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Mafia ad Avola, ventuno condanne definitive

E’ divenuta definitiva la condanna a carico di ventuno imputati, coinvolti nell’operazione “Nemesi” per mafia, estorsioni, droga e bische clandestine, portata a termine il primo luglio 2008 dalla polizia ad Avola. La Corte di Cassazione ha soltanto rinviato ad altra sezione della Corte d’Assise d’Appello la posizione del presunto boss di Avola, Michele Crapula, per rideterminare la condanna a 22 anni, inflitta in secondo grado, tenuto conto che vi è una richiesta di assoluzione per ne bis in idem relativamente all’estorsione ai danni della Meridiana, la società che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti. La Corte Suprema ha, invece, annullato la condanna a 7 anni nei confronti di Massimo Liggeri. Per l’avolese, assistito dall’avvocato Franca Auteri, è stata disposta la remissione in libertà, mentre ha emesso sentenza di non luogo a procedere per morte del reo nei confronti di Antonino Di Rosa Zagarella.

Per il resto, la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di tutti gli altri imputati alla sbarra, ritenendoli inammissibili, confermando, quindi, le condanne riportate in appello: 11 anni e mezzo di reclusione per Francesco Alota, in arte “Profeta Francois”; 9 anni per il netino Angelo Monaco; 8 anni sono stati inflitti nei confronti di Sebastiano Catania; 7 anni e mezzo di reclusione per Antonino Carbè; 6 anni per Biagio Sesta; 6 anni e 4 mesi per l’unica donna coinvolta nell’operazione, Carmela Quadarella; 3 anni e mezzo la condanna per Gaetano Liuzzo Scorpo, mentre a carico di Giuseppe Cancilla confermata la condanna a 3 anni di reclusione. Ancora, 2 anni per Piero Puglisi; 21 anni a carico di Antonino Di Stefano, 20 anni di reclusione a carico di Marco Di Pietro e Corrado Ferlisi; 19 anni di reclusione, in continuazione, sono stati inflitti Zafer Yildiz;14 anni e 4 mesi per Carmelo Lo Giudice, 10 anni e mezzo di reclusione dovrà scontare Innocenzo Buscemi, 10 anni Salvatore Celesti, 8 anni e 2 mesi Renzo Macca, 7 anni Corrado Morana, 2 anni Benedetto Cannata, Davide Russo e Giovanni Tumminello.

L’operazione “Nemesi” è scattata il primo luglio 2008. Secondo quanto accertato dagli investigatori del commissariato di pubblica sicurezza di Avola, con il coordinamento della Dda di Catania, il clan Pinnintula si era riorganizzato attorno ad alcune figure che avevano preso il posto dei capi da tempo ormai in carcere in regime di 416 bis. L’indagine ha permesso di fare luce su una serie di episodi, ma soprattutto di leggere la nuova mappa del clan Trigila, che opera nella zona Sud della provincia di Siracusa. Diverse le ipotesi di reato contestate agli indagati: associazione mafiosa finalizzata alla gestione, il controllo e l’esercizio di bische clandestine, traffico di stupefacenti, sequestro di persona, tentato omicidio e detenzione illegale di armi. Per gli inquirenti, a reggere il clan Pinnntula sarebbero il boss di Avola Michele Crapula, Waldker Albergo ed Antonino Campisi. A loro avrebbero fatto capo le attività illecite, come emerge dall’inchiesta iniziata nel 2004 e che si poggia su un’attività di pedinamento, osservazione, ma anche intercettazioni telefoniche ed ambientali, riprese video. Gli investigatori hanno anche dato riscontro alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, i quali hanno reso ancora più chiaro lo spaccato in cui si è mosso il gruppo Trigila. Una delle attività peculiari del clan era costituita dalla gestione delle bische clandestine su tutto il territorio a sud del capoluogo. La gestione del racket dei videogiochi era l’altra fonte di guadagno, con l’imposizione agli esercizi commerciali di apparecchiature da gioco. Estorsioni dalle quali non erano esenti le imprese edili e di raccolta dei rifiuti solidi urbani ad Avola ed anche imprese di pompe funebri. Ma il grosso dei finanziamenti arrivava dal traffico degli stupefacenti, i cui flussi erano assicurati da continui collegamenti con il Palermitano, il Nord Italia e persino con il Marocco. Nel calderone delle indagini anche un tentativo di omicidio. La colpa della vittima era stata quella di avere perpetrato fin troppi furti ai danni dei cantieri allestiti ad Avola per la costruzione dell’autostrada Siracusa-Gela.

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