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Siracusa: la bomba carta al bar Viola e la possibile ripresa delle estorsioni

L’attentato contro il bar Viola a Siracusa con una bomba carta fatta esplodere nella notte nel centro storico di Ortigia, riapre una nuova fase sull’attività della criminalità organizzata nella città di Archimede, considerata da sempre relativamente tranquilla. La procura ha aperto le indagini che sono coordinate dal sostituto procuratore Donata Costa. Ma insiste un muro di gomma. La criminalità organizzata è stata colpita, così come molti dei comuni cittadini dalla crisi economica in corso a causa del Covid. E per questo innalza la difesa dell’omertà, con poche speranza per la verità.

Decine di persone si sono date appuntamento questa mattina in corso Matteotti, nella foto, davanti al bar Viola. Hanno voluto dimostrare vicinanza e massima solidarietà al titolare dello storico esercizio commerciale di Ortigia, vittima di un’intimidazione. E questo è un segno di civiltà compiuta, mentre nel passato insisteva il vile silenzio, oggi si protesta mettendoci la faccia.

L’estorsione messa in atto dalla criminalità organizzata, è quella che assume una rilievo massimo sulla società civile, poiché include un proprio significato: evoca l’esigenza della protezione da parte dello Stato, ma nel contempo rende manifesta la forza di intimidazione che riesce ad incutere sul territorio colpito, creando panico e disintegrando il valori della vita, come l’onore, l’onestà e la pace sociale conquistata con anni di duro lavoro e tanti sacrifici.

Nell’ultimo rapporto della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento, per il territorio siracusano si fa riferimento ad una “criminalità comune aggressiva”. Specie per la disponibilità di armi e droga, oltre al rinvenimento di pistole detenute da un pregiudicato affiliato al clan Bottaro-Attanasio. Si segnalano altri ritrovamenti di armi, nella disponibilità di soggetti apparentemente non collegati ad organizzazioni mafiose, ma comunque espressione di una criminalità comune aggressiva in crescita. È quanto riporta la Relazione della Dia al Parlamento del secondo trimestre del 2019 (l’ultimo in ordine di tempo), riguardo al possesso e al possibile uso di armi da parte della criminalità organizzata nella provincia di Siracusa. Da ciò alla richiesta del pizzo è breve, specie in un momento di crisi economica e con allo sfondo anche quella sociale.

Già nel passato la provincia di Siracusa da zona tranquilla, considerata addirittura “babba”, è passata a pericolosa alla pari con le altre zone ad alto rischio mafioso della Sicilia. E questo, malgrado la continua e costante lotta anticrimine di polizia, carabinieri e guardia di finanza con arresti e sequestri di droga e armi, compreso gli ultimi blitz contro i clan e i gruppi malavitosi siracusani, eseguito dalle forze di polizia e coordinate dalla Dda di Catania. Operazione che ha fatto scattare l’esecuzione di una serie di provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti accusati a vario titolo dei reati di associazione a delinquere. Traffico di droga, e la ripresa delle estorsioni, porto e detenzione illegale di armi, insieme ai continui fatti di cronaca nera e giudiziaria che ogni giorno ci deliziano con arresti, blitz per traffico di droga, furti, estorsioni e tanti altri reati contro la legalità che allarma la popolazione.

E mentre l’analisi di come i fenomeni di criminalità organizzata si sono evoluti nel quadro delittuoso fortemente anche nel territorio siracusano, l’attuale rapporto di forza stenta a conformarsi per vivere nella speranza che si possa trattare di una fugace condizione concomitante e non di una radicalizzazione del malaffare così come appare chiaramente da qualche tempo. Si scopre all’improvviso la ripresa dell’attività delittuosa e la conferma che i vecchi clan e i gruppi indipendenti malavitosi si sono riorganizzati. Operosità che si può definire “sommersa” o “invisibile”; non fosse altro perché non ci sono notizie certe su tutte le altre attività svolte dagli uomini dei clan e dei gruppi autonomi che si sono riorganizzati. Oggi ci sono i giovanissimi aspiranti mafiosi che studiano la storia della mafia e comportamenti che emulano Gomorra. Manovali e gregari selezionati con cura specie nel traffico della droga in grande stile e oltre ogni immaginazione in una sorta di controllo del territorio.

La ripresa dell’approccio tradizionale dei vecchi clan mafiosi e dei nuovi gruppi indipendenti con la società liquida e l’economia sommersa, segnala che sta cambiando qualcosa, in cui il fenomeno delle estorsioni a tappeto appare in forte ripresa. La qualità organizzativa della malavita siracusana è oggi strutturata e ben organizzata; le tecnologie sono in uso continuo e diffuso: videocamere, radiotrasmittenti, vedette e sistemi nuovi di trasporto nello spaccio della droga. In odore di mafia, si trovano anche tante tracce all’interno della pubblica amministrazione. Uomini delle istituzioni entrati in connubio con pezzi della malavita organizzata. Positivo il fatto che le forze dell’ordine sono in piene attività in maniera perpetua, simile ad una catena di montaggio, con inchieste che si chiudono e si aprono in continuazione a pieno ritmo, con arresti, sequestro di droga e armi, ma ora insiste già il fenomeno delle estorsioni, un reato sociale molto grave, perché impegna l’intera collettività.

Concetto Alota

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