Siracusa. Zona industriale: l’inquinamento selvaggio non si ferma tra connubi, silenzi, demagogia e strumentalizzazione contro i residenti
Petrolchimico Siracusa. Sul fronte sanitario-inquinamento, la situazione nei comuni industriali rimane gravissima. La storia racconta che la realizzazione della prima raffineria ad Augusta, la Rasiom, e a seguire le industrie della chimica di base nel petrolchimico siracusano, fu un evento epocale per gli abitanti dei comuni viciniori che sognarono l’abbandono delle incertezze e delle fatiche dell’agricoltura, della pesca e i lavori pesanti e mal pagati, tradizionali, ma soprattutto di non essere costretti ad emigrare nel nord Italia o all’estero. Nessuno immaginava che la grande industria nascente sul territorio avrebbe causato gravi squilibri ambientali e provocati mille problemi per la salute dei suoi abitanti.
L’ultimo atto contro la vita degli abitanti del Petrolchimico si è consumato ieri nel comune di Priolo; residenti hanno dovuto chiudere precipitosamente porte e finestre della proprie abitazioni. La popolazione della zona industriale siracusana soffre delle mancate bonifiche e lotta contro l’inquinamento selvaggio tra sussurra e grida, silenzi e connubi, luci e ombre, donazioni e ossequi. E questo avviene in un’epoca che nega la verità incontrovertibile, specie nella parte in cui è aperta all’irruzione delle altre parti, la legislazione che regola il sussistere di una parte, per quanto sofisticata possa essere, è inevitabilmente aperta alle altre possibili verità che possono irrompere e cancellare quella che si credeva fosse la sola e assoluta verità. Si dispensano contributi ad associazioni a e istituzioni pubbliche e private. La politica e le istituzioni sono regolate dal timer del favoritismo. Ogni azione appare regolamentata dalla necessità che obbliga la legge.
Inutilmente protestano i residenti, un popolo che da sempre combatte contro l’ingiustizia, l’arroganza e l’inquinamento selvaggio. E questo è l’effetto di una condizione sub-culturale che tarda a cambiare malgrado il disastro ambientale certificato ormai in tutte le salse. Assenti non giustificati i politicanti che utilizzano, specialmente in questi momenti bui, l’inquinamento come strumento di propaganda spacciandosi per paladini dell’antinquinamento a singhiozzo per ricevere favori e buona pubblicità.
Da un lato le aziende che offrono posti di lavoro in cambio del silenzio, ma dall’altro una politica corrotta e complice del disastro in atto che si è dimostrata incapace di sviluppare autonomamente un settore industriale parallelo o ingrandire il terziario, oltre che rimodernare verso le rinnovabili le fabbriche della morte. Solo facili finanziamenti a pioggia dello Stato per realizzare siti opifici mai aperti con capannoni, molti di amianto, rimasti in bella vista a certificare il doppio fallimento della politica e dalle industrie che hanno incassato i contributi e scomparsi nel nulla. Alla fine, è venuto fuori un mostro, un avvelenatore che inquina acque, mare, terra e l’aria che si respira. Territorio dichiarato ad alto rischio di crisi ambientale dallo Stato italiano ma abbandonato con il disastro sanitario che non si ferma accumulando ammalati gravi e morti prematuramente
Da qualche tempo si protocolla un interesse che non si registrava più da parte della politica a più livelli; a cominciare dal presidente della Regione Musumeci, da sempre piuttosto schivo ad affrontare tematiche complesse come quella del risanamento ambientale e della bonifiche, stessa cosa per il Governo Crocetta.
Da qualche tempo s’intuiscono e s’intravvedono interessamenti a tutto campo, prima forzatamente taciute, con diverse interferenze da parte di soggetti politici e di portatori di specifici interessi economici a favore delle industrie del petrolchimico, tali da condizionare la piazza favorendo l’attività degli ambientalisti, sempre in cerca di soluzioni verso il risanamento del territorio con lotte difficili per la diffidenza della maggioranza della popolazione preoccupata dalla chiusura delle fabbriche. Ma tutti questo anche con un progetto recondito che mira a riconquistare il potere politico verso la lobby della chimica e della raffinazione le cui attività sono messi in dubbio per la presenza perenne di puzza e miasmi, e questo nonostante gli interventi costosi per rimettere a norma gli impianti.
In questa intricata vicenda, è il cittadino a rimanere spiazzato e sbigottito nell’apprendere, peraltro fuori dal sacco, di tanti fatti venuti a galla e raccontati solo in parte dalla cronaca e solo da pochi giornali e girnalisti, di tante altre manchevolezze, stregonerie con tante omissioni nell’ambito di uno scambio di favori galoppante che non ha reso giustizia a tanti onesti cittadini che hanno dovuto subire nel passato tante troppe soverchierie del potere delle industrie in connubio con la politica deviata, marcia, putrefatta. Vi è dunque, un sottile filo rosso che alla fine svaluta la funzione di uomini che cercano forse altri favori e ancora vana gloria nella scalata della propria carriera, in un compito che può togliere la salute a degli innocenti rei soli di essere nati qui nell’inferno sulla terra e assolvere tanti colpevoli, delinquenti o corrotti che siano, poco importa.
La forza dell’intimidazione vince con il vincolo associativo nel gioco delle parti e la condizione di assoggettamento, di omertà, che deriva dalla paura dei colpi di testa annunciati. Ciò è particolarmente vero nelle aree tradizionalmente mafiose, dove più forte è la cultura della sudditanza, ma qui da noi, diventa un modus operante, una necessità che obbliga la legge del favore, come nella favola dei “ladri di Pisa”.
Il vero dramma sono bonifiche che alla fine (forse) non si faranno semplicemente perché mancano i fondi necessari. Si annunciano ma mancano i soldi. Una montagna di denaro che non c’è e forse non ci sarà mai; bonifiche che potrebbero, oltre a risanare il territorio, creare nuovi posti di lavoro. Il guaio che l’Europa non interviene in maniera decisa e concisa. Il fatto grave che periodicamente si legge sulla stampa “amica” d’interventi di politici d’assalto che parlano delle mancate bonifiche nei Sin, nella regola e vecchia maniera della corruzione e nella generalità di un territorio molto contaminato. Una vergognosa speculazione in generale che si registra sui Siti contaminati, dichiarati d’interesse nazionale. E mentre continuano i morti per tumori e bambini che nascono con malformazioni, i dati dello Studio Sentieri parlano di un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5% nelle aree ad alto inquinamento intorno ai 45 Sin. Sin che sono tutti contaminati da pericolosi inquinati, specie in Sicilia, come i petrolchimici di Gela, Milazzo e Priolo, comprese le aree portuali di pertinenza; il mare della rada di Augusta è il più inquinato in assoluto. Ancor più grave, quando si vuole nascondere che fuori dal porto di Augusta le acque lungo tutta la costa sud orientale sono inquinate da fanghi contaminati da veleni industriali scaricati dalle industrie nella rada megarese e poi dragati e smaltiti nei fondali marini a poche miglia dalla costa che si sono sparse in lungo e in largo fino; veleni che rimarranno lì, in fondo al mare, fino alla fine del mondo.
Tutte le industrie che si sono succedute nel tempo da oltre 70anni, sono colpevoli di aver provocato un disastro ambientale di proporzioni davvero catastrofiche; e non si può dire che la politica non è colpevole alla stregua delle lobby della chimica e della raffinazione. Poche le bonifiche realizzate, e nella maggior da parte dei casi per opera delle industrie private ma per le parti comuni o a carico dello Stato, come Priolo, Milazzo e Gela, non sono mai iniziate.
Bonifiche ancora nella fase iniziale o mai cominciate che sono al Sud, mentre al Nord la situazione è leggermente migliore, specie in Sicilia si registra l’aggravante che la popolazione inquinata appare ormai senza speranza: la contaminazione ambientale è smisurata e i soldi non ci sono, e, con questi lustri di luna, non ci saranno mai. Nemmeno l’azione giudiziaria è riuscita a smuovere i governi nazionali e regionali che fanno il bello e il cattivo tempo. Anche questo governo dribbla con il suo ministro dell’Ambiente che lascia scorrere il tempo con la scusa di informarsi su come stanno le cose fino alla prossima crisi, e buonanotte ai suonatori. Per non parlare dei tanti sindaci che si sono nel tempo resi responsabili di connivenza.
L’ambiente è stato da sempre svenduto, massacrato, in cambio di posti di lavoro, regalie, condizionato e ricattato con connubi, silenzi, sussurra e grida; ma ormai si può parlare di vero disastro ambientale, di emergenza, quindi di un territorio fuori controllo, difficile da bonificare. Un connubio ben consolidato tra industrie e politica. E mentre si denuncia, si accusano le industrie d’inquinare, i detentori del potere politico chiedono ottengono dalle industrie, anche in questo periodo, assunzioni a sfondo clientelari di persone che svolgono una relazione contigua con i grandi elettori; il tutto condito dal segreto dell’inganno per i cittadini.
Augusta, colonia di miseria e di mafia nella ricchezza, dove si scaricano i reflui a mare, compresi quelli dell’ospedale. I fondali marini sono piene zeppe di fanghi di risulta velenosi arrivati dagli scarichi a tubo libero delle industrie dal 1949 che per tanti anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo, con il connubio dei governi che si sono succeduti nel tempo.
Il presidente della Commissione ecomafie, Vignaroli, durante i tregiorni di lavoro nell’isola con audizioni, sopralluoghi e incontri, alla fine ha tracciato una situazione apocalittica. L’abbandono della città di Augusta è ormai da anni, lampante. Definita, già anni or sono, una colonia delle lobby della chimica e della raffinazione, in cui si fa ben poco per tutelare il mare, l‘ambiente e la vita; una risorsa importantissima per l’economia della zona, dove si registra da decenni un’alta mortalità per cancro.
Il secondo porto petrolifero d’Italia dopo Trieste appare ormai da troppo tempo senza una regia capace di difendere gli interessi della collettività, la salute dei residenti; negli Anni Settanta e Ottanta registrava il reddito pro capite tra i più alti del Meridione d’Italia, mentre ora registra una silente crisi che non lascia spazio all’imprenditoria seria e capace.
Che esista una questione meridionale, nell’espressione economica e politica nessuno lo mette in dubbio. C’è una grande sproporzione nel campo degli atti della politica in favore della vita collettiva, nella misura e nel genere in difesa della salute, dell’economia, per i reconditi legami che affrontano il tema benessere e l’anima di un popolo in una profonda diversità fra le consuetudini, tradizioni, il sociale, il senso intellettuale e morale.
Augusta diventa il simbolo dell’abbandono della mano pubblica verso i cittadini. Definire la mancanza del depuratore, in una realtà industriale ricca, una vergogna è un eufemismo. Le denunce sulla mancata realizzazione del depuratore cittadino con le spiegazioni scientifiche di una situazione di pericolo per la popolazione, riferita all’avvelenamento del mare da parte di esperti biologi, tecnici, ambientalisti o comuni cittadini, evidenziando la pericolosità e la possibilità concreta di effetti gravi contro la popolazione residente, è stata davvero tanta. I cittadini hanno dovuto assistere all’arroganza del silenzio di una classe politica incapace, o forse troppo “capace”. Perché spesso si è arroganti solo col silenzio. Nessun intervento serio dagli amministratori per risolvere il grave problema che da circa 30anni tiene banco e sottomette la cittadinanza alla mala politica, come se la città non fosse amministrata. Si continua a ignorare la realtà dei fatti; una malattia contagiata da una forma di mutismo, sindaci e consigli comunali compresi, che si sono succeduti nel tempo.
Ritornando ai lavori della Commissione, aggiunge Vignalori: “Vorrei anche evidenziare la questione delle autorizzazioni l’83% dei depuratori di reflui urbani opera senza autorizzazione in corso di validità. I tempi per il rilascio da parte della Regione sono lunghi e capita che chi chieda l’autorizzazione lo faccia senza prima preoccuparsi di mettere tutto in regola e avere tutti i requisiti”.
Dai rappresentanti di Arpa sentiti dalla Commissione è emerso che a livello regionale, per quanto riguarda i controlli negli impianti di depurazione, l’agenzia non riesce a soddisfare le frequenze previste dal Testo unico ambientale a causa della carenza di personale. Secondo quanto dichiarato, circa il 75% dei depuratori viene controllato almeno una volta l’anno, dando precedenza agli impianti con capacità di almeno 50mila abitanti equivalenti, e circa il 50% dei controlli ha dato origine a proposte di sanzioni amministrative.
“Le informazioni fornite in audizione alla Commissione delineano un quadro drammatico – dice il presidente Vignaroli – La Sicilia, nonostante sia circondata dal mare e basi su di esso una fetta importante della propria economia, continua a essere gravemente inadempiente sul fronte della depurazione. Gli impianti che dovrebbero ripulire le acque sono in molti casi macchine per inquinare e non mancano situazioni in cui i finanziamenti pubblici erogati per risolvere il problema non sono stati usati per questo scopo e sono anzi finiti illecitamente nelle tasche di privati”. Dalle indagini svolte dalla Guardia di finanza in Sicilia sul tema sulla depurazione delle acque, viene fuori un quadro davvero grave, inquietante.
La Procura di Siracusa, diretta dal procuratore capo Sabrina Gambino, intende accertare se gli impiantidi raffinazione del petrolio e della depurazione dei reflui industriali e civili possano essere considerati fonti di esposizione da inquinanti ambientali, dannosi per la vita degli esseri umani. Gli inquirenti indagano sulle fasi della lavorazione del petrolio e dei suoi derivati. Il sospetto conferma che può comportare rischi per le persone che siano esposte agli effetti dei prodotti finali fuori controllo, gas combustibili, zolfo, Gpl, benzine, gasoli, oli, bitumi e altri prodotti intermedi nei vari cicli tecnologici e di distillazione, cracking, reforming. E ancora, alle sostanze utilizzate in tali cicli o aggiunte ai prodotti finali e o alle sostanze di scarto raccolte come rifiuti o emesse nell’ambiente, compreso i reflui industriali e fognari trattati nei depuratori, scarti bruciati e scaricati in torcia.
Il vero dramma rimane la corruzione diffusa a tutti i livelli istituzionali e che don Palmiro Prisutto, il prete che combatte da sempre per davvero contro le industrie, ricorda e tiene la conta ogni mese dei morti per cancro nella città di Augusta, mentre per gli altri comuni il compito è assegnato ai manifesti a lutto.
Concetto Alota