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Gettonopoli: il silenzio dei colpevoli

Una saggia regola per vivere nell’equilibrio della società in cui si vive e si lavora e a me spiegata dai Concezionisti in seminario quando ero ancora un ragazzo, vuole applicare la regola della “P”, che recita: “Parla poco, pensa prima,perché parola poco pensata porta pena”; ma a ben vedere e a ben sentire questo consiglio è stato disatteso da una buona parte dei consiglieri comunali che “lavorano” al Vermexio. Gli eventi della “Gettonopoli” hanno portato l’attenzione della pubblica opinione sulla città di Archimede. E questo non per le bellezze architettoniche, o per gli spettacoli classici al Teatro Greco, ma per tentare di capire quello che è successo nella gestione della cosa pubblica siracusana; ma la faccenda si è presentata subito grave nel voler accumunare il comportamento degli eletti all’Assise con i consiglieri comunali di Agrigento, i quali furono cacciati dal “Tempio” dal popolo in malo modo e senza la possibilità di potersi difendere. I nostri consiglieri comunali hanno avuto l’occasione della pubblica difesa, ma è stato, di fatto, un doppio boomerang: da un lato si è aggravata la situazione di fronte alla pubblica opinione la quale non ha capito di primo acchito la materia del contendere, dall’altro di contro, ora,le bocche di chi sciorinava a valanga parole senza laconsecutio temporum si sono cucite a doppio filo e danno l’impressione del pentimento e di aver fatto troppo rumore per nulla, quando invece forse bisognava spiegare in maniera istituzionale e da un solo rappresentante i fatti e le circostanze in maniera chiara e analitica. Un’occasione perduta.

Ora arriveràl’ispettore, il castigatore; colui che è stato incaricato di spulciare ogni documento, deliberazione, il rispettivo periodico del tempo pagato a peso d’oro, oltre alle discrepanze tra le regole dettate, equindi scritte, e quelle invece interpretate e utilizzate. Il funzionario-ispettore nominato dall’assessorato agli Enti Locali della Regione Sicilia, Francesco Riela, dovrà ricostruire tutta la vicenda e tentare di dare una risposta attraverso una lunga e dettagliata riguardo agli undicimila presenze nelle commissioni del consiglio comunale di Siracusa. Chiarire la discrepanza sul differenziale tra 1.095 riunioni, contro solo cinquantadue sedute del civico consesso, e che ha fatto lievitare la somma di ben 716.543 eurodi emolumenti per gettoni di presenza e di ben 760.709 euro per rimborsi alle aziende private di riferimento, dove risultano dipendenti tanti consiglieri comunali. L’ispettore regionale dovrà porre l’attenzione anche alla normativa risultante dalla legge regionale n°30 del 2000; più specificatamente la delibera in merito dal consiglio comunale nell’anno 2013; atto che consente ai capi gruppo o ai loro delegati il diritto a percepire la relativa somma in denaro del gettone di presenza nella partecipazione alle riunioni delle commissioni e per le quali non sono competenti, quindi senza il diritto di voto.

Il no sul diritto dei capi gruppo o dei delegati del rimborso del gettone di presenza, nel merito il parere della Regione è stato categorico.  La normativa vigente in materia è molto categorica è prevede, oltre all’annullamento della stessa delibera di merito, anche la possibilità di dichiarare decaduti i componenti delle commissioni incolpate, oltre al recupero forzato delle indennità indebitamente percepite.

Nella vicenda, l’aspetto sociale e istituzionale agisce in maniera capziosa e vuole avanzare le pretese della comunità che non capisce il reale motivo di tale forzatura delle norme di legge, se non in maniera tendenziosa verso gli interessi di chi è invece delegato a supportare quelli del popolo. La rabbia assale in una condizione di difficoltà economica, dove tanta, troppa gente non ha il minimo per sopravvivere, senza uno straccio di reddito, senza una casa, senza un lavoro, costretti a prostituirsi, fare gli accattoni o a spacciare la droga per poter solo mangiare, con allacci abusivi alla rete elettrica e chiedere aiuto alla Caritas, agli amici ai parenti per sbarcare il lunario. Una sopportazione aggravata dall’enorme spesa elargita “allegramente” e con una quantità di denaro capace di poter sfamare tante famiglie; ma l’elenco non finisce solamente nei gettoni per le commissioni. Ci sono i consulenti, i sub consulenti con le mansioni di segretari, le gare d’appalto sotto inchiesta e al vaglio della magistratura inquirente. Una specie di “casa nostra”, dove è possibile fare affari, trovarsi un bel lavoro pagato ma non espletato, anche per gli amici e i parenti.E nel frattempo come poter giustificare e confrontare lo stato di degrado della città, con strade dissestate, marciapiedi inesistenti, spazzatura dappertutto e tutto il resto con lo sperpero del pubblico denaro, di soldi raccolti dalla gente a lacrime e sangue per pagare le tasse e che sono finite poi nel tritacarne del nepotismo, delle spese incontrollate, nei “gettoni d’oro” e tanto altro ancora.

Occorre aggiungere a tutto ciò il doppio fallimento della politica che ci ha ridotti in brache di tela, rea di non aver saputo nemmeno gestire il rilascio di licenze per nuovi insediamenti produttivi, in una gara tra chi era capace di bloccare per primo il nascente villaggio turistico e l’annesso porticciolo nel vecchio sito industriale della Spero, o il nuovo centro  commerciale nei locali della Fiera del Sud, l’Open Land, la Pillirina, il rimborso milionario della vecchia Centrale del latte, terreni espropriati in barba alle leggi con la richiesta dei risarcimenti; tutti i proprietari di queste iniziative potrebbero chiedere i danni, di cui alcuni già sono in corso e altri in fase di preparazione. Una somma che se confermata nelle previsioni ammonterebbe a circa duecento milioni di euro. Siamo, di fatto, senza uno scudo per difenderci dagli attacchi, financo dall’interno. Ma ora tutta questa vicenda assume gli aspetti tragici per una condizione che vuole i colpevoli chiedere scusa pubblicamente, oppure le dignitose dimissioni politiche, sulla scia dei colleghi agrigentini, e non la difesa del silenzio, come della dichiarazione letta all’arrestato dal poliziotto americano, che tra i diritti elencati c’è la facoltà di non rispondere, perché quello che dirà potrà essere usato contro di lei.

Concetto Alota

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