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“La mia odissea nel mare dell’ingiustizia”

Il tribunale civile (presidente Veronica Milone, a latere Federico Maida e Nicoletta Rusconi) ha dichiarato il fallimento della società Ita Costruzioni. I giudici hanno accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Carlo Enea Parodi. Seppur convocata, la società non è comparsa all’udienza, fissata per lo svolgimento dell’istruttoria dibattimentale. Il tribunale ha preso atto che l’azienda si trova “in uno stato d’insolvenza” a causa del “mancato adempimento degli obblighi concordatari, a oltre nove anni dall’omologazione della proposta, avendo “iniziato la procedura concordata nel lontano 2013 – scrivono i giudici nella sentenza di fallimento – e che ora s’è manifestata in forma ancora più aggravata dall’incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni”.  Il tribunale spiega che “a fronte di un piano concordatario che prevedeva, in un termine quadriennale, il soddisfacimento parziale dei creditori privilegiati (soddisfacimento che sarebbe stato garantito dalla liquidazione dell’intero patrimonio societario e dell’apporto di finanza per 500mila euro da parte della società Arcadia Costruzioni), a oltre nove anni dall’omologazione, la debitrice non è stata in grado di soddisfare neppure minimamente i creditori chirografari e solo in parte i creditori prededucibili, anche a causa del fallimento nel 2017 dell’Arcadia Costruzioni”. 

Nella sentenza i giudici scrivono anche che vi fosse “l’incapacità di soddisfare i debiti risultanti dal bilancio con l’attivo patrimoniale, essendo il patrimonio netto della società negativo pari a 5milioni 897 mila euro”. 

La sollecitazione alle indagini della Procura e alla dichiarazione di fallimento della società è stata avanzata dall’avvocato Giuseppe Cavallaro, nell’interesse dell’ex proprietaria di un immobile, finito all’asta per fare fronte, nelle intenzioni dei soci, a parte del debito. “La società Ita Costruzioni aveva presentato una proposta di concordato – spiega Cavallaro – garantendola con immobili da vendere all’incanto, tra quali quello della mia assistita. Nonostante il fallimento dell’Arcadia, società che aveva assunto il concordato, il commissario giudiziale non ha proceduto a dichiarare il fallimento mantenendo in vita una situazione che era inammissibile ab origine. Oggi la sentenza ci ha dato ragione”.   

“Ho vissuto anni terribili – spiega Ivana Buono, che ha dovuto cedere l’immobile – un ingiusto incubo, come sancito dal tribunale che ha decretato il fallimento della società che per tre anni mi ha perseguitata con una serie di dinieghi, arrecandomi un danno economico e morale. Adesso che si è fatta chiarezza sulla vicenda, e di ciò vorrei ringraziare il procuratore Gambino e il pm Parodi, mi preme dire che presenterò un esposto alla Procura per la nomina del nuovo curatore, in quanto fa parte del Centro studi di diritto fallimentare, quindi, a mio parere, in conflitto con la sentenza di fallimento e la sua nomina incompatibile con la procedura”. 

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