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Un siracusano rapito in Libia

MELLITAH LIBIA. Quattro italiani rapiti nella zona di Mellitah vicino Tripoli. Sarebbero quattro tecnici dipendenti della Bonatti di Parma i sequestrati in Libia – Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla – due sarebbero residenti in Sicilia, a Enna e Siracusa, uno nella provincia di Roma ed uno nella provincia di Cagliari. Le famiglie sono state avvisate nella serata di ieri del rapimento.Tra i rapiti ci sarebbe un siracusano, Salvatore Failla 47 anni di Carlentini, un tecnico di lunga esperienza nel campo della saldatura “controllata” e molto conosciuto negli ambienti delle aziende del Polo petrolchimico di Priolo, mentre Salvatore Calcagno 64 anni è di Piazza Armerina Enna. Tutti dipendenti della Bonatti di Parma, sarebbero finiti nella mani di un gruppo vicino alle milizie tribali. La Farnesina si è subito attivata, insieme all’intelligence italiano; al momento diventa difficile fare delle ipotesi, ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Ma a più di un mese dal rilascio di Ignazio Scaravilli, il medico catanese sequestrato a luglio, in Italia ritorna l’ansia per altri quattro italiani. La stessa impresa Bonatti ha informato immeditatamente dopo i fatti e confermato che quattro propri dipendenti in Libia erano stati rapiti in circostanze ancora tutte da chiarire.

Secondo una ricostruzione sommaria, i quattro tecnici sarebbero stati prelevati mentre rientravano dalla Tunisia nella zona di Mellitah, a 60 km di Tripoli, nei pressi del compound della Mellitah Oil Gas Company, il principale socio dell’Eni. Secondo fonti militari citate da al Jazeera, i responsabili potrebbero essere miliziani armati vicini a Jeish al Qabali, l’Esercito delle tribù, ostili a Fajr Libya, la fazione islamista che ha imposto un governo parallelo a Tripoli che si oppone a quello di Tobruk, l’unico riconosciuto a livello internazionale. Le stesse autorità di Tobruk, dopo una riunione sulla vicenda, hanno reso noto di “ignorare al momento quale gruppo ci sia dietro”, e hanno condannato il sequestro come “lontano dall’etica dei libici”.

Il ministro degli Esteri Gentiloni, ha spiegato che “è difficile dopo poche ore capire natura e responsabili”, e comunque si tratta una “zona in cui ci sono dei precedenti” e quindi bisogna “concentrarsi sul terreno per reperire informazioni”. Secondo Gentiloni, in ogni caso, il rapimento non rappresenta una ritorsione contro l’Italia per il suo appoggio in sede Onu al governo in fase di formazione. Nel frattempo, la procura di Roma ha aperto un fascicolo per sequestro di persona a scopo di terrorismo. Di certo, nel caos libico che imperversa dalla caduta di Gheddafi, nel 2011, il rapimento di stranieri a scopo di estorsione è diventato sempre più frequente, ad opera di criminali comuni ma anche di milizie locali che vogliono finanziare la propria guerra contro la miriade di fazioni rivali, che si contendono il controllo del Paese, ricco di risorse energetiche. Una situazione resa ancora più incandescente dall’avanzata dell’Isis, che tra l’altro ha rapito tre cristiani copti nei pressi di Sirte, città-snodo petrolifero nelle mani dei jihadisti.

A Parma, città dove ha sede la Bonatti, si vive con il fiato sospeso, anche se nessuno dei quattro è residente nella cittadina romagnola. Il sindaco Federico Pizzarotti ha scritto un messaggio di vicinanza alle famiglie dei rapiti, auspicando che il governo faccia tutto il possibile per liberarli. Analogo appello si è alzato da tutte le parti politiche nazionali. Il Movimento 5 Stelle, ha chiesto al governo di riferire sulla sicurezza degli italiani alle dipendenze dell’Eni. Dalla Farnesina si ricorda di avere ampiamente sconsigliato agli italiani di restare in Libia già da febbraio, mese in cui l’ambasciata a Tripoli aveva sospeso temporaneamente le proprie attività, e di avere proceduto all’evacuazione di tutti i connazionali che avevano richiesto il rientro in Italia.

 

 

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