MEDICI DI BASE, IN ARRIVO LA RIFORMA
Chissà quante volte vi sarà capitato di non riuscire a contattare il vostro medico di base per un consulto o per quel piccolo ma fastidioso malessere che non vi dava tregua: lo studio chiuso, cellulare che non prende, la giornata festiva. E chissà quante volte, non sapendo come fare, sarete finiti dritti al pronto soccorso dove vi sarà stato assegnato un codice verde che vi avrà costretto a lunghe ed estenuanti ore di attesa prima di ottenere una visita, mentre il vostro turno scivolava sempre più in basso nelle priorità per via dei codici più urgenti.

Tenta di risolvere questo problema la missione nr.6 del PNRR che con alcuni miliardi di finanziamento ha previsto, oltre ad ospedali di prossimità e nuovi centri di prenotazione, l’istituzione delle cosiddette case di comunità, destinate ad alleggerire la pressione sui pronto soccorso e decongestionare gli ospedali principali. Ne sono previste 1350 su tutto il territorio nazionale, di cui circa 12 distribuiti nei 4 distretti dell’Asp di Siracusa.
Perché questo progetto, la cui realizzazione dovrebbe avvenire entro il 2026, non produca ennesime cattedrali nel deserto, il ministero della Salute sta pensando adesso ad una riforma per impegnare i medici di base proprio nel funzionamento di queste strutture, insieme naturalmente ad infermieri, tecnici specialisti, assistenti sociali. E per fare questo sta ipotizzando di trasformare il rapporto di lavoro dei medici di famiglia dall’attuale condizione di autonomo convenzionato a quella di lavoratore dipendente, a libro paga cioè del sistema sanitario nazionale, come già avviene per gli ospedalieri.
La variazione del rapporto di lavoro dei medici di famiglia da privato a pubblico dovrebbe riguardare però soltanto i nuovi assunti, che non dovrebbero essere pochi considerato il numero di pensionamenti in arrivo a breve termine, mentre quelli già in servizio potranno continuare a mantenere, a loro scelta, lo status di libero professionista.
Tra le ipotesi finora trapelate, sarebbe emerso per i nuovi medici di base dipendenti statali, anche il nuovo orario di lavoro pari a 38 ore settimanali, da dedicare in parte all’attività in studio e in parte a disposizione del distretto sanitario di pertinenza per fare visite, vaccinazioni, assistere pazienti di altri medici.
In questo modo verrebbe garantita ai cittadini sempre la presenza di un medico di famiglia durante l’intera giornata, per tutta la settimana e in tutti i Comuni.
Siamo ancora nel campo dei si dice, non c’è nulla di concreto, a parte il PNRR e i suoi programmi da portare a termine.
Protestano intanto i principali sindacati di categoria che si dichiarano contrari a questa ipotesi di riforma calata dall’alto.
Non è un problema di medicina generale convenzionata o sotto la dipendenza, – affermano – ma di mettere in pratica gli strumenti che già abbiamo, fornendo alla Medicina Territoriale strumenti, risorse e personale per potere meglio rispondere ai bisogni di salute dei propri assistiti, altrimenti, tutto ciò di cui parliamo resterà solo sulla carta”.
Il vero problema è noto ed è stato generato dai pensionamenti che non sono stati compensati adeguatamente da un ricambio generazionale.