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I pescatori siciliani in profonda crisi

I pescatori siracusani sono in profonda crisi, così come l’intero comparto della pesca in Sicilia è al collasso. Nell’Isola la flotta dei pescherecci è dimezzata; quasi venti mila posti di lavoro perduti negli ultimi anni. Una competizione spietata con gli altri Paesi, mentre sulle tavole delle famiglie i surgelati battono il pesce fresco, così i più consumati nell’Isola sono i bastoncini panati e tutto il resto ma rigorosamente super congelati, e il pesce fresco è un ricordo lontano.

Niente più polipetti e triglie di scoglio fresche, spigole, orate, saraghi e tutto il resto. Quello della crisi volontaria della pesca da parte del governo, è l’ultimo paradosso in un comparto economico vitale per la Sicilia, che vive una crisi profonda e che coinvolge oltre trenta mila famiglie, ma anche gli interessi dei consumatori e il futuro della fauna del mare Mediterraneo. Dal 2000 a oggi i pescherecci siciliani si sono ridotti da 4500 a 2800 e a sparire sono stati soprattutto quelli di maggiore stazza e potenza.

Delle oltre ventidue barche industriali per la pesca e il trattamento del tonno rosso in alto mare ne sono rimaste appena tre. Nell’intera filiera ittica siciliana i lavoratori sono trenta mila; diecimila di questi sono pescatori. Negli ultimi quindici anni però si sono persi sedici mila posti di lavoro e il pescato in dieci anni si è ridotto del 40 per cento, dalle 103 mila tonnellate del 2005 alle sessantadue mila del 2014.

Di contro sono aumentate le importazioni del pesce lavorato dalle circa 350 aziende di trasformazione e commercializzazione che hanno un fatturato di circa 400 milioni di euro. Da parte della politica non è stato mai affrontato seriamente il problema di una pesca sostenibile e ad alta tecnologia. Con alcuni degli attuali sistemi di pesca sono ributtati in mare mediamente il 60 per cento del pescato, uno spreco e un danno enorme. Se poi si deve aggiungere il costo per le attrezzature imposte a bordo delle barche, allora il conto è bello che fatto: meglio chiudere bottega e cambiare mestiere. Ma il problema è, dicono i pescatori, dove andiamo a lavorare?

Una categoria quella dei pescatori che da anni è abbandonata, sfruttata e lasciata sola in mezzo al mare e in balia delle pattuglie libiche e degli altri pirati del Magreb, che sono autorizzati dagli Stati d’appartenenza a sequestrare e a sparare sui nostri pescherecci, di contro i nostri governanti affrontano i sequestri delle barche da pesca e le pallottole con le chiacchiere della lunga diplomazia. È la politica. Ma I pescatori ribattono. E noi cosa diamo da mangiare ai nostri figli?

Concetto Alota

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