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“Attacco alla Procura di Siracusa”, rispolverato il romanzo criminale che ora prende di mira 4 giornalisti e due politici della vecchia guardia

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Il giornalista siracusano Carmelo Maiorca ha annunciato, dalle colone dell’ultimo numero di 100NOVE in edicola, di essere trascinato in una procedura giudiziaria solo per aver scritto un articolo dal tracciato nettamente satirico e pubblicato sul settimanale “L’isola dei Cani”, da lui stesso diretto. Spiega chiaramente di essere indagato dal 2013 per quella vignetta satirica in un procedimento in cui comparivano anche Franco Oddo, direttore del quindicinale “La Civetta di Minerva”, Salvatore La Rocca già direttore del periodico Magma, e Gianfranco Pensavalli, cronista dello stesso settimanale, tutti denunciati dal sostituto procuratore della procura di Siracusa, Maurizio Musco.

Ma ora la novità è rappresentata dal fatto che il Gip del tribunale di Messina, Maria Vermiglio, ha accolto la richiesta di proroga delle indagini, avanzata dal pubblico ministero di Messina Antonio Carchietti.  “Leggendo gli atti – scrive Maiorca su 100NOVE – ho appreso con mia sorpresa di essere indagato, oltre che con gli stessi giornalisti, anche con l’ex sindaco di Siracusa Aldo Salvo e l’ex sottosegretario di Stato, Luigi Foti, con il quale non abbiamo mai scambiato parola”.

“Le indagini di questo nuovo filone sono scattate l’8 settembre del 2016 con ipotesi di reato di associazione per delinquere, calunnia e diffamazione in concorso a danno dell’ex capo della Procura di Siracusa Ugo Rossi e del sostituto procuratore Maurizio Musco. Il 24 marzo – racconta ancora Maiorca nel suo articolo su 100NOVE – sono stato invitato a presentarmi per rendere interrogatorio a un ispettore delegato dal sostituto procuratore, nella sede della Polizia di Stato. Interrogatorio per il quale sin dal 2013 avevo dato la mia disponibilità ma che non era mai avvenuto. Passano pochi giorni ed ecco attivare la notifica del nuovo procedimento, dove, oltre a noi giornalisti, si sono aggiunti altri due indagati, Luigi Foti e Aldo Salvo e altri ipotesi di reato. Di certo il magistrato titolare di quest’indagine sta compiendo degli atti dovuti. Ma dovuto è anche il diritto alla difesa che coincide, in quest’occasione, con il diritto di cronaca e di critica”.

Filone d’inchiesta che potrebbe essere collegato, a lume di naso, a quello originario del 2012 attivato dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Siracusa. Si tratta di un “romanzo criminale” che appare e riappare come l’Araba Fenice. Nel settembre del 2012, con un fascicolo denominato “Attacco alla Procura”, prendeva corpo un’inchiesta giudiziaria molto delicata e a tratti inquietante. Indagini, che erano iniziate nel 2010, per fatti collegati e scaturiti con i fascicoli denominati “Veleni in Procura” e di cui conosciamo le cronache.

La tempo, almeno oltre dieci persone sarebbero entrate sotto l’attenzione della Giustizia e che sarebbero stati denunciati a piede libero, con il fascicolo denominato “Attacco alla Procura”. A ben sentire, si tratterebbe di una strategia attuata da un “gruppo misto”, studiata a tavolino e indirizzata alla delegittimazione dell’allora procuratore capo della Repubblica di Siracusa Ugo Rossi e del sostituto Maurizio Musco, al fine di provocarne l’allontanamento dalla sede siracusana e bloccare quindi il corso di certe indagini che rischiavano di mettere in discussione il presunto colluso e consolidato sistema politico-imprenditoriale. Per fare questo i membri “dell’associazione spontanea” avrebbero stabilito che si sarebbero avvalsi di una serie di strumenti, tra cui una campagna stampa organizzata ad hoc, contro i due magistrati.

Secondo le indiscrezioni, nel rapporto degli investigatori le contestazioni consegnate alla magistratura inquirente e le conseguenti accuse sarebbero gravissime. Ma cosa è successo veramente? Se lo sono chiesto a lungo i magistrati della Procura di Reggio Calabria che hanno l’esplosivo e delicato fascicolo denominato “Attacco alla Procura” di Siracusa in sofferenza sul tavolo, dopo che è transitato per il Tribunale di Messina per la legittima suspicione, a causa del coinvolgimento in altra inchiesta di un magistrato prima in forza a Siracusa, poiché si tratterebbe, secondo le indiscrezioni trapelate a suo tempo, di un attacco diretto contro i due magistrati, al potere giudiziario dello Stato.

Ma quali sarebbero i fatti contestati a vario titolo a tutti gli intervenuti attori e registi di questo romanzo criminale in salsa greco-romana-siracusana? Si parlerebbe di associazione per delinquere, violenza, minaccia e calunnia al corpo amministrativo giudiziario, diffamazione, rivelazioni del segreto d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e tanto altro ancora; i magistrati inquirenti cercano inoltre di capire come può entrarci in quest’inchiesta un manipolo di uomini politici a più livelli d’importanza, avvocati, tanti deputati e senatori che all’epoca dei fatti avrebbero presentato una serie d’interrogazioni parlamentari, dove denunciarono delle presunte condizioni discutibili contro i due magistrati; ma anche tanti amici, editori e giornalisti, insieme ad oltre cento persone coinvolte nell’indagine a vario titolo, tutte informate dei fatti, o forse è giusto dire, in certe circostanze e il più delle volte tirati in ballo a loro insaputa.

Di primo acchito sembra trattarsi di un processone, dove appare una superba regia con tanti interessati seguaci, che nella fase attuativa si sarebbe avvalsa della forza derivante da una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura, dell’avvocatura, della politica, degli imprenditori, di editori e giornalisti, per un ben specifico coinvolgimento strategico della stampa e dell’associazionismo in genere. Secondo le indiscrezioni e di quanto riportato dalla cronaca dei giornali all’epoca dei fati, tutto questo con il sospetto di un disegno criminoso ben congegnato e definito, dove i principali promotori avrebbero avvicinato (o cercato di avvicinare), parecchi membri del Parlamento, compreso i componenti della Commissione Nazionale Antimafia, che all’epoca dei fatti erano il presidente, senatore Giuseppe Pisanu, il suo vice, on. Benedetto Granata, detto Fabio, i componenti, senatore Francesco Ferrante, on. Andrea Orlando, on. Fracantonio Genovese, figlio del senatore Luigi Genovese e nipote delle più volte ministro messinese Nino Gullotti, senatore Giampiero D’Alia. Insomma, secondo le indiscrezioni, trapelate all’epoca dei fatti, sarebbero stati tirati in ballo da chi forse voleva il loro autorevole aiuto. Inoltre, sarebbero stati avvicinati dagli “organizzatori” della “crociata” contro i due magistrati dei consiglieri comunali siracusani per sollecitare iniziative parallele, richiedendo l’invio della Commissione Parlamentare Nazionale Antimafia contro i due Pm della Procura della Repubblica di Siracusa, e di altri personaggi coinvolti.

Emergerebbero elementi secondo cui gli organizzatori avrebbero pianificato una strategia destabilizzante, che prevedeva nel simultaneo impiego strategico di molteplici strumenti di “guerra”, tra cui quello che prevedeva una campagna stampa mirata, e da realizzare attraverso una selezione di testate giornalistiche, di cui nomi gli investigatori trovarono le tracce durante una perquisizione per altri fatti collegati. Fascicolo d’indagine che è rimasto fermo per il trasferimento in altra sede dei due sostituiti procuratori della Repubblica di Reggio Calabria ma che ora avrebbe ripreso la corsa verso la decisione di merito dell’Ufficio del pubblico ministero e una parte del fascicolo ritrasferito alla Procura di Messina.

Concetto Alota

 

 

 

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