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Cassibile: droga, corse di cavalli, morti ammazzati e il mostro che non c’è

Ci sono voluti otto ore di Camera di consiglio della Corte d’Appello di Catania per confermare la condanna all’ergastolo irrorata in primo grado al presunto mostro di Cassibile, Giuseppe Raeli di settantacinque anni, riducendo nel frattempo da ventiquattro a diciotto mesi l’isolamento diurno. Maria Di Gregorio, la moglie di Raeli, spezza il lungo silenzio, davanti ai microfoni della Rai. “Mio marito è innocente, ma innocente al cento per cento. Il padre di mia figlia, il nonno dei suoi nipoti, è solo innocente. Ci hanno distrutto la vita”.

Per uno degli avvocati difensori, Giambattista Rizza del Foro di Siracusa, “non ci sono prove certe nei confronti di Raeli, “accusato di quattro omicidi e di un tentato. Di parere opposto, invece i parenti delle vittime. “Giustizia è stata fatta”, ha detto il figlio dei coniugi Tinè.

Tutto è imperniato su una perizia che, secondo l’avvocato Rizza, presenta tante criticità, annunciando che ricorrerà in Cassazione. La corte, nonostante si sia perso il bossolo ritrovato nel garage del Raeli, ha ritenuto valida la perizia dei carabinieri del Ris. “Massima soddisfazione – ha detto il Pm Antonio Nicastro – perché l’impianto accusatorio ha retto al vaglio della sentenza di secondo grado e le persone offese hanno avuto giustizia”.

Giuseppe Raeli, è considerato l’autore di una lunga catena di omicidi durata ventitré anni a Cassibile, Frazione agricola di Siracusa, causata da contrasti economici e vecchi rancori con alcune delle vittime.

Il pensionato di Cassibile, assente in Aula al momento della sentenza, è stato invece assolto dall’omicidio di Rosario Rizza Timpanello, avvenuto nel gennaio 1999, e del tentato omicidio di Antonio Bruni, accaduto il 21 novembre 1998, mentre il tentato omicidio di Aurora Franzone nel febbraio 2004 è stato derubricato in minaccia aggravata a mano armata e prescritto per il tempo trascorso.

Per l’accusa quest’ultimo fatto delittuoso raffigura l’anello di congiunzione con l’omicidio Spada. Raeli è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di Giuseppe Calvo 9 ottobre 2002; del duplice omicidio dei coniugi Sebastiano Tinè e Giuseppa Spadaro 31 luglio 2003; di Giuseppe Spada 18 agosto 2004; oltre che del tentato omicidio di Giuseppe Leone 15 marzo 2009; di Katia Tinè 31 luglio 2003.

Per i parenti delle vittime “giustizia è stata”.

Il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio nella storia del “mostro” di Cassibile si sposa appieno, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, rappresenta il limite alla libertà di convincimento del giudice, apprestato dall’ordinamento per evitare che l’esito del processo sia rimesso ad apprezzamenti discrezionali, soggettivi e confinanti con l’arbitrio: si tratta di un principio che permea l’intero ordinamento processuale e che trova saliente espressione nelle garanzie fondamentali inerenti al processo penale quali la presunzione d’innocenza dell’imputato, l’onere della prova a carico dell’accusa, l’enunciazione del principio in dubbio pro reo e l’obbligo di motivazione e giustificazione razionale della decisione.

Il paesino di Cassibile cambia volto e dimensione con l’avvento dell’immigrazione dei braccianti extracomunitari che succedono ai centinaia di lavoratori nell’agricoltura intensiva della zona, insieme alla realizzazione dell’ippodromo. S’inserisce nel contesto economico, sociale e produttivo del territorio la malavita organizzata e la zona diventa per un periodo limitato ma violento il crocevia della droga per la zona sud della provincia. Arrivano le estorsioni. Poi gli interessi legati alle corse dei cavalli. Da tutte la parti d’Italia giungono a Cassibile allenatori, artieri ippici, fantini, scommettitori autorizzati e clandestini. L’attività delle corse diventa un business, dove fiondarsi a capo fitto per far soldi e sfocare la passione per i cavalli da corsa.

Ecco i primi morti ammazzati, molti dei quali non hanno niente a che vedere con il “mostro di Cassibile”. Fatti scollegati l’uno con l’altro, ma legati da un filo diretto: la violenza dell’esecuzione e le modalità a volte macabre, come il cadavere che viene ritrovato menomato delle braccia e parte delle gambe. Il fantino trovato impiccato. Tanti i morti ammazzate e feriti in fila indiana tutti freddati con fucili da caccia e senza che gli investigatori riescono a trovare tracce di prove o scoprire moventi esecutori e mandanti. I morti ammazzati diventano troppi. Allora in uno stereotipo collettivo si comincia a parlare di un possibile “mostro” che agisce per saziare la sua sete di sangue e scegli le vittime più facili da colpire, specie d’estate nelle case di campagna che nella zona sono centinaia. La gente non esce di casa. in molti abbandonano le case di campagna. Il terrore regna. In città non si parla d’altro.

I primi cinque omicidi rivolgono l’attenzione dopo le prime indagini a fatti che riguardano la sfera personale delle vittime. Ma la pubblica opinione non accetta tale ipotesi. Si rilanciano le indagini. Non viene fuori niente di nuovo. Si brancola nel buio. Arriva una pista. I carabinieri trovano un bossolo di fucile da caccia compatibile con altri  omicidi nel garage di Raeli. S’indaga. Si prospettano per le voci di paese e di alcuni testimoni un carattere burbero e vendicativo dell’indagato; la vita di Raeli si trasforma nell’inferno per diventare il presunto “mostro” di Cassibile. Per la Corte è responsabile di sei omicidi. In primo grado la condanna è all’ergastolo. In appello pena confermata ma è assolto da un omicidio e di un tentativo di uccidere, mentre un tentativo di omicidio è derubricato in lesioni gravi è prescritto. Qual’è la verità? Quella mia, quella tua o quella degli altri?

Concetto Alota

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