Cultura

Lentini e i suoi giovani

Quante volte la società, il fronte culturale e la classe politica nostrani hanno menzionato le nuove generazioni nei loro dibattiti. Eppure, il fil rouge che intreccia la città e i suoi figli appare quanto mai disgregato: se da un lato, infatti, i nostri luoghi si rivelano sempre meno congrui alle molteplici istanze delle giovani leve, dall’altro quest’ultime sono sempre più costrette ad andar via. Due fenomeni in crescita esponenziale che – sebbene rientrino nei parametri riscontrabili in Sicilia, in Italia e in alcune aree del Vecchio Continente – qui sembrano impattare con più virulenza. Un decadimento nel decadimento, in sostanza, riconducibile alla gravità dei mali che acuiscono le problematicità in loco.

In un mondo che cambia «[…] più repentino della nostra stessa capacità di metabolizzazione […]», contraddistinto dal «[…] deterioramento delle forme di aggregazione […]» e dalla «[…] crisi delle identità individuali» in «[…] un terzo millennio “apparentemente” orfano del passato […]» (Fonte: “La Voce del Gattopardo”), quel che si presenta alla vista della moltitudine è una Lentini in rovina, lacerata nel tessuto socio-economico e smembrata dal bieco individualismo. Alle nuove generazioni si consegna il pesante fardello di risollevare le sorti di una comunità vittima delle narrazioni romanzesche, degli infimi intrecci e dei miopi divisionismi senza però munirle di quegli strumenti, di quei corpi intermedi e di quelle formule attraverso cui è possibile incidere attivamente sulle decisioni intraprese.

Se vogliamo risollevare – una buona volta – la città del leone rampante dal baratro in cui è sprofondata, è necessario edificare nuovi ponti tra la vecchia guardia (dalle analisi sincere e dalle stimate competenze) e le nuove leve (capaci e scevre da personalismi), avviando congiuntamente un generale processo di rinnovamento che coinvolga quell’ingente e multiforme capitale umano ivi presente. Le risorse migliori di Lentini nonché la cittadinanza nel suo intero – a prescindere dal sesso, dall’età anagrafica e dall’orientamento politico – vanno messe nelle condizioni di potersi esprimere al meglio (ciascuno in relazione alle proprie peculiarità), in sinergia tra loro. In un sì tale percorso, fondato sul reciproco ascolto e sulla leale collaborazione, ricordarsi dei giovani una volta tanto (o, peggio, quando fa comodo) non è più sufficiente. Così come i gigantismi mediatici, gli eventi occasionali e le paventate rigenerazioni urbane si rivelano inadeguati al contrasto di quell’esodo ed al mantenimento di quella fiamma di cui le nuove leve devono farsi tedofori. Le realtà giovanili non sono mai un hobby e le nuove generazioni reclamano buoni esempi, spazi, verità, stimoli ed opportunità. Al fine di garantire un futuro di riscatto al nostro territorio, occorre quindi credere fermamente nelle rilucenti foglie che cresceranno attraverso una formazione partecipativa, una trasmissione delle conoscenze ed una progressiva responsabilizzazione.

Allo stesso tempo, ritengo sia utile evidenziare alcuni aspetti “apparentemente” scontati: i giovani, alla stregua della specie umana nel suo intero, non sono tutti uguali. Rifugiarsi nelle banali generalizzazioni stereotipate è sempre un grave errore, che non facilita la precisazione dei dovuti distinguo. Nessuno deve lasciarsi abbindolare dalle generazioni preconfezionate, dai proseliti che si limitano ad eseguire gli ordini, dai ricercatori delle fonti di reddito, dagli assalitori dei carri dei vincitori e dai voltagabbana di turno. Le nuove leve, quelle vere e su cui puntare, sono ben altra cosa.

«Nell’era della globalizzazione e degli smartphone, del multiculturalismo e dei leggings, il ruolo interpretato dai giovani assume un valore di fondamentale importanza. […] L’esaltazione dei talenti, l’acclamazione delle forze fresche, la celebrazione degli animi floridi e puliti. Fin dalle più teneri età, la nostra categoria ha ricevuto un corteggiamento così persistente da trasformarsi quasi in un luogo comune. Le aspettative, le bellezze e le opportunità del mondo ricadono sui ragazzi, eredi naturali dell’evoluzione e della conoscenza dell’uomo […].

[…] Per prima cosa, ritengo che i giovani odierni debbano analizzare a fondo il mondo in cui vivono: un sistema che ci ha fatto credere di “stare bene per sempre”, che ci ha reso egoisti e sordi alle esigenze altrui, che al suo primo considerevole inceppamento – dal secondo dopoguerra ad oggi – ha palesato i limiti nonché le infondatezze giuridiche che evidentemente gli organi internazionali e le carte costituenti non sono riusciti ad arginare nel corso degli ultimi decenni.

Se quelle parole di speranza e di futuro che ci hanno sempre decantato erano veritiere, allora noi ragazzi dovremmo farci realmente carico di questi valori, evitando di rinchiuderci nelle solite congetture, nei pregiudizi, nel razzismo, nella xenofobia e nel totale disinteresse di tutto ciò che ruota attorno alle nostre esistenze […]» (Fonte: “La Voce del Gattopardo”).

Desidero, infine, rivolgermi proprio alle ragazze ed ai ragazzi di questa città. Miei cari coetanei, non attendete che prima o poi accada qualcosa e/o che qualcuno si adoperi in vostro favore.

«Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna».

(“Il miracolo di Maometto”)

Mettetevi in gioco, fate di tutto per riporre a disposizione della collettività i vostri sacrifici, le vostre passioni, i vostri talenti. Non voltatevi dall’altra parte, non arrendetevi alla mediocrità, non lasciatevi abbattere da quel nichilismo che impedirebbe aprioristicamente qualsiasi tipo di cambiamento. Evitate di piombare nelle superficialità, nelle risposte semplici, nelle illusioni, nelle false promesse e negli opportunismi. Studiate, approfondite e non slegate mai il trinomio conoscenza-pensiero-azione. Siate sognatori e realisti, visionari e pragmatici, abili disegnatori di progettualità condivise. Ideate nuove forme di connessioni, abbiate la saggezza di unire le forze e di comprendere che la stagione delle corse in solitaria è ormai terminata. Non disperdete il vostro contributo, non annegate nel fondo di un bicchiere puntualmente offertovi a ridosso delle campagne elettorali e non accontentatevi delle giustificazioni tardive di coloro i quali non hanno ottenuto nulla per colmare le vostre esigenze. Ripristinate la Consulta Giovanile (interrottasi nel 2016), prefiggetevi l’attivazione di uno sportello informativo ad hoc – efficace ed efficiente – che sia in grado di guidarvi/supportarvi nelle operazioni di conoscenza di cui necessitate per motivi di studio e/o di lavoro, insieme con molto altro. Riappropriatevi dei vostri vicoli, dei vostri angoli e delle vostre piazze, reclamando maggiori presidi di sicurezza e non mortificando la vostra casa comune fuggendo incessantemente verso altri lidi. Usate la vostra testa, aprite gli occhi e stroncate sul nascere qualsiasi intento di raggiro/sfruttamento, specialmente quando a provarci sono degli individui aventi la vostra stessa età. Ponetevi alcune piccole domande come premessa individuale: “Cosa posso fare? In che modo mi è consentito contribuire alla causa? Fin dove sono disposto a spendermi solo e soltanto per il bene della collettività?”. Ma soprattutto, non chiedetevi cosa potrebbe fare la città per voi bensì cosa potreste fare voi per lei.

Esiste un’unica via d’uscita, la più ardua, senza possibilità di scorciatoie: avere il coraggio di ripensare ogni cosa e di rimettere tutto in discussione, con sapienza e con spirito di abnegazione. Soltanto così potremo sperare di tramutare una simile crisi in opportunità.

«Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le Nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato” […]».

(“Il mondo come io lo vedo”, 1931 – Albert Einstein)

Lentini sa essere una madre premurosa, che ti rialzerà dopo una caduta; una sorella attenta, che sarà disposta ad ascoltarti; una figlia tenera, che vorrà stringerti la mano.

Ma la nostra madre, la nostra sorella, la nostra figlia adesso è in serio pericolo: per metterla in salvo si rivela necessario «[…] essere un cuore pensante» (Etty Hillesum). Ma per riuscirci, occorre che i cuori battano ad unisono e che i pensieri camminino insieme.

Non vi è sfida più grande che battersi per un mondo migliore, una società migliore, una città migliore. Ed è per questo che i giovani, soltanto noi, saremo gli unici in grado di poterla vincere. Insieme.

Emanuele Grillo

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