Il padre di Eligia al processo: “Il mistero dell’agenda”
Il mistero dell’agenda scomparsa, i rapporti con il genero, il dolore per la morte della figlia, le investigazioni private, la sorpresa per quanto di sconvolgente scoperto e poi la costante ricerca di verità e giustizia. E’ ruotato attorno a questi e altri elementi l’esame di Agatino Ardita, il padre di Eligia, infermiera siracusana deceduta la sera del 19 gennaio 2015 insieme con la figlioletta che portava in grembo e per la cui morte è imputato il marito, Christian Leonardi.
L’esame e il contro esame di Ardita è durato circa sette ore, durante i quali il genitore della sfortunata puerpera ha ripercorso il calvario fin qui vissuto dopo la scomparsa di Eligia. Nell’aula di Corte d’Assise, Agatino Ardita ha risposto in maniera puntale e precisa alle domande del pm d’udienza, Andrea Palmieri, partendo dalla drammatica sera di gennaio in cui ricevette la comunicazione che Eligia aveva seri problemi respiratori. “Sentii mia figlia la mattina al telefono – ha detto Ardita – ci aveva rassicurati sulle sue condizioni di salute. La sera io e mia moglie le abbiamo fatto una sorpresa, recandoci a casa sua per cenare insieme. Poi, l’irreparabile”.
Rispondendo alle domande degli avvocati Felicia Mancini e Vera Benini, che difendono l’imputato, Ardita si è soffermato sull’agenda in cui Eligia scriveva ogni giorno appunti e note. “Quell’agenda di colore nero – dice Ardita – l’ho vista in mano a Christian e al fratello Pierpaolo seduti nei pressi dell’obitorio dell’ospedale all’indomani della scomparsa di Eligia. Poi più nulla e quando ho chiesto che me la restituisse insieme con le chiavi di casa e la copertina che utilizzava mia figlia, Leonardi mi ha risposto che non si trovava più”. Riferendosi alle ricerche che avevano fatto col fratello Fabrizio, Ardita ha detto che “quando, dopo l’esito dell’autopsia, ci convincemmo delle responsabilità del marito per la morte di mia figlia, ho fatto la spola quasi ogni giorno tra Procura e carabinieri per chiedere il sequestro dell’abitazione di via Calatabiano, che è stata disposta solo dopo 8 mesi”.