Sistema Siracusa, Calafiore per la terza volta davanti alla Corte Cassazione
Per la terza volta approda davanti alla corte di Cassazione il ricorso contro il patteggiamento disposto dal Gup del tribunale di Messina nei confronti dell’avvocato Giuseppe Calafiore, nell’ambito della complessa inchiesta su “Sistema Siracusa”. Com’è noto, il 28 maggio il gup del tribunale peloritano, Ornella Pastore, ha applicato a Calafiore la pena di dieci mesi e quattro giorni di reclusione in continuazione con il precedente patteggiamento davanti al Gup del tribunale di Roma, e l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni. Complessivamente, quindi, Calafiore è stato condannato a tre anni, sette mesi e quattro giorni per associazione per delinquere, corruzione del pubblico ministero e di periti e consulenti tecnici, svariate ipotesi di falso. Il giudice l’ha condannato anche alla confisca dei beni, due immobili e una somma in denaro, come concordato con i pubblici ministeri Federica Rende, Antonella Fradà e Antonio Carchietti, da destinare al risarcimento dei danni a favore del comune di Siracusa, del consiglio dell’Ordine degli avvocati, del magistrato Marco Bisogni e del civilista Nicolò D’Alessandro.
Nel mese di giugno, però, la Procura Generale di Messina ha proposto ricorso per Cassazione ritenendo la sentenza del Gup Pastore “esattamente identica a quella dichiarata illegittima”. Si torna, quindi, davanti alla Suprema corte per l’udienza fissata per il 10 febbraio.
Il patteggiamento di Calafiore continua ad essere molto travagliagto. Dopo che diversi giudici sono stati dichiarati incompatibili, nel novembre 2020 il gup del tribunale di Messina, Fabio Pagana, aveva applicato la pena di undici mesi di reclusione, in continuazione con la condanna a due anni e nove mesi inflitta nel febbraio del 2019 dal Gup del Tribunale di Roma. Nel maggio dello scorso anno, però, la corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale di Messina, ha annullato quel patteggiamento. Erano stati il procuratore generale Vincenzo Barbaro, e il sostituto Felice Lima, a ricorrere avverso la sentenza di patteggiamento per “l’inadeguatezza della pena”.