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Per la Uil siracusana, 2014 da dimenticare

Bilancio di fine anno, propositi per il 2015, Uil sempre in prima fila a sostegno dei lavoratori. Ne ha parlato Stefano Munafò, segretario territoriale, durante una conferenza svoltasi nella sede di via Arsenale a Siracusa. L’ultimo dell’anno è stata però l’occasione anche per ricordare le origini del sindacato, partendo dalla storia fatta da due grandi personaggi del passato come Filippo Turati e Giacomo Matteotti. Ne hanno parlato, a Palazzo Zuppello ad Augusta, lo stesso Munafò insieme con l’on. Raffaele Gentile (in un altro allegato, il documento presentato dal giornalista Salvatore Ricciardini che ripercorre la storia della Uil). Qui di seguito, invece, il documento presentato da Munafò sul bilancio di fine anno.

Giudicare un anno sulla base delle vicende sociali che lo hanno caratterizzato aiuta a capire meglio come bisogna muoversi nell’anno successivo. Il 2014 è stato per la classe lavoratrice italiana un anno drammatico, come lo è stato più in generale per il popolo italiano. Sono sempre più lunghe le file dei disoccupati, sono sempre più allarmanti i dati sulle aziende in crisi, sono sempre più fitti gli elenchi delle imprese che debbono mettere fine alla propria attività. Diventa così sempre più nera la crisi economica e sempre più tragica la condizione sociale di una gran parte delle famiglie italiane.

Senza bisogno di andare alle cifre che riassumono la situazione del Paese, basta ricordare come crescano povertà e disoccupazione, con milioni di persone che perdono il lavoro, di giovani che non lo trovano, di anziani con pensioni di fame.

A fronte di questo quadro disastroso, le cui responsabilità vanno addebitate anche alla inadeguatezza delle misure governative, quali speranze si possono alimentare per l’anno che comincia? Quale fiducia si può riporre nella politica economica e sociale che l’attuale governo del nostro Paese sta mostrando di perseguire? Quale strategia è possibile individuare nel comportamento della classe imprenditoriale italiana?

 Le risposte sono scoraggianti:

-Per il 2015 non si possono nutrire grandi speranze perché esso eredita uno sconquasso totale, dovuto anche alla insufficienza delle politiche generali attuate dai governi nell’ultimo quinquennio.

-Le misure anticrisi del governo Renzi sono soltanto dei palliativi che non toccano assolutamente il cuore dei problemi dello sviluppo. Infatti, rendere più facili i licenziamenti e non creare le condizioni per nuovi posti di lavoro significa condannarci alla irreversibilità della crisi. E’ vero che la crisi mondiale nacque sette anni fa negli Stati Uniti, ma è anche vero che quel paese, come altri paesi dell’Occidente, ha saputo superarla o, quanto meno, sdrammatizzarla.

-Il sistema imprenditoriale italiano non si mostra in grado di imprimere alcuna spinta alla crescita economica perché, tranne rare eccezioni, non dà vita alle innovazioni che aprono i mercati e permane nell’antico vizio di voler vivere di appalti e di commesse pubbliche, dentro un sistema di connivenze che alimenta l’affarismo e la corruzione.

 Qual è in questa situazione il ruolo svolto dal governo? Non basta scaricare sui governi precedenti ogni responsabilità e affidare ad un futuro indefinito il momento della ripresa. Così facendo si danno colpe al passato, si rimandano i miglioramenti al futuro, si lascia nel dramma il presente. Sul sistema Italia pesa come un macigno il complesso di regole-capestro imposte dall’Europa e accettate solo con deboli mugugni da parte della nostra classe politica, con un valore dell’Euro nettamente superiore ai valori della nostra economia e della nostra antica moneta, con il divieto imposto alla Banca Centrale Europea di battere moneta.

Oggi abbiamo una moneta unica per un complesso di paesi profondamente differenti tra di loro, mentre sull’Euro prevale il potere decisionale di un solo paese, la Germania, che sostanzialmente ne decide valori, impieghi e strategie. Gli USA hanno superato la crisi stampando e immettendo nel loro sistema economico grandi quantità di dollari, mentre il governatore della BCE, Draghi, viene sorvegliato dall’occhiuta vigilanza tedesca.

E’ vero che l’eccesso di moneta in circolazione comporta i rischi dell’inflazione, ma è anche vero che ci stanno dicendo come la deflazione sia un pericolo altrettanto insidioso. Renzi tuona in Italia contro la politica tedesca, ma in Europa i suoi tuoni diventano flebili vagiti e non è mai capace di porre il veto su decisioni che ci danneggiano. Non è mangiando gelati che si raffredda la crisi. Le misure renziane sono o inadeguate o sbagliate, perché non si danno gli 80 Euro mensili a chi il lavoro già ce l’ha ed arriva magari ad uno stipendio di 24.000 Euro l’anno, mentre si ignorano milioni di pensionati che hanno un reddito esiguo da fame.

Non si approva una legge che facilita i licenziamenti in un quadro dal quale manca l’aumento dei posti di lavoro. Non si fa finta di fare delle riforme, lasciando poi tutto al proprio posto, confidando nel fatto che ormai in Italia ci si comporta come i sudditi dell’imperatore che girava nudo e tutti fingevano che indossasse bellissimi vestiti. Ci volle un bambino, che nella sua incorrotta sincerità spiattellò la verità e smascherò l’inganno.

Ogggi spetta al sindacato svolgere il ruolo di quel bambino e dire la verità. L’abbiamo fatto intanto con lo sciopero generale del 12 dicembre, dopo avere atteso con pazienza che dal governo arrivassero alcune necessarie risposte. Quelle risposte non ci sono state, ma anzi sono stati attaccati con durezza e cinismo i patronati sindacali che svolgono una delicata e vitale attività a sostegno gratuito delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati.

La situazione siracusana

Siracusa ha anche le sue rimostranze da avanzare nei confronti di Renzi che, nel corso della sua visita, ebbe la “cortesia” di incontrarci per dire che era inutile chiedere tavoli di confronto, che bastava inviare al governo delle mail e lui ci avrebbe risposto puntualmente. Le sue risposte le stiamo ancora aspettando!

La cecità del governo, l’incapacità di discernere le diverse situazioni, aggravano i problemi. Siracusa potrebbe attenuare o superare la sua crisi economica se solo riuscisse ad ottenere le giuste misure: attuazione dell’accordo di programma con il governo del 2005 almeno per quanto riguarda gli aspetti dello sviluppo produttivo di Punta Cugno e Marina di Melilli, attuazione dell’accordo di programma col Ministero dell’Ambiente sulle bonifiche dei siti indutriali compromessi.

A livello più specificamente territoriale bisogna rimuovere ogni ostacolo frapposto alla realizzazione di insediamenti turistici a carico dei capitali privati, per non perdere un miliardo di Euro in investimenti, come ieri si sono dovuti perdere 900 milioni di Euro per colpa del governatore Lombardo, somme non recuperate nemmeno dall’attuale governatore Crocetta, che aveva promesso interventi obiettivi ma non è mai andato al di là delle promesse elettorali.

La realtà della zona industriale è piena di ombre e di qualche luce, con una serie di imprese metalmeccaniche in forte crisi occupazionale e con alcune iniziative innovative nel settore chimico che, però, debbono fare i conti con sistemi burocratici autorizzativi che si muovono con una lentezza pachidermica che contrasta con le necessità di velocizzazione proprie dei tempi moderni.

Il settore delle costruzioni è da tempo in piena crisi per la scarsità di investimenti in opere pubbliche e per le nefaste conseguenze che nell’edilizia privata vengono indotte da una esosa politica fiscale sulla casa, mentre nella pubblica amministrazione pesano negativamengte in termini occupazionali misure come la soppressione delle province regionali che si lascia alle spalle inadempienze e disservizi.

L’elenco delle deficienze è lungo e viene aggravato dalla scorretta visione che le forze cosiddette “ambientaliste” mettono in campo per mantenere imbalsamato il territorio che invece, opportunamente protetto e correttamente utilizzato, potrebbe fornire elementi di crescita culturale e turistica da tradurre in incrementi occupazionali, specialmente in campo giovanile e qualificato.

La presenza e il ruolo della UIL Territoriale

Al cospetto di questa situazione di crisi generale la UIL nel nostro territorio si muove con un duplice obiettivo:

-Portare nel dialogo sociale un contributo di ragionevolezza e di buon senso, tentando tutte le vie del negoziato e dell’intesa prima di arrivare alla protesta e allo sciopero generale. In questo senso ci preme sottolineare che siamo sempre pronti ad una azione unitaria con le organizzazioni imprenditoriali, con le associazioni professionali e con gli enti locali territoriali, ma precisando che gli interessi del mondo del lavoro non sono interamente conciliabili con quelli rappresentati da tali organismi.

-Qualificare sempre più la propria presenza nei servizi al cittadino, con una attività capillare, professionale e gratuita in ogni comune, a dispetto del tentativo nazionale di destabilizzare CAF e Patronato, a difesa dei quali abbiamo dato vita a manifestazioni pubbliche e raccolta di firme.

Questo 2014 che finisce ha visto la UIL di Siracusa, Ragusa e Gela costituire la UIL Territoriale, con lo scopo di mettere in piedi nella Sicilia Sud Orientale un’organizzazione più efficace, che sia in grado di avanzare proposte più vaste e coinvolgenti alla massa dei problemi comuni aperti nei rispettivi territori.

La prima parte dell’anno è passata attraverso i congressi delle varie categorie, per sfociare poi alla fine di maggio nel congresso di sciogliemento delle Camere Sindacali Provinciali e di costituzione della UIL Territoriale, della quale sono stato eletto segretario generale.

Siamo poi andati al congresso regionale e al congresso nazionale della nostra organizzazione, nel corso del quale il compagno Carmelo Barbagallo è diventato segretario generale. Non è la prima volta che un siciliano diventa il leader della UIL, perché dai tempi della nostra fondazione e per due decenni il compagno Italo Viglianesi, di Caltagirone, rivestì lo stesso incarico, per poi diventare senatore socialista e ministro. Quelli furono anni di crescita e pensiamo che gli anni a venire lo possano essere ancora, se riusciamo a vincere la nostra battaglia sociale.

Grandi impegni ci aspettano per il 2015, tanto più grandi quanto più gravi sono le condizioni del nostro Paese e del mondo del lavoro in particolare. Bisogna mettersi all’opera senza perdere un minuto, utilizzando tutto il nostro patrimonio di di cultura e di maturazione politico-sindacale, di impegno organizzativo e di tradizione riformistica.

Il 30 dicembre ad Augusta abbiamo ricordato la figura di Giacomo Matteotti, nel Novantesimo Anniversario del suo sacrificio, in sintonia con la decisione della UIL nazionale di dedicargli la tessera del 2014. Matteotti fu un grande riformista, come riformisti erano i dirigenti del sindacato unitario che allora si chiamava CGL, Confederazione Generale del lavoro. Quando nel 1950 nacque la UIL, venne riconosciuto come uno dei suoi precursori Bruno Buozzi, il sindacalista socialista riformista uccciso dai nazisti pochi anni prima. Buozzi era vissuto in esilio accanto al padre del riformismo italiano Filippo Turati, esule a Parigi. Uno dei figli di Matteotti, Matteo, lo ritroviamo fra i padri fondatori della UIL.

Ci siamo sempre mossi e ci muoveremo lungo la linea del riformismo, quello autentico e non quello falso del quale oggi tutti si ammantano.

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