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Società. I falsi profeti paladini dell’antimafia nella Sicilia dei Gattopardi

I falsi profeti e paladini dell’antimafia fanno coppia con la scomparsa degli alti valori della vita. Ma per favore non chiamateli “paladini” senza prima aver scoperchiato i loro succulenti “piatti” pronti. Sfogliando il “libro” sul sistema denominato “Montante”, con oltre 2500 pagine di narrazioni, intercettazioni, accuse, smentite, connubi, corruzione, falso in atti pubblici, nomi e soprattutto tradimenti di tanti uomini delle istituzioni, ci sono tutti gli ingredienti dell’Italia inquinata.

Si combina la naturale tendenza a sostituirsi alla legge dello stato democratico, con l’azione violenta e il prestigio personale criminale, organizzandosi in mandamenti, squadre, decine, clan e via dicendo, o anche con la possibilità di essere partiti e movimenti politici mischiando, come nel caso, buoni e cattivi per confondere le idee alla pubblica opinione. Ecco allora la logica: con i mezzi disponibili si possono raggiungono gli scopi desiderati, quasi sempre attraverso i colletti bianchi, ma prosseneta e mercenari non possono mancare per ovvi motivi.

Su tutta la delicata materia, da parte delle istituzioni, dopo la ricerca sul campo e nel clima generale, sono stati ravvisati profili di rischio elevatissimi per la nostra giù malata democrazia; diventa una sfida nel momento in cui uomini eletti dalla volontà popolare nella maniera inversa diventano, mafiosi.

La magistratura a volte non ha reagito nei termini politici in cui la risposta è il campo naturale, avvolgendo e trattando caso per caso, come se non fosse una diffusione del fenomeno a livello generalizzato ma bensì isolato. Per fortuna non tutta la politica è lì a reggere questo sinistro gioco. Si trova una buona maggioranza dei politici nel fronte diametralmente opposto; quindi non tutta la politica è corrotta, ma il condizionamento dell’appartenenza alla “casta” è ancora forte.

“La caduta dei miti”. Inizia così una lettera indirizzata all’onorevole Giuseppe Gennuso, detto Pippo da un personaggio conosciuto sui Social che lo stima senza alcun interesse, ma solo, a suo dire, per la sua intraprendenza imprenditoriale e discrezionalità politica. Infatti, Gennuso è un personaggio chiacchierato, ma anche fortemente contrastato e attaccato da più fronti proprio per la sua iperattività a ventaglio; ed ecco che entra il gioco della regola appioppata ai Siciliani da Scipio di Castro, poeta e scrittore italiano, citato da Leonardo Sciascia nei suoi libri, Sicilia e sicilitudine, La corda pazza, Scrittori e cose della Sicilia, ha scritto durante la sua esistenza, tra l’altro, dal 1521 al 1588, che: “i siciliani generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono farebbero se fossero al posto dei governanti. D’altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei, si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono di incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt’altro modo”.

Nello stemma di famiglia dei principi di Lampedusa, rappresentato dal Felis leptailurus serval, una belva felina diffusa nelle coste settentrionali dell’Africa, di fronte a Lampedusa, nelle parole dell’autore l’animale ha un significato positivo: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”.

 “Immaginati – continua la nota indirizzata a Gennuso – di assistere ad una partita a briscola fuori alla contesa avendo la possibilità di vedere le carte che i giocatori hanno in mano. Per capire cosa ti sia successo devi circonciderti la ragione è passare per chi non capisca. Devi tenere presente la tempistica è il momento storico per quello che ti è successo è chi c’era dietro. Vieni eletto con un numero di preferenze che sono un premio per il tuo duro lavoro, risultato elettorale che ha messo paura a chi ha preso una “sonora batosta” elettorale, tu da solo surclassi i perdenti in zona se pur il M5S spinti a livello mediatico sembrava che avessero vinto a mani basse”.

“Riguardo al momento storico, mi riferisco a chi ti ha tramato l’imboscata. Tutto è riconducibile a (…) nella fase costruttiva delle accuse, è una sua metodologia classica… ”.  

“Perché attaccarti? Perché sei un uomo senza padroni, lo hai dimostrato con il tuo annuncio di collocazione all’interno dell’Ars, secondo me un segnale fortissimo che hai saputo dare, perché uomo libero”.

“Sul territorio chi è l’uomo di… ? Lui è l’artefice dell’attacco contro di te. L’attacco da te subito è stato preventivo per prepararsi il terreno alla batosta di marzo che loro prevedevano, a…  interessava mantenere certi numeri, rendere meno pesante la sconfitta già preventivata erodendo l’esiguo numero di voti, dimostrando che lui fosse in Sicilia il punto di riferimento del… e non altri. Non c’è bisogno che te lo dica… = mafia.”

“Giuseppe, abbi fede, i siciliani si sono svegliati e finalmente hanno capito di stare di fronte a dei ciarlatani è millantatori, è adesso che la Sicilia ha bisogno di uomini come te. Quello che stai facendo è cosa buona è giusta. Siamo uomini è donne che non ci siamo fatti corrompere dallo sterco del demonio. Continua così, i siciliani onesti stanno con te. Trent’anni dopo l’impostura è drammaticamente confermata dalla “caduta dei miti”, come la definisce l’ex presidente dell’Antimafia Francesco Forgione nel suo libro “I tragediatori”.

“Quante belle parole leggo, che dichiarazioni commoventi quelle fatte niente poco di meno che al Vatican news…. in risposta al messaggio del Papa sulle comunicazioni sociali, peccato che la realtà sia sempre diversa, l’opposta… .”

“Si è vero il giornalismo dovrebbe essere scomodo, peccato che un certo tipo di giornalismo non lo sia affatto. Quando la regola è attaccare il nemico e non parlare dell’amico, non solo si scredita la professione ma il tutto diventa anche scorretto. Ma siamo in Italia e qui chi scrive solo su determinati fatti e persone e per altre tace, chi pubblica foto di minori o peggio foto segnaletiche, chi scrive affermando tesi e accuse già smentite dai tribunali con specifiche sentenze. Chi fa processi sui social e sempre sul web condanna la gente, viene premiato e pluridecorato. Eppure nessun richiamo… solo elogi, medaglie titoli onorificenze… perché “nel paese delle meraviglie” che non è quello di Alice ma, il nostro, tutto accade e tutto può accadere. Questo è il paese dove gli esposti si perdono dentro i palazzi di giustizia, schede elettorali comprese. Questo è il paese della doppia vergogna… ma c’è ancora chi parla a ruota libera. Questo è ciò che bisogna dire…. le belle e finte parole lasciamole al vento”.

Ma chi sono i professionisti dell’anti-antimafia? Sono quelli che per mestiere attaccano sistematicamente gli avversari, e quando serve anche la povera gente facendo diventare tutto mafia per apparire sui media; sono quelli che stanno sempre dalla parte dei politici amici accusati di collusione, anche dopo la sempre invocata “condanna definitiva”. Sono spacciatori di garantismo per l’uso personale di amici e amici degli amici. Sono quelli che fanno paginoni sugli anti-mafiosi caduti in disgrazia o sulle polemiche giudiziarie, ma mai che gli scappi mezza riga sulle vittime della mafie, o i piccoli commercianti taglieggiati, gli imprenditori usurati, i contribuenti saccheggiati quando gli appalti e i finanziamenti pubblici finiscono alle aziende dei boss con la complicità di una vasta “area grigia”.

“Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche e cambiare, c’è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Giovanni Falcone.

Concetto Alota

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