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Firmopoli, reato prescritto. Patti: “Sentenza amara”

Due anni d’indagini e altrettanti di processo per arrivare alla sentenza di primo grado di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione nei confronti dei dodici imputati nella “Firmopoli” siracusana. A mettere, gioco forza, la parola fine al procedimento penale è stato il giudice monocratico del tribunale di Siracusa, Federica Piccione, che ieri sera ha emesso la sentenza facendo leva sui calcoli relativi alla scadenza dei termini della prescrizione del reato contestato, a cui hanno fatto riferimento il rappresentante della pubblica accusa e i legali della difesa. Un verdetto scontato perché la prescrizione dei termini è intervenuta alla fine del mese scorso.   

Il reato che il pubblico ministero Enea Parodi ha contestato ai dodici imputati era di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. In buona sostanza, in qualità di presentatori delle liste dei candidati alla carica di consigliere comunale e di sindaco di Siracusa in occasione delle amministrative del 2013, gli imputati avrebbero attestato o non controllato che le firme dei nominativi, apposti negli elenchi dei sottoscrittori, fossero vere e autentiche, circostanze, per certi aspetti, non rispondenti alla realtà, atteso che diverse firme sono state disconosciute nel corso delle indagini, portate a compimento dagli investigatori della Digos della questura aretusea.  

L’inchiesta è scattata nel novembre 2016 a seguito dell’esposto dell’architetto Giuseppe Patti, all’epoca esponente dei Verdi, in cui ha sostenuto che fosse necessario «controllare se le firme dei sottoscrittori siano state depositate in originale e se corrispondano alla reale volontà dei sottoscrittori». Il rilievo di Patti era riferito alla composizione delle liste che hanno appoggiato la candidatura di Giancarlo Garozzo, poi eletto sindaco di Siracusa. L’inchiesta si allargò a macchia d’olio, coinvolgendo buona parte delle altre liste in competizione alle amministrative di otto anni fa.

“Questo epilogo lascia un po’ l’amaro in bocca – ha commentato Patti – come ho sempre dichiarato, a me interessava il dato politico e non quello giudiziario. Le indagini, svolte con grande accuratezza, hanno scoperto il dolo e tanto mi basta, alla politica con la “p” minuscola rimane l’onta della macchia morale di aver violato e compromesso la democrazia a Siracusa”. 

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