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Le alleanze della mafia e la politica tra corruzione e inquinamento morale

L’intervento – di Concetto Alota –

Il giornalista ed ex Senatore Sandro Ruotolo, componente della Segreteria nazionale del PD, in visita nei giorni scorsi all’istituto comprensivo Falcone e Borsellino di Cassibile, per l’anniversario della strage di Capaci, ha lanciato l’allarme sul possibile inquinamento mafioso all’interno del voto per le prossime amministrative nel comune di Siracusa.

Dice Ruotolo: “Viste le voci sempre più insistenti di un rischio di inquinamento mafioso delle elezioni amministrative, chiedo a Sua Eccellenza il Prefetto di Siracusa di vigilare sul corretto svolgimento delle operazioni elettorali”.

“Lo Stato deve fare di tutto affinché i clan mafiosi locali non interferiscano sul voto amministrativo sostenendo candidati a loro legati. Il voto – conclude Ruotolo – è la massima espressione di democrazia e deve restare libero da qualsiasi condizionamento”.

Già nelle ultime votazioni per il rinnovo del Parlamentino Siciliano, negli ambienti sia politici che giudiziari si sarebbe parlato di un possibile condizionamento del voto, con in testa i grandi elettori a decidere i risultati elettorali e pare che la Procura di Siracusa avrebbe aperto un fascicolo dedicato.

La mafia è un cancro che colpisce il tessuto economico e sociale; si insinua negli affari, nella società. Nel segreto delle urne, le alleanze tra la mafia e la politica s’intrecciano ad ogni tornata elettorale. E non dipende solo da una diversa strategia repressiva degli organi di contrasto, ma dalla natura stessa della corruzione, che si presenta sempre più organizzata e variegata con altre forme di criminalità, ramificandosi nella società moderna come fosse una regola istituzionale, paradossalmente, della democrazia moderna. Specie i politicanti di professione che stringono accordi con la malavita organizzata per i voti a pagamento ma anche per non essere “disturbati” nei loro traffici, come la partecipazione nell’appalto dei lavori pubblici, o le concessioni di licenze per attività pubbliche a prestanome di mafiosi.

Non bastano più i comportamenti coerenti di chi si gira dall’altra parte e fa finta di niente. La strage di Capaci fece scaturire nuova linfa al codice penale sul reato di scambio elettorale politico-mafioso, il cosiddetto art.416-ter.

L’attuale 416-ter punisce con la reclusione da 6 a 12 anni lo scambio di promesse tra il politico e il mafioso: da un lato la promessa del mafioso (o un suo emissario) di procurare voti mediante i metodi e le intimidazioni dell’associazione mafiosa; dall’altro la promessa (o l’erogazione) da parte del politico di denaro o altre utilità a favore della mafia.

Una regola antica, in un sorta di “fatti la nomina e mettiti in piazza”, conferma il fallimento della fantastica cultura siciliana. La mafia nel suo moderno insistere, diventa sempre più spietata e brutale negli affari, fermando il tempo delle stragi e della guerra trai clan. La Sicilia diventa sempre di più un luogo orribile da viverci. La politica inquinata e l’economia al collasso, costringono giovani e vecchi a scappare per tentare di finire la propria vita senza condizionamenti mafiosi al solo respirare, trovando purtroppo interessate alleanze e facili collusioni. E questo, a differenza del passato, si svolge in silenzio, senza più la violenza e i morti ammazzati.

La mafia, o la malavita organizzata che dirsi voglia, acclude nei suoi tentacoli la giustizia, le forze di polizia, la pubblica amministrazione, la politica. La mafia, o quel marciume che rimane, oggi serve per domani essere servita, protegge per essere protetta, penetra negli uffici ministeriali, nei corridoi del potere a più livelli, viola segreti, ruba documenti, costringe uomini onesti, ad atti disonorevoli e abusivi. È l’inquinamento morale dei siciliani.

La corruzione, nella società moderna, è paradossalmente l’anima della nostra malata democrazia;così come l’infiltrazione della mafia nella politica, è in crescita. In  rapporto alla popolazione, il condizionamento mafioso è tra i primi posti in Sicilia per i crimini in generale. Attraverso una metodologia originale, che censisce ogni scambio illecito che coinvolge direttamente uomini politici anche all’interno di altri reati; il concorso esterno in associazione mafiosa, il voto di scambio, ma anche in un quadro della corruzione in molte azioni nei consigli comunali, regionali, oltre che nelle cariche di sottogoverno; tutto si rivela con dettagli interessanti, come la crescita esponenziale di vicende di corruzione in presenza della criminalità organizzata soprattutto al sud, dove si registra un forte aumento dei reati associativi in cui si annidano vicende di corruzione e amicizie pericolose tra colletti bianchi e picciotti della malavita organizzata. Un paravento nasconde il modus operante degli affari tra politici e mafiosi; prestanome e gregari combinano affari con il denaro pubblico. Scoperti rimane l’esistenza del reato, ma senza l’aggravante della contiguità con la mafia, l’infiltrazione mafiosa nella pubblica amministrazione, dimezzando le condanne e le pene. Per il rilascio di una licenza, di una concessione, di una semplice certificazione, occorre pagare la tangente, se sei mafioso o pseudo tale, allora la paura apre le porte; ma è un grosso errore, una illusione. Gli uomini della malavita così facendo si rafforzano, spingendo la società tutta in un vicolo cieco, da dove non si potrà più uscire.  

Nel segreto delle alleanze tra la mafia e la politica s’intrecciano gli affari di ogni giorno. E non dipende solo da una diversa strategia repressiva degli organi di contrasto, ma dalla natura stessa della corruzione, che si presenta sempre più organizzata e variegata con altre forme di criminalità, ramificandosi nella società moderna come fosse una regola istituzionale, paradossalmente, della democrazia moderna. Specie i politicanti di professione che stringono accordi con la malavita organizzata per i voti a pagamento ma anche per non essere “disturbati” nei loro traffici, come la partecipazione nell’appalto dei lavori pubblici, o le concessioni di licenze per attività pubbliche a prestanome di mafiosi.

Oggi il confine tra legalità e illegalità è inesistente tra economia legale e illegale, la cosiddetta mafia capitalista, inserita nei circuiti commerciali, finanziari, istituzionali in connubio con la politica e la criminalità mafiosa intesa come potere, e niente può fermarla, nemmeno il voto di protesta massiccio; occorre cambiare mentalità e debellare la corruzione e il malaffare; la mafia è la morte dell’anima. Sarà davvero difficile ritornare nei canoni della civiltà e della legalità, dopo aver assaporato facilmente il guadagno dei soldi, il piacere del potere, che sono ormai le carte da gioco, rimaste sul tavolo del popolo vittima delle lobby del potere che decidono cosa dobbiamo mangiare, fumare, leggere sui giornali o ascoltare in Tv. Anche tanti media, non tutti per fortuna, quelli appartenenti alla “stampa amica”, si sono adagiati al sistema; il silenzio stampa verso chi foraggia testate e testatine, è pagato attraverso il cerchio magico, in una sorta di estorsione silenziosa se non addirittura attraverso una campagna che difende gli uomini della politica, specie per i sindaci, che usano due pesi e due misure, elargendo “sussidi” e “contributi”, anche di pochi spiccioli, solo a chi parla e scrive bene della loro attività.

Il ricambio generazionale sta affermando un numero sempre maggiore d’imprenditori infischiati con uomini della malavita organizzata, mentre crescono le figure dei liberi professionisti del malaffare. I processi di globalizzazione economica e culturale, si sono estese e diffuse su larga scala. Siamo di fronte ad una perversa operazione di criminalizzazione della vita quotidiana, che si avvale di molteplici strumenti e meccanismi economici, sociali, politici, legislativi che diventano un terreno fertile per la repressione e la provocazione contro i movimenti di lotta e di protesta politica e sindacale, mentre il Paese reale affonda nella corruzione nello ripugnante mondo della falsa omertà.

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