Spettacolo

Noto, aperta la stagione teatrale al Di Lorenzo

Ogni angolo era splendente, ogni minimo dipinto e architettura giovedì sera per la “prima” al Teatro “Tina di Lorenzo”  sembrava più bello, addobbato con fiori e spighe di grano, simbolo di prosperità ed abbondanza, per un’accoglienza elegante e calorosa allo stesso tempo. Dopo l’estate e gli altri eventi il Teatro è tornato ad essere la casa della stagione classica e lo ha fatto con un’opera intramontabile interpretata da attori di fama internazionale che hanno strappato applausi a scena aperta. Gremito in ogni ordine di posti e con le autorità cittadine presenti al gran completo, con in testa il Sindaco Corrado Bonfanti, la “prima” è stata un successo senza ombra di dubbio, ed il plauso va alla Fondazione Teatro “Tina Di Lorenzo”, guidata dal Sovrintendente Salvatore Ricupero, il Direttore Tecnico Salvo Salemi, e al Direttore Artistico Sebastiano Lo Monaco che ha scelto per l’esordio: “L’importanza di chiamarsi Ernesto”, per la regia di Geppy Gleijeses, che è anche il protagonista. L’ultima commedia, in tre atti, di Oscar Wilde ambientata nella Londra di epoca vittoriana dove con l’espediente del nome Ernest, simile nella pronuncia alla parola “onesto” si fustigano usi e costumi. Straordinaria la performance di Lucia Poli, che interpreta “zia Augusta”, ovvero la personificazione dei tanti vizi e delle poche virtù dell’alta società londinese. Con Geppy Gleijeses a dividersi il palco nella maggior parte delle scene  Marianella Bargilli che interpreta l’altro Ernest, ovvero Algernon, nipote di Augusta che come Ernest si crea un alter ego per poter vivere una vita parallela, perchè l’importante è “essere onesti/ernest” all’apparenza.
Reinterpretare Wilde e la sua “Importanza” tredici anni dopo ti consente di leggere in modo più articolato quella che passa per essere la “commedia perfetta” – dichiara il regista e protagonista Geppy Gleijeses-. Attraverso un’implacabile lente deformante, si legge tutto il marciume mal celato dell’Età vittoriana, quel moralismo omofobo e d’accatto che Wilde profondamente detestava e che lo avrebbe condotto alla rovina. Sembra assurdo, ma questa è la sua ultima commedia, la “commedia perfetta”, si cammina incoscienti, felici e ridenti sull’orlo dell’abisso. Il nostro compito era quello di continuare a giocare e far funzionare la macchina, ma, in tralice, il ridente parco della “Manor House” è un bosco in movimento e un po’ inquietante (fotografato impagabilmente da Teresa Emanuele) e nella casa di Algernon campeggia un martirio di San Sebastiano di Guido Reni (lo vediamo nella foto scattata nel primo atto) un meraviglioso esempio di estetica trafitta dai dardi del destino. Come un destino crudele trafisse Oscar Wilde. Penso che il personaggio che l’autore avrebbe voluto interpretare è Lady Bracknell che ricorda la regina Vittoria ed è una delle parti più scintillanti mai scritte per il teatro. Mi correggo: ho detto parte. No, è un monumento ed ora come tredici anni fa quel monumento è Lucia Poli. Credo che forse Wilde l’abbia scritto per lei!” E come dargli torto.
E.V.

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