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Inquinamento industriale: tra puzza e fumo la politica tace e la fortuna aiuta sempre il diavolo

L’incendio di Marghera ha provocato fumo e fuoco in una zona in cui opera un’azienda specializzata nel trattamento di prodotti chimici all’interno del Petrolchimico. Una densa colonna di fumo nero si è spostato libero verso la città di Venezia; è l’effetto della combustione di materiale plastico. Un rischio sempre presente negli impianti industriali.

L’elevate dimensioni produttive nelle industrie, aumenta le possibilità che si verifichino condizioni anomale d’impianto ed i grandi volumi di stoccaggio sono sostanze accumulate in un sistema sempre più complesso i cui controlli divengono sempre più difficili. E non basta pianificare e programmare la sicurezza; rappresentare e stimare i rischi serve a poter intraprendere il processo di valutazione, gestione e pianificazione di un sistema industriale complesso quale quello dei rischi derivanti ad impianti fissi.

In questo senso, il petrolchimico siracusano è molto pericoloso. I rischi sono connessi nelle attività industriali a rischio di incidente rilevante, come le raffinerie e gli elementi chimici derivanti che si possono realizzare nell’area di propria competenza; e non basta prevenire i rischi e attuare una politica di riduzione del rischio complessivo mediante gli strumenti della pianificazione. Occorre prevedere e analizzare l’insieme degli scenari incidentali tenendo conto della specificità delle zone interessate, dei punti vulnerabili, dei centri di aggregazione. La direttiva Seveso ha avuto l’innegabile merito di ampliare la tutela della popolazione e dell’ambiente nella sua globalità, fissando l’attenzione sugli eventi incidentali particolarmente pericolosi.

E questo avviene in un’epoca che nega la verità incontrovertibile, in cui insiste il fenomeno degli ingannatori falsi profeti, fasulli paladini dell’antimafia o fallaci pseudoambientalisti con geniali slogan aprono le porte alla demagogia e alla strumentalizzazione facile in attesa della “mala-giocata” per apparire e non essere in un turbine di narcisismo, a volte non sempre per fortuna, celato dietro mentite spoglie. Fortuna e sfortuna non giungono mai da sole. Il coronavirus ha rallentato l’azione dei magistrati della Procura sull’inquinamento e del buon lavoro finora portato avanti con impegno e dedizione, che in parte sarebbe stato compromesso da mancati indagini e accertamenti irripetibili e controllo sul campo. La fortuna si dice essere dalla parte del diavolo. E mai come in questo momento tale siffatta condizione è stata confermata.

Il Web si è trasformato in un valido contenitore d’informazioni a strumento di cronaca immediata, in cui la visione della notizia diventa all’istante post. Circolano su Social immagini con allo sfondo notizie e condivisioni sulla difesa dell’ambiente, con posizioni di nuovi paladini dell’ambiente accaniti e convinti che veicolano informazioni di continua su tutto quello che succede nel mondo, creando una forza mai prima d’ora messa in campo. Personaggi in cui si avverte un individualismo resistente senza la voglia di mischiarsi all’etnia ambientalista di professione, con gruppi e comitati che sono nati come funghi. Due profili differenti: il primo fermo nel proprio convincimento che sforna notizie di continuo e crea un positivo messaggio nella pubblica opinione contro l’inquinamento selvaggio, il secondo in una girandola di atti e dichiarazioni con allo sfondo la sfumatura di una brillante carriera, magari in politica, non sempre, ovviamente.

Molte delle comunicazioni di associazioni ambientaliste, così come tanti attivisti autonomi, decantano a ragion veduta che l’ambiente e l’energia pulita non hanno avuto alcuna cittadinanza in questa terra di Sicilia martoriata dall’interesse delle lobby della chimica e della raffinazione, dove la qualità dell’aria nelle nostre città è tra le peggiori e gli effetti dei cambiamenti dei danni alla salute, sono evidenti. Vero; ma sono le politiche dei governi che si sono succeduti negli anni che hanno soffocato lo sviluppo delle rinnovabili. Senza le necessarie misure per la riduzione rigida delle emissioni di gas serra e di adattamento e mitigazione, i rischi sono infiniti. Per non parlare dell’Ecomafia in Sicilia che impera indisturbata tra corruzione e connubi, condizionando persino l’attività del Governo siciliano.

Industriali potenti e sapienti. Il Piano Regionale di Tutela della qualità dell’aria approvato da Governo della Regione Siciliana, guidato da Musumeci, nel luglio del 2018, è rimasto al palo; le società che operano nella zona industriale siracusana hanno presentato ricorso contro il nuovo Piano regionale, non tutte, che lo ritengono superato e non adeguato alle attuali condizioni. I motivi dei singoli ricorsi presentati si riferiscono al mancato rispetto delle fasi di concertazione prima dell’approvazione del Piano, a dati non aggiornati riportati nel Piano circa le fonti di emissione in atmosfera, fermi al 2012; sulla qualità dell’aria invece fermi al 2015 e a strumentazioni di monitoraggio superate da tecnologie nuove, più affidabili e avanzate. Il Piano costituisce “lo strumento di pianificazione per porre in essere gli interventi strutturali su tutti i settori responsabili di emissioni d’inquinanti: traffico veicolare, grandi impianti industriali, energia, incendi boschivi, porti, rifiuti, per garantire il miglioramento della qualità dell’aria su tutto il territorio siciliano e sui principali agglomerati urbani e sulle aree industriali nelle quali si registrano dei superamenti dei valori limite previsti dalla normativa”. Finora la cronaca registra che solo i comuni di Siracusa e di Augusta si sono costituiti in giudizio al Tar di Sicilia a difesa del Piano Regionale di Tutela della Qualità dell’aria, degli altri non si conosce la posizione.

La politica nella zona industriale siracusana, in connubio obbligato con le industrie per il ricatto occupazionale, non è abituata a rispettare le regole del vivere civile, l’onestà intellettuale, la legge. Per avere il diritto, bisogna avere una regola che lo predisponga. Il buon funzionamento della società è basato sulle regole che il popolo si è dato per organizzare e far funzionare al meglio la vita comune, per garantire i diritti di tutti. Perciò, è importante capire che dietro ad una norma vissuta come un’imposizione fastidiosa, si nasconde in realtà la possibilità di stare bene con noi stessi e con gli altri e soprattutto di esercitare senza limiti la propria libertà, ma dietro si cela spesso la corruzione. Kant sosteneva che la libertà non consistesse nel fare tutto senza regole, ma al contrario avere la determinazione di agire nel rispetto delle condizioni morali riconosciute. Si è davvero liberi quando non si distruggono le regole di convivenza che consentono a tutti di vivere in serenità e buona salute. Libero è chi persegue i propri obiettivi e coltiva le proprie passioni senza cedere ai compromessi immorali che lo rinchiuderebbero in una gabbia di vizi e malcostume. Il problema è che la maggior parte delle persone è incline a barare, a predicare bene e razzolare male.

Concetto Alota

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