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Il Premio nazionale “Custodi della bellezza” assegnato a Giordano Bruno Guerri

Il Premio nazionale “Custodi della Bellezza”, che ha il patrocinio del Comune ed è giunto alla sua IV edizione, sarà consegnato questa sera allo scrittore Giordano Bruno Guerri al Teatro Greco prima della rappresentazione dell’Elena di Euripide.
La cerimonia di designazione si è svolta stamani nel Salone di rappresentanza dell’Inda alla presenza, tra gli altri dell’assessore alla Cultura Fabio Granata, del consigliere delegato dell’Inda, Mariarita Sgarlata, e del Direttore del Museo del Bardo di Tunisi, Moncef Ben Moussa.
Il comitato scientifico del “Premio” formato da Fabio Granata, Fulvia Toscano, Marinella Fiume e Giuseppe Nuccio Iacono, ha indicato Guerri, presidente del “Vittoriale degli Italiani”, proprio in coincidenza con l’anniversario dell’impresa fiumana a cui lo scrittore ha dedicato il suo ultimo saggio “Disobbedisco”.
E sulla sua opera Guerri ha poi conversato con Pietrangelo Buttafuoco, toccando diversi temi legati alla figura di D’Annunzio e all’attualità del suo messaggio, soffermandosi sulla necessità di una rilettura storica del novecento. Temi successivamente rilanciati anche da Buttafuoco che si è poi soffermato sull’attualità del pensiero greco nel rapporto con la società contemporanea.
Parte finale dell’incontro odierno il ricordo, affidato a Granata, Sgarlata e Ben Moussa, del precedente vincitore del Premio, l’assessore regionale ed archeologo Sebastiano Tusa, recentemente scomparso.
“Quella di Sebastiano Tusa- ha detto tra l’altro Granata- è stata una perdita immensa, come la sua eredità. Un lascito che va ricercato e custodito nei suoi scritti e nei suoi studi di valore universale e nell’esempio esistenziale che ha incarnato attraverso
uno stile di vita inconfondibile e coerente. Molto “greca” la sua inesauribile spinta vitale, tesa a superare limiti e difficoltà, ostacoli e dolori, soprattutto nell’ultima stagione della sua avventura terrena. Così come molto “greca” è stata la sua ricerca incessante e instancabile delle tracce di quell’unico paesaggio culturale rappresentato dalla Civiltà Mediterranea e dai confini del Mare nostrum, un mare capace di custodire lasciti e differenze, radici e identità,curiosità e apertura. Con Tusa- ha concluso Granata- abbiamo condiviso una certezza, e cioè che la grandezza della civiltà mediterranea derivasse anche dal fatto che qui gli Uomini non avessero  dovuto spendere tutte le loro energie per sopravvivere, riuscendo così  a sperimentare forme superiori di convivenza, più aperte alla reciproca curiosità, alla stabile negoziazione commerciale, alla diplomazia e agli scambi culturali. Una rete cosmopolita che, collegando diverse sponde del nostro mare, rappresenta il nucleo fondativo di un preciso carattere e di una antropologia”.
Il tema accennato da Granata su una vera “regione mediterranea” è stato poi ripreso da Moncef Ben Moussa che ha ricordato la “Grande visione di Tusa che al Mediterraneo ha sempre guardato come ad una identità. Uno spazio- ha detto il direttore del Museo del Bardo di Tunisi- dove i popoli devono continuare a convivere nel segno della cultura millenaria che lo ha attraversato”
“Con Sebastiano Tusa- ha ricordato tra l’altro Sgarlata- abbiamo condiviso lungo la nostra vita la professione di archeologo: a lui si deve l’istituzione della Soprintendenza del Mare in Sicilia, una struttura unica che esiste soltanto in Grecia e che ha garantito ricerca, tutela, vigilanza, valorizzazione e fruizione dell’immenso patrimonio dei mari siciliani”.
Al termine presentato il premio, un’opera dell’artista Andrea Chisesi.

Il lascito di Tusa

Fabio Granata

Quella di Sebastiano Tusa è una perdita immensa.
Immensa la sua Eredità.
Un lascito che va ricercato e custodito nei suoi scritti e nei suoi studi di valore universale e nell’esempio esistenziale che ha incarnato attraverso
uno stile di vita inconfondibile e coerente.
Molto “greca” la sua inesauribile spinta vitale, tesa a superare limiti e difficoltà, ostacoli e dolori, sopratutto nell’ultima stagione della sua avventura terrena.
Così come molto “greca” è stata la sua ricerca incessante e instancabile delle tracce di quell’unico paesaggio culturale rappresentato dalla Civiltà Mediterranea e dai confini del Mare nostrum, un mare capace di custodire lasciti e differenze,radici e identità,curiosità e apertura.

Posso serenamente dire di aver condiviso con Sebastiano una sensibilità e una visione del mondo per certi versi politeista,tragica e legata al Mito e
al Mar Mediterraneo, convinti entrambi di un’omologia strutturale tra la sua configurazione geografica, nel rapporto frastagliato tra terra e mare, e la sua cultura.

Mesopotamia:la Civiltà ha le sue origini in Oriente in un Terra contenuta tra le acque di due fiumi.
Ma poi la Civiltà si disloca da Oriente in Occidente, dal pieno della Terra al vuoto del Mare: in Egitto, a Creta e in Grecia.
E poi dalla Grecia in Sicilia.
Sebastiano Tusa discende certamente da quella razza di uomini di mare  e d’avventura che nell’antichità “disegnarono” uno  spazio, profilarono un orizzonte storico e geopolitico inedito, tracciarono non il limite di un confine ma il grande spazio di un mare bordato da terre.

Uno spazio circondato da popolazioni diverse tra loro per lingue, costumi, profumi, sapori e divinità .
Ma allo stesso tempo con forti radici comuni, le stesse che Sebastiano ricercò instancabilmente: dalla sua Pantelleria a Mozia, da Lipari a Siracusa, da Gela a Trapani, alla Libia e alla Tunisia.
Il “Mare di mezzo” non più ostacolo o barriera invalicabile ma  “luogo dell’Anima” che Tusa riuscì a raccontare in maniera impareggiabile.
Un Mare che connette, veicola, trasmette merci e idee, parole e immagini, arti e mestieri e include divinità, paesaggi e natura.

Viene alla mente Braudel:
“Che cosa è il Mediterraneo?
Mille cose insieme.
Non è un paesaggio ma innumerevoli paesaggi.
Non un mare ma un susseguirsi di mari.
Un crocevia antichissimo.
Da millenni tutto vi confluisce complicandone e arricchendone la storia:bestie da soma, merci, idee, navi, religioni, modi di vivere”

Solida la terra,compresa tra certi limina su cui si incidono come segno indelebili vie e percorsi e tracce di stratificazioni culturali uniche e sublimi.
Fluido il mare, dove tutto scorre e in cui l’itinerario tra un punto e un altro va tracciato ogni volta di nuovo e la rotta è sempre da inventare.
E il rapporto con il mare stimola il pensiero e produce conoscenza.
Limiti e segni ricercati da Sebastiano Tusa nelle profondità marine o nelle rotte inventate e sempre nuove: limiti di interpretazioni storiche comunque da vincere e oltrepassare come per le fondamentali intuizioni sulla Battaglia delle Egadi o sui rapporti tra i colonizzatori greci e le popolazioni indigene preesistenti.
Il lascito di Sebastiano Tusa apparterrà per sempre alla grande cultura classica,
alla grandezza di una civiltà che non è altro da sempre che il frutto di questa complicità creativa tra uomini e ambiente naturale e mare.

Con Sebastiano si discuteva spesso su questi argomenti, convinti entrambi che la grandezza della civiltà mediterranea derivasse anche dal fatto che qui gli Uomini non avessero  dovuto spendere tutte le loro energie per sopravvivere, riuscendo così  a sperimentare forme superiori di convivenza, più aperte alla reciproca curiosità, alla stabile negoziazione commerciale, alla diplomazia e agli scambi culturali.
Una rete cosmopolita che, collegando diverse sponde del nostro mare, rappresenta il nucleo fondativo di un preciso carattere e di una “antropologia”
Di una vera “ragione mediterranea”.
Sebastiano aveva una personalità schiva ma solare, aperta e caratterizzata
da un atteggiamento esistenziale e spirituale che “parlava” di avventura, coraggio, rispetto della natura, amore.

Non riesco a tenere separato il suo ricordo da quello, a me altrettanto caro, di Enzo Maiorca, solitario eroe greco.
Con Sebastiano Tusa, li percepisco situati per sempre in uno spazio metafisico e atemporale.

Nell’ultima stagione della sua vita mi piaceva moltissimo leggere ogni mattina i resoconti giornalistici dei suoi instancabili pellegrinaggi attraverso la Sicilia, per interpretare  fino in fondo quel ruolo pubblico da responsabile dei beni culturali siciliani che avrò per sempre l’onore di aver con lui condiviso.
Quando  ci incontravamo, percepivo stanchezza fisica nella sua voce ma anche grande entusiasmo e tanta volontà.
Sebastiano è stato interprete di un
ri-guardo straordinario e permanente della nostra Sicilia..
Ri-guardo nella duplice accezione non solo di rispetto ma anche di volontà di tornare incessantemente a guardarla per scoprire ogni giorno cose nuove.
Non mi soffermo su ciò che ha rappresentato la nostra collaborazione leale e continua sui temi della difesa  e valorizzazione del Patrimonio culturale siciliano poiché credono siano chiari e innegabili i risultati derivati da questo sodalizio umano, politico e culturale.

Tante battaglie combattute sempre a viso aperto e sempre esclusivamente in difesa dei beni comuni, contribuendo al riemergere di una speranza e di una nuova consapevolezza attraverso  il recupero di spazi, monumenti, paesaggi urbani e naturali salvati dal cemento e dalla speculazione.

Quella di Sebastiano Tusa è una perdita immensa.
Immensa la sua Eredità.
Da quella maledetta domenica in molti viviamo in una sorta di sospensione del tempo nel quale fortissima viene “avvertito il vuoto” lungo queste tristi settimane che hanno cadenzato il tempo dalla inenarrabile tragedia.
Abbiamo condiviso decenni di battaglie, visioni, progetti e amicizia.
Siamo stati protagonisti di  innovazioni legislative e progetti avventurosi: dalla Soprintendenza del Mare a quel sistema dei Parchi archeologici che attraverso
il suo rigore e la sua passione inizia finalmente a trovare piena attuazione, nonostante molti ostacoli insidiosi posti dai soliti difensori di interessi speculativi.
Senza Sebastiano Tusa tutto rischia di diventare più difficile e si capirà solo in prospettiva quale perdita abbia subito  non solo la Sicilia ma la cultura italiana.
Ha combattuto con coraggio le battaglie più estreme e difficili, senza mai perdere la gentilezza e la speranza.
Mancherà in maniera indicibile a tutti coloro i quali credono che la Sicilia non sia irredimibile.
Il suo è un lascito inestimabile per tutti noi…

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