Protesti cambiari: condannati due cancellieri del Tribunale
Si è concluso ieri sera con la condanna di due cancellieri del tribunale, il troncone principale del processo scaturito da un’inchiesta della Procura di Siracusa, culminata il 10 gennaio 2011 con il coinvolgimento, a vario titolo, di otto persone.
Il tribunale penale di Siracusa ha emesso sentenza di condanna a 6 anni di reclusione a carico del rosolinese Giuseppe Lorefice, all’epoca dei fatti in servizio presso l’ufficio volontaria giurisdizione del tribunale di Siracusa, mentre ha inflitto 4 anni e mezzo di reclusione nei confronti di Giovanni Battista Comparone, già ufficiale giudiziario in servizio presso il tribunale aretuseo. I giudici hanno accolto appieno la tesi sostenuta dal pubblico ministero Antonio Nicastro, che aveva dettato la propria requisitoria all’udienza del luglio scorso.
L’inchiesta giudiziaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Siracusa, è stata eseguita dai poliziotti della sezione di polizia giudiziaria della Procura coadiuvati dagli agenti della Digos. Ruotava attorno a una serie di decreti di riabilitazione emessi dal tribunale di Siracusa utilizzando come motivazione illegittimità o erroneità della levata di protesto, in assenza dei presupposti di legge e in assenza della documentazione giustificativa o in favore di soggetti non residenti nel circondario di competenza. In buona sostanza, l’obiettivo delle persone coinvolte nell’inchiesta era quello di ottenere la cancellazione di alcuni nominativi dal registro informatico dei protesti della Camera di Commercio, in qualche circostanza emettendo delle fasulle ricevute liberatorie relative all’avvenuto pagamento degli effetti protestati. Le operazioni erano eseguite anche sulla pressione esercitata dai due responsabili della Atucec, associazione tutela utenti del reddito e consumo, la cui posizione è stata stralciata perché processati nel novembre 1012 con il rito abbreviato insieme con il funzionario della camera di commercio di Siracusa anch’egli condannato per questi fatti. Secondo quanto sostenuto dal rappresentante della pubblica accusa anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale, Lorefice si sarebbe anche appropriato della somma di 200 mila euro, derivante dal denaro consegnato dalle parti per l’acquisto delle marche relative al contributo unificato da apporre sui singoli procedimenti.
Gli investigatori hanno operato tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, stringendo il cerchio attorno ai due cancellieri del tribunale, il funzionario dell’ente camerale e ad altri tre dipendenti che poi hanno dimostrato la loro estraneità ai fatti oggetto della contestazione.