Progetto comune vota no al referendum costituzionale
Domani, 2 dicembre, raduno dei dirigenti e degli attivisti dei movimenti aderenti a “Progetto comune”, per spiegare alla cittadinanza le ragioni del no al referendum costituzionale. Edy Bandiera di Forza Italia, Aldo Ganci di Azione nazionale, Gaetano Penna di Evoluzione civica, Giovanni Magro di Federazione popolare e Giuseppe Giganti di Italiani in movimento si ritroveranno alle 16, nello spazio antistante il campo scuola “Pippo Di Natale”, da dove si muoveranno per le vie del centro cittadino: da corso a Gelone a Ortigia, “facendo visita” ai commercianti e incontrando cittadini e residenti.
“Un’iniziativa utile – chiariscono i componenti di “Progetto comune” – di chi, come noi, considera questa una fondamentale battaglia a difesa della democrazia, delle competenze e delle prerogative dei territori e della nostra carta costituzionale. Una manifestazione nel territorio che, ancora una volta, ci porta nelle strade, tra la gente, per chiarire ulteriormente, semmai ce ne fosse il bisogno, le ragioni del no e per convincere gli indecisi ad andare a votare, e a votare no”.
No perché si cancella in radice la separazione dei poteri: il liberalismo nasce con l’esigenza di “limitare il sovrano” separando il potere esecutivo dagli altri poteri dello Stato, legislativo e giudiziario.
No perché il popolo sovrano viene spodestato: viene meno la nostra libertà di decidere, la Costituzione cessa di essere strumento di garanzia dei cittadini per diventare uno strumento di governo, di cui chi è al potere si serve finché è utile e mette da parte quando non serve più.
No perché i governi non sono espressione di tutta la politica ma solo d’una parte: quindi devono sottostare alla Costituzione, non sovrastarla, come intendono fare i nostri riformatori.
No perché nelle Regioni a statuto speciale i consiglieri regionali e i sindaci non possono essere eletti senatori; bisogna modificare lo Statuto con una legge costituzionale.
No perché sono più importanti coloro che operano nelle istituzioni che le istituzioni stesse: istituzioni imperfette possono funzionare efficacemente se in mano a una classe politica degna e consapevole del compito di governo che le è stato affidato, mentre la più perfetta delle Costituzioni non può funzionare in mano a una classe politica incapace, corrotta e inadeguata.
No perché riformare la Costituzione non è solo una questione tecnica: ciò che si sta realizzando per l’effetto congiunto della legge elettorale e della riforma costituzionale è l’umiliazione del Parlamento elettivo davanti all’esecutivo.
No perché i “tecnici” hanno prodotto un pasticcio, difatti, la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (sì il Senato rimane, il bicameralismo anche), per le leggi di revisione della Costituzione e per le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Ue. Tutto ciò determinerà l’accentramento a favore dello Stato a danno delle Regioni e, nello Stato, a favore dell’esecutivo, a danno dei cittadini e della loro rappresentanza parlamentare.
No perché con la modifica del titolo quinto, competenze e prerogative dei territori, vengono centralizzati. Tutto ciò va contro il principio di sussidiarietà, sancito dalla nostra Costituzione, ed la negazione delle politiche, in tema di devoluzione di poteri, attuate, promosse e volute da cittadini e territori, in questi anni.