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L’emigrazione degli italiani raccontata da Donfrancesco

Una nuova intensa serata al Teatro di Noto con la terza proiezione de “Il mese del Documentario” che grazie agli organizzatori di Doc/it ha permesso al Collettivo FrameOff, referenti per la città, di avere al “Tina Di Lorenzo” il regista del film protagonista della serata di giovedì, Giovanni Donfrancesco. Ed ancora una volta platea piena ed attenta e che al termine della proiezione ha tributato un caloroso applauso e soprattutto ha soddisfatto tutte le curiosità sul lavoro ambientato nel Vermont ma molto legato all’Italia, e per la tematica anche alla nostra Sicilia. Dopo la presentazione del regista ci si è immersi in questa atmosfera molto particolare d’oltre Oceano che ha subito rapito non solo per la fotografia (Hope cemetary imbiancato e con un personaggio che si aggira tra le tombe come un’anima in pena alla ricerca di una motivazione per quanto avveniva nei primi decenni del secolo passato) ed anche per la storia.
Donfrancesco racconta, con un’espediente a dir poco geniale, l’emigrazione di migliaia di italiani verso le regioni delle cave di granito attraverso le interviste raccolte in quegli anni, dunque assolutamente fedeli, e custodite nella biblioteca della città di Barre (che sarebbe proprio stata fondata dai carraresi emigrati), interpretate dai loro discendenti che il talentuoso regista ha cercato e trovato con caparbia e fine ingegno. La prima storia è quella di Edo e Lena poco meno che diciottenni che decidono di sposarsi per partire proprio per l’America alla ricerca del lavoro sicuro ed al diniego del padre di lei, durante un pranzo a base di maccheroni, l’innamorato e lungimirante Edo risponde al futuro suocero così: “Matrimoni e maccheroni se non son caldi non sono buoni”. Testimonianze fedeli nell’America di oggi con contrasti stridenti ma assolutamente voluti con il passato, che hanno incantato i presenti anche davanti alla triste ed amara considerazione che il film fa, ovvero partivano giovani alla ricerca del lavoro ma trovavano la morte ad altrettanta età giovanile a causa del silicio che inevitabilmente respiravano. Ecco da qui molte le curiosità venute fuori a fine proiezione sia dei componenti del collettivo FrameOff saliti nuovamente sul palco con il regista, e dal pubblico. Un lavoro sviluppatosi in circa sette anni con 5 viaggi nel Vermont del regista e che hanno davvero prodotto un lavoro eccellente. Nel segreto dell’urna poi ogni presente ha espresso il proprio giudizio su “The stone river” di Giovanni Donfrancesco di recente protagonista dell’approfondimento su Radio 2 curato da Serena Dandini. A salire sul palco domenica sera per “Sacro Gra” di Gianfranco Rosi, sono i componenti del Collettivo cinematografico FrameOff, chiamati a presentare l’opera che per prima
si è aggiudicata nella storia del Festival di Venezia il Leone d’Oro. Tante storie, nessuna in rilievo, ma tutte in un luogo il “Sacro Grande Raccordo Anulare” nato da un’idea del paesaggista Nicolò Bassetti e portato in pellicola, con il più alto numero di ore audio, e quasi tre anni di full immersion nell’autostrada urbana più
lunga d’Italia, da Gianfranco Rosi. I personaggi studiati e scelti dal regista, dall’operatore del 118, dalla spiccata umanità ma dalla altrettanta profonda solitudine, al pescatore di anguille, umile ma assai sagace, che vive in una zattera con la compagna ucraina, dalle prostitute al principe in decadenza, dall’attore di fotoromanzi a chi vuol salvare le palme dal punteruolo rosso perchè “se è grave per la palma è grave anche per l’uomo, perchè la palma ha la forma dell’animo umano”. E poi ancora la chiesa con l’oratorio, il cimitero dove si ricavano nuovi loculi, con una pratica che con il regista in teatro avremmo potuto capire di più, e poi le cubiste del bar che si vestono e truccano nella cucina dello stesso. Tanti personaggi, tante storie come quelle del condominio fatto di monolocali dove le storie più diverse si incontrano ed a volte, ma non sempre, si confrontano. Alla fine se pur Rosi non fosse presente al Tina Di Lorenzo si è dibattutto molto cercando in qualche modo di approfondire i tanti spunti che inevitabilmente un lavoro di tal genere lascia. Adesso Il mese del documentario ha una breve pausa per ripredere con il quinto ed ultimo film in concorso “Dal profondo”, domenica 24 maggio, sempre in Teatro, e poi aspettare i verdetti sui riconoscimenti in palio, dal Doc/it Professional Awards al premio del pubblico delle 14 città protagoniste, 10 italiane e 4 europee.
Emanuela Volcan

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