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Omicidio Leone, il Ris di Messina in una villetta dell’Arenella

Ad un passo dalla soluzione. Potrebbero essere arrivati ad una svolta decisiva le indagini del misterioso delitto di Elvira Leone, l’insegnante in pensione dell’istituto Nautico di Siracusa, barbaramente uccisa all’interno della sua abitazione nell’aprile del 2014 nel suo appartamento di piazza della Repubblica a Siracusa. Infatti, i carabinieri del RIS di Messina hanno effettuato questa mattina un sopralluogo in una villetta di contrada Arenella in via Isole Filippine, per raccogliere elementi probatori necessari a riscontrare tracce da confrontare con un Dna già isolato a suo tempo per seguire alcune ipotesi investigative formulate dai carabinieri del reparto investigativo del comando provinciale di Siracusa, che svolgono le indagini sull’omicidio dell’insegnante in pensione. A distanza di oltre due anni, infatti, il delitto è ancora impunito. Il sopralluogo è stato ordinato dal Pm Antonio Nicastro, titolare del fascicolo aperto presso la Procura di Siracusa e fa pensare ad una svolta nel caso. L’ultima attenzione degli inquirenti si era concentrata su un’impronta trovata sul luogo del delitto, l’abitazione della professoressa settantatreenne situata all’ultimo piano di un elegante edificio in piazza della Repubblica a Siracusa, dove la professoressa viveva da sola.

Il Dna rinvenuto dagli esperti del Ris di Messina è già stato trasmesso ai colleghi di Roma per la comparazione sulla banca dati nazionale. Dalle prime indiscrezioni trapelate, l’impronta, sarebbe riconducibile a una persona di sesso maschile, e sarebbe stata trovata sull’abat-jour nel salotto dell’appartamento della donna. Secondo la ricostruzione della dinamica di una colluttazione, risulterebbe che proprio quella lampada sarebbe l’arma del delitto utilizzata dall’omicida che avrebbe ucciso Elvira Leone annodandole attorno al collo il filo elettrico di quell’abat-jour. Gli investigatori stanno anche lavorando su alcuni dati estrapolati dai tabulati del telefono cellulare utilizzato dalla vittima, dove l’attenzione sarebbe caduta sull’ultima telefonata registrata sull’apparecchio telefonico.

Subito dopo l’efferato delitto si pensò a una rapina finita male, ma dalle abitudini della donna restia ad aprire la porta agli sconosciuti se non identificati attraverso la voce o dalla visione diretta dello spioncino e dai rilievi effettuati dai carabinieri subito dopo il ritrovamento del cadavere, era emerso che la porta d’ingresso non era stata forzata. La vittima conosceva chi l’ha uccisa.

Le indagini portarono i carabinieri all’identificazione di un Suv di colore scuro di grosse dimensioni attraverso la registrazione di una telecamera della zona e le testimonianze dei vicini di casa. Un’accurata e minuziosa ricerca, collegata alla passione della professoressa per i mobili antichi e l’antiquariato in genere, i carabinieri sono riusciti ad accoppiare quel Dna ad un uomo che ora è ricercato sia in Italia che all’estero.

Concetto Alota

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