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Storia: “Cosa Nostra” nel mondo e sviluppo della quarta mafia

Il 12 ottobre 1957 i capi delle «famiglie » di «Cosa Nostra » provenienti dagli Stati Uniti si incontrano a Palermo nel lussuoso e centralissimo Hotel delle Palme con i capi della mafia siciliana. Al primo summit del 12 mattina partecipano: Bonanno Giuseppe (Joe Bananas) capo dell’omonima famiglia di New York, i suoi due vicecapi Camillo Galante e Giovanni Bonventre, il suo consigliere Francesco Garofalo (Frank Carrol); Joseph Palermo della famiglia Lucchese di New York; Santo ‘Sorge esponente del Sindacato di Cosa Nostra ed incaricato dei rapporti con la mafia siciliana; Di Vitale Vito e Di Bella John (John Di Bellis) della famiglia Genovese; Vitale Vito della famiglia di John Priziola di Detroit; Lucky Luciano (Salvatore Lucania) in Italia dal 1948; Giuseppe Genco Russo, capo della mafia siciliana, e Gaspare Magaddino, capo della mafia di Castellammare del Golfo, legato all’omonima « famiglia » di Buffalo. Le riunioni proseguono nel pomeriggio del 12 ottobre e continuano fino alla mattina del 16 dello stesso mese. Gli argomenti trattati negli incontri di Palermo sono stati meticolosamente studiati dall’organizzazione mafiosa americana che ne ha fatto oggetto di un vertice proprio svoltosi all’albergo Arlington di Binghamton (New York) dal 17 al 19 ottobre 1956, per poi trame le conclusioni nella riunione del 14 novembre 1957 nella villa di Joseph Barbara ad Apalachin (New York) dove si ritrovano i reduci del vertice palermitano. Anche l’oggetto degli argomenti discussi è abbastanza noto. Si trattava di approntare nuovi mezzi e nuove difese per i traffici illeciti ed in particolare per quello dei narcotici e di regolare alcune questioni interne al sindacato statunitense come l’assassinio di Albert Anastasia avvenuto subito dopo il summit palermitano, il 25 ottobre 1957, e la successione nella direzione della sua « famiglia ». La regolamentazione del traffico degli stupefacenti e di rutta l’attività criminosa ad esso collegata nasceva da due esigenze: una interna all’organizzazione di « Cosa Nostra », in dipendenza dell’approvazione nel 1956 della legge Narcotic Control Act di Daniel Boggs, e l’altra esterna, derivante dalla necessità di stabilire un migliore coordinamento con l’organizzazione mafiosa siciliana e dalla determinazione dei compiti ad essa affidati.

L’esplosione intorno agli anni ’50 del crimine organizzato trovò gli Stati Uniti d’America impreparati ad affrontare, con adeguate misure legislative, la potente organizzazione mafiosa che, con un apparato rigorosamente controllato ed organizzato e con la disponibilità di ingenti profitti derivanti dalle molteplici attività delittuose, sfidava con protervia e arroganza, grazie anche a vecchie compiacenze che coltivava con certi settori del potere politico, la reazione della opinione pubblica e idei poteri dello Stato. Nel rapporto della Sottocommissione governativa di inchiesta .sul traffico degli stupefacenti che prende il nome del suo estensore Mr McClellan, sono elencate le attività alle quali è interessata l’organizzazione mafiosa e « per le quali esistono testimonianze specifiche: furti con scasso, usure, attività nell’industria dell’abbigliamento, scommesse sui cavalli, impianti e proprietà di jukebox.es, manomissione di bigliardini, acquisto e vendite illegali durante la guerra di tagliandi-buoni OPA, politica del racket (sfruttamenti vari di imprese legittime), allibramento, proprietà e conduzione di ristoranti, compartecipazioni e gestione di casinò di giochi d’azzardo a Cuba, traffico degli stupefacenti » ‘(pag. 31 ed ciclostilata). Comparendo come testimone davanti, la Commissione d’inchiesta, il ministro della Giustizia Robert F. Kennedy dichiarò che « nelle mani dell’organizzazione del crimine si accentra un reddito annuo di bilioni di dollari, che provengono dalla ‘Sofferenza umana e dalla corruzione morale ». Grazie all’impulso delle Commissioni d’inchiesta del Senato ed agli strumenti di indagine di cui esse potevano disporre, ed in primo luogo dell’indagine pubblica trasmessa per televisione in tutto il Paese, il Congresso USA nel 1956 approvava il ricordato Narcotie Control Act. Veniva così aggiornata la legislazione del Harrison Narcotie Act del 1914 e il Boggs Act del 1951 con la previsione di pene molto severe per gli spacciatori di stupefacenti — da 5 a 20 anni di reclusione per l’importazione nel territorio degli Stati Uniti e da 10 anni all’ergastolo per lo spaccio — e con una coraggiosa iniziativa innovatrice veniva introdotto un nuovo istituto, «conosciuto alla legislazione anglo-sassone, la conspiracy (paragonabile al reato di associazione a delinquere prevista dal nostro ordinamento), grazie al quale si potevano colpire i trafficanti ai livelli più elevati. « Negli ultimi anni — scrive Me Clellan nel suo rapporto — un considerevole numero di capi di ‘ Cosa Nostra ‘ sono istati incriminati perché coinvolti nel traffico degli stupefacenti »… Molte di queste condanne furono fatte in seguito all’approvazione del Narcotie Control Act del 1956. La legislazione messa in vigore, come risultato delle udienze del Congresso sul problema dei narcotici, ha dato prova di essere un valido e potente strumento di legge che fin dalla sua entrata in vigore si è dimostrato una delle forze più efficaci nella lotta contro i capi della malavita, implicati a fondo nel traffico alla droga. I nuovi strumenti legislativi, ma soprattutto l’implacabile denuncia davanti all’opinione pubblica del Paese produssero altri importanti effetti nella lotta contro il crimine organizzato negli USA che aveva il suo epicentro nel traffico della droga. Le udienze delle inchieste parlamentari sul crimine e su « Cosa Nostra » trasmesse per televisione, con un enorme successo presso l’opinione pubblica, sconvolsero il vecchio mondo della mafia, chiusa da sempre nella cospirazione quasi Carbonara, con i capi isolati da ogni clamore ed indiscrezione. Dati quotidianamente in pasto alla opinione pubblica del Paese, i grandi boss della malavita perdevano quell’alone di mistero e di fascino che li circondava, neppure attenuato dall’efferatezza dei loro crimini.

Si rivelavano quali effettivamente erano: uomini spietati e prepotenti, cinici e pavidi ad un tempo, criminali che osavano costantemente richiamarsi alle garanzie costituzionali, previste per tutti i cittadini, pur di non parlare, di non essere trascinati e travolti dall’onda delle domande e delle contestazioni, mentre per anni erano stati i violatori di ogni regola di civile convivenza. Scrisse Gay Talese, giornalista del « New York Times », nel suo libro « Onora il Padre » che il boss più alto della scala gerarchica mafiosa avrebbe preferito scontare anni di reclusione pur di non apparire davanti alle telecamere nelle udienze delle Commissioni di inchiesta. Un importante effetto di questa lotta al crimine fu quello di fare ritirare l’organizzazione mafiosa dallo spaccio degli stupefacenti, per dedicarsi solo alle grandi operazioni finanziarie del traffico. Nel corso delle indagini condotte dal Sottocomitato per il traffico degli stupefacenti della nostra Commissione parlamentare di inchiesta è stato tra l’altro acquisito, attraverso uno studio attento condotto negli USA dal direttore de « II Giornale di Sicilia » di Palermo, dottor Ciuni, che il ritiro dell’organizzazione di « Cosa Nostra » dallo spaccio della droga e il suo passaggio nelle mani della malavita portoricana o negra ha avuto un duplice effetto, quello positivo di colpire più facilmente il trafficante non più coperto dal grande manto prospettivo della mafia.

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A cura di Concetto Alota

II parte – continua

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