Omicidio Scarso, gli imputati verso il rito abbreviato
Entro venerdì si saprà se i due giovani coinvolti nella morte di don Pippo Scarso, l’ottuagenario deceduto in ospedale a distanza di 2 mesi dal ricovero dopo le ustioni riportate al cuoio capelluto, al collo e alla spalla sinistra, saranno processati con il rito abbreviato. Mentre il 21enne Marco Gennaro ha già presentato la richiesta di ammissione al rito alternativo, il legale del 19enne Andrea Tranchina attende la scadenza dei termini per decidere se aderire al rito abbreviato condizionato all’esecuzione di un’ulteriore perizia medico legale. Non ha ancora deciso nemmeno il terzo giovane, Sebastiano Amorelli di 19 anni, coinvolto nella vicenda dovendo rispondere solo del reato di stalking, se ricorrere al rito abbreviato o se farsi processare col giudizio immediato davanti alla Corte d’assise, come disposto dal gip del tribunale Carmen Scapellato, accogliendo la specifica richiesta del pm Andrea Palmieri. In questo caso, l’avvio del processo è stato fissato per il 20 settembre.
Se l’avv. Aldo Ganci non ha avuto alcun’esitazione nel propendere per l’abbreviato nei confronti Gennaro, l’avv. Giampiero Nassi, che difende Tranchina, scioglierà la riserva soltanto all’ultimo momento e, comunque, non prima di essersi consultato con il medico legale di parte. “Se dal confronto con il nostro consulente emergeranno dati scientifici che ci consentono di dare un’impronta diversa ai fatti oggetto della contestazione, allora chiederemo l’ammissione del mio assistito al rito abbreviato condizionato all’espletamento dei un’ulteriore perizia medico legale”. In buona sostanza, sono due gli obiettivi che la difesa di Tranchina intendere raggiungere: non vi era alcuna volontà di uccidere l’anziano; non vi è alcun nesso di causalità tra le ustioni e il decesso in ospedale di don Pippo Scarso. “Noi sosteniamo – dice l’avv. Nassi – che le ustioni limitate al solo 13% della superficie corporea, come rilevato dal consulente della Procura, e la superficialità delle stesse non possano avere provocato la morte del povero anziano, il cui decesso riteniamo essere stato dovuto a una serie di sfortunate coincidenze. Puntiamo, quindi, a fare riformulare la corretta qualificazione del reato che non può di certo essere quello severissimo di omicidio volontario aggravato, come ipotizzato dalla Procura”.