora abbiamo cercato di spiegare loro le motivazioni di questo grande sacrificio, ma alla fine, ad oggi, non le comprendiamo neanche noi. Spiegateci perché abbiamo dovuto chiudere tante attività che potevano ancora, magari per altri giorni, tentare di raggranellare qualche euro, poiché non c’è alcun dato tecnico conosciuto e reso pubblico dal governo nazionale che ci relega nella zona arancione.

Analizzando i dati ufficiali del “Rapporto Covid-19” dello scorso 5 novembre, pubblicati sul sito dell’AGENAS (disponibile sul link https://www.agenas.gov.it/covid19/web/index.php) la Regione Siciliana occupa il 17% dei posti in terapia intensiva per malati Covid-19, quindi notevolmente sotto la soglia di pericolo del 30% individuata dal decreto del Ministro della Salute del 30/4/2020.

Volendo analizzare tutti i dati disponibili, anche in rapporto a quello delle altre regioni, sempre del 5 novembre, ovvero il giorno seguente la decisione d’inserire la Sicilia in zona arancione, la situazione nell’isola era:

  • 322 nuovi positivi, la Campania aveva 3.888 positivi, il Lazio 2.735, il Veneto 3.264 ecc.;
  • 402 casi totali, pari a 373 positivi ogni 100.000 abitanti, tale dato la poneva al 3 posto fra le regioni con meno conteggi. Per fare alcuni esempi fra le regioni poste in zona gialla: la Campania aveva 58.048 casi totali, pari a 1.003 positivi ogni 100.000 abitanti; il Lazio 44.290 casi totali, pari a 755 positivi ogni 100.000 abitanti, il Veneto 40.719 casi totali, pari a 830 ogni 100.000 abitanti; in Italia complessivamente è di 784 positivi ogni 100.000 abitanti.
  • 147 ricoverati in area non critica su 3.917 posti disponibili per pazienti Covid. La percentuale dei posti occupati su quelli totali è del 29%. Per fare alcuni esempi fra le regioni poste in zona gialla: la Campania ha il 36% dei posti occupati; il Lazio il 44%; la Liguria il 66%; in Italia complessivamente è del 45%.
  • 157 ricoverati in terapia intensiva su 912 posti disponibili. La percentuale dei posti occupati in terapia intensiva su quelli totali è del 17%. Per fare alcuni esempi fra le regioni poste in zona gialla: la Campania ha il 27% dei posti occupati in terapia intensiva; il Lazio il 25%; la Liguria il 42%; in Italia complessivamente è del 30%.
  • 1,42 indice RT. La Sicilia era quindi la 5 regione come indice RT più basso. Per fare alcuni esempi fra le regioni poste in zona gialla: la Campania ha un indice RT di 1,49; il Lazio di 1,51; la Liguria 1,54; l’Emilia-Romagna di 1,63. L’indice RT in Italia era 1,7 (dati dell’ultimo monitoraggio settimanale dell’ISS, 30 ottobre 2020).

Da tali dati si evince abbastanza chiaramente che la Sicilia è in situazioni migliori rispetto molte delle altre regioni “Gialle”. Anche il rapporto tra i tamponi eseguiti e i relativi positivi la nostra regione è al di sotto della media nazionale: 14,9% contro 16,14%.

Oggi il governo nazionale e successivamente le amministrazioni territoriali stanno chiedendo un enorme sacrificio a tutti i cittadini siciliani che probabilmente rimarranno segnati da questa guerra silente del XXI secolo, ma per questo occorre fugare ogni dubbio che vi siano in campo scelte discrezionali, per poter motivare il piccolo imprenditore che piange nei nostri uffici perché non sa quale futuro può dare ai suoi figli.

Qui non si tratta di un piccolo torto subito, ma di non garantire il futuro a gruppi importanti della società che troppo spesso, nel recente passato, hanno pagato i prezzi più alti, alimentando, così, un senso profondo di ingiustizia. Ricordiamo, a titolo esemplificativo, che soltanto il comparto dei pubblici esercizi, maggiormente colpito da questa ulteriore chiusura, rappresenta in Sicilia, circa 35.000 aziende con una occupazione di circa 150.000 unità e con un fatturato di oltre 20 miliardi di euro.

Chiediamo di riconsiderare il posizionamento della nostra regione, anche con un differenziamento tra i vari comuni, e portare il giusto equilibrio nelle nostre comunità che hanno sempre dimostrato di sapere svolgere il proprio ruolo con alto senso civico. In alternativa, ove la scelta presa sia realmente motivata dalla grave situazione epidemiologica, chiediamo che tutti i dati utilizzati dal governo per l’attuale zonizzazione delle regioni siano immediatamente resi pubblici, così da poter fugare ogni dubbio e dare ragioni valide ai cittadini e alle migliaia di imprenditori che rischiano di vedere vanificati per sempre i sacrifici di una vita.

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