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Elezioni regionali: rimanere fedeli al proprio pensiero politico senza attuare il guazzabuglio del voto disgiunto

Nel segreto del voto la trappola è il cosiddetto “voto disgiunto” nelle prossime elezioni regionali. Per rimanere coerenti alle proprie scelte e non falsare il risultato politico è giusto votare lista e presidente che appartengono alla stessa linea di pensiero politico, in rispetto, in primis, della propria coscienza e poi al risultato che potrebbe causare due risultati diametralmente opposti, in conflitto con la propria coscienza, falsando il principio della propria fede politica, e attuando lo scambio di voto o altra diavoleria, riconoscendo sì la libertà di scelta democratica, ma anche un guazzabuglio fuori dalla logica dell’orgoglio e dell’appartenenza.

Gli elettori potranno in teorica scegliere dalle cosiddette “liste provinciali”, quelle presentate in ognuna delle circoscrizioni, cioè nelle 9 Province, un deputato regionale facente parte di una coalizione e contemporaneamente un candidato presidente di un’altra coalizione. Se non viene esplicitata questa scelta, si attiverà il cosiddetto “trascinamento”. Il voto dato a un deputato si tradurrà anche in un voto per il candidato governatore di quella coalizione. Quindi, diventerà governatore, il candidato che otterrà anche un solo voto in più rispetto ai rivali. La legge elettorale siciliana, infatti, non prevede il ballottaggio.

Diventerà automaticamente deputato dell’Ars anche il candidato governatore che si piazzerà secondo. È il “miglior perdente” che avrà diritto anche a un ufficio all’Ars e che, per prassi, viene considerato il capo dell’opposizione.

L’elezione del governatore con molte probabilità si tradurrà automaticamente in quella dei candidati presenti nella cosiddetta “lista regionale”. Il famoso “listino” del presidente, insomma. Che fino alle ultime elezioni era composto da otto candidati, escluso il presidente. Adesso, questi posti scendono a sei. Chi fa parte del listino dovrà anche essere presente in una delle liste provinciali. Nel caso in cui – assai probabile in elezioni come queste dove l’elettorato sembra assai diviso – i seggi “conquistati” dalle liste collegate al presidente vincente dovessero essere inferiori a 42, si attingerà appunto al “listino” fino al raggiungimento di quella quota. La corsa che vede almeno quattro candidati “forti” quasi certamente si tradurrà nell’arrivo all’Ars di tutti i candidati presenti nel listino.

I 62 seggi rimanenti saranno individuati attraverso un meccanismo puramente proporzionale. La riforma ha previsto la riduzione dei seggi, però, ha cambiato ovviamente la distribuzione degli scranni per Provincia. Cosa cambia collegio per collegio? Intanto, affinché una lista possa entrare nella distribuzione dei seggi dovrà raggiungere, a livello regionale, la soglia del 5 per cento. Non servirà a nulla raggiungere la soglia in singoli collegi provinciali, se poi il risultato regionale dovesse essere inferiore a quella soglia.

In pratica, le liste che supereranno il 5 per cento si divideranno i 62 seggi a disposizione. Con quale distribuzione provincia per provincia? I collegi numericamente più penalizzati, in termini di seggi, sono ovviamente quelli che danno diritto a un numero maggiore di scranni. E così, saranno quattro in meno i seggi che verranno fuori da Palermo (dove scenderanno da 20 a 16) e da Catania (da 17 a 13). Tre seggi in meno, rispetto al 2012, a Messina: lì passeranno da 11 a 8; due seggi in meno a Trapani dove scatteranno non più 7, ma 5 seggi. Un seggio in meno invece nei collegi di Agrigento (da 7 a 6), Caltanissetta (da 4 a 3), Enna (da 3 a 2), Ragusa (da 5 a 4) e Siracusa (da 6 a 5).

 

 

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