AmbientePrimo Piano

Cassazione, città sporca e degradata si può innescare il reato d’interruzione di pubblico servizio

 

Sotto l’aspetto del profilo giuridico, ci sono tutti i presupposti per innescare un meccanismo per l’apertura di un’inchiesta contro l’inquinamento ambientale urbano di molti quartieri della città di Siracusa, intanto a carico di ignoti e poi si vedrà, per la condizione di sporcizia e di degrado in cui sono ridotti. Il reato dell’interruzione di un pubblico servizio o di pubblica necessità, come la pulizia delle strade e delle piazze cittadine, è previsto e punito dall’art. 340 c.p., è stato inserito dal legislatore del 1930 nel libro II, Titolo II – Delitti contro la pubblica amministrazione, Capo II – Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione – del codice penale. Ai sensi e per gli effetti del primo comma dell’art. 340 c.p. : “Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno”.
Il secondo comma del predetto articolo stabilisce che: “I capi, promotori, organizzatori, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni”. Il predetto secondo comma costituisce un titolo autonomo di reato e non una circostanza aggravante. In via preliminare, si può osservare che il delitto in esame è un reato comune che può essere commesso da chiunque, anche da pubblici ufficiali o da un dipendente pubblico o della stessa ditta che esercita il servizio, come dal comune cittadino quando abbandona per terra rifiuti non consentiti da regolamenti. Il bene giuridico tutelato dalla fattispecie penale incriminatrice in oggetto è rappresentato dal buon andamento della pubblica amministrazione che viene messo in pericolo da comportamenti illeciti atti ad impedire il regolare espletamento dell’attività amministrativa della città, nel caso.
Più in dettaglio, l’interruzione consiste nel provocare, con qualsiasi mezzo, la cessazione definitiva o temporanea, per lungo o per breve periodo, dell’ufficio o del servizio, dove per turbamento s’intende quella alterazione del regolare funzionamento del servizio che, pur senza comportare la cessazione dell’attività, pregiudica in maniera apprezzabile il conseguimento dei fini che la pubblica amministrazione si propone.
Il concetto di turbamento si riferisce alla regolarità dell’ufficio o del servizio, per la cui realizzazione è sufficiente anche la provocata discontinuità di un solo settore dell’attività coinvolta nell’azione delittuosa. Anche il mero ritardo nello svolgimento del servizio, purché apprezzabile sul piano temporale e pregiudizievole per il regolare andamento dello stesso, integra gli estremi della condotta punibile ex art. 340 c.p.
Inoltre, si può osservare che in tema di interruzione del pubblico servizio la regolarità del servizio stesso è turbata anche nel caso di cessazione o discontinuità parziale dell’attività ad esso inerente. Più in dettaglio, la fattispecie incriminatrice, di cui all’art. 340 c.p. è configurabile anche se l’interruzione o il turbamento della regolarità dell’ufficio o del servizio pubblico o di pubblica necessità siano temporalmente limitati e coinvolgano solamente un settore e non la totalità dell’attività. Infatti, sul punto la Cassazione ha meglio specificato quanto segue: “Integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità anche la condotta che causi una temporanea alterazione, purché oggettivamente apprezzabile, della regolarità dell’ufficio o del servizio. (Cassazione penale, Sezione V, sentenza 7 luglio 2009, n. 27919)
Il reato in oggetto è di evento, istantaneo con effetti eventualmente permanenti, di danno, sussidiario, a forma libera per cui l’ufficio o il servizio può essere interrotto o turbato nella regolarità in qualunque modo, sia con un’azione che con una omissione.
Pertanto, anche una condotta omissiva può dar luogo al reato, se ed in quanto esista un obbligo giuridico di impedire l’interruzione o il turbamento della regolarità della funzione o del servizio, ciò che può ravvisarsi soltanto a carico dei soggetti interni all’amministrazione o all’impresa che lo gestisce.
Ai fini dell’integrazione del reato non è necessario il dolo intenzionale essendo sufficiente che si operi con la consapevolezza che il proprio comportamento, anche in via di mera possibilità, determini l’interruzione o il turbamento di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità.
Infatti, l’elemento psicologico è il dolo generico, inteso come la coscienza e la volontà di interrompere e di turbare l’attività che viene espletata dagli organi competenti. Sul punto, di recente, la Suprema Corte ha affermato che: “Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del delitto di cui all’art. 340 c.p., è sufficiente che il soggetto attivo sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, accettando ed assumendosi il relativo rischio”. (Cassazione penale, sezione VI, sentenza 5 marzo 2010, n. 8996)

Concetto Alota

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *