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Siracusa, c’era una volta la mafia

Sono ancora una volta i collaboratori di giustizia i protagonisti della lotta alla malavita organizzata. Senza il pentimento, nessun risultato contro la piovra mafiosa. La conferma è nell’ultima operazione denominata “Borgata” coordinata dalla Procura Antimafia di Catania e portata a termine dalla squadra mobile della Questura di Siracusa che ha portato in carcere il sodalizio delittuoso formato da Danilo Greco, Vincenzo Scalzo, Massimo Schiavone, Massimiliano Fazio, Attilio Scattamaglia, Salvatore Tartaglia, Massimo Guarino e Sebastiano Barbiera, rappresenta la tesi della Direzine Nazionale Antimafia che a Siracusa la mafia nella vecchia sfaccettatura criminale non esiste più, almeno nel capoluogo. Smantellata dall’azione congiunta degli inquirenti, investigatori e collaboranti di giustizia.

Il sodalizio scoperto è un tentativo fallito dell’evoluzione naturale del famoso gruppo della “Borgata” che nel corso degli anni si era affrancato dal clan mafioso Bottaro-Attanasio e aveva iniziato ad operare in piena autonomia nel quartiere della Borgata-Santa Lucia. Poco lo spazio e il territorio a disposizione per gestire un’economia che non riesce ormai da sola a mantenere le piccole aziende commerciali e artigianali insistenti nel quartiere; ed è per questo che le denunce non sono copiose come per il passato. Si tratta, in pratica, di piccole richieste di denaro tra “amici” e “conoscenti”. Piccole somme, per far girare lo spaccio della droga. Già il Questore di Siracusa ha più volte affermato che le estorsioni nel modo classico sono per fortuna un vecchio ricordo, almeno a Siracusa città. Ma non è dato sapere se è scomparso come fenomeno o sono i commercianti a non denunciare più i reati in una sorta di omertosa condizione.

E comunque, il reato dell’estorsione a Siracusa è ormai ridotto ai minimi termini. Nel caso del clan della “Borgata”, pochi euro per tirare a campare tra commercianti e imprenditori amici degli amici, in una sorta di gioco al passato che non ha retto alla lunga la pazienza trasformata in collera di qualche commerciante. Infatti, l’attività preminente del gruppo era quella della richiesta del pizzo ai commercianti e del reinvestimento dei capitali recuperati nel traffico degli stupefacenti e o in altre attività illecite di poco conto penale per mantenere le famiglie dei carcerati; ma non si è capito se solo in favore dei soli congiunti del sodalizio, oppure anche se allargato ai componenti delle famiglie dei clan storici. L’unico elemento che entra nella disposizione cautelare, è la figura di alcuni elementi, dove la più diretta è quella di Sebastiano Barbieri, anche per aver preso parte, diretto e organizzato l’associazione di tipo mafioso del clan Bottaro-Attanasio, per poi tentare in “conto proprio”.

L’attuale contesto immerso nella storia. La mafia siracusana vantava un numero di clan abbastanza variegato, che negli Anni Novanta si era contratto in pochi gruppi. Nel territorio a nord del capoluogo troviamo da sempre il predominio del gruppo Nardo, vicino al clan catanese di Santapaola, che operava nei comuni di Augusta, Carlentini, Francofonte, Lentini e Villasmundo; nel capoluogo la ressa era molto più affollata; infatti, troviamo il clan Urso-Bottaro-Attanasio, il gruppo Aparo-Trigila, e lo storico clan di Santa Panagia.

Gli Anni Novanta si caratterizzarono con la sola resistenza del reggente del clan Urso, Totuccio Schiavone, fino alla sua latitanza quando interviene la fusione del clan Bottaro retto dall’omonimo, Salvatore Bottaro. Le due cosche presero il nome di Urso-Bottaro, con mano il controllo della quasi totalità del territorio siracusano. Ma una faida violenta tra i gruppi contrapposti provocò tanti morti ammazzati.

Nel finire degli Anni Novanta e l’entrata del nuovo millennio, di cui si fa riferimento oggi nelle indagini investigative della Direzione Distrettuale Antimafia, proprio su una dozzina di delitti rimasti impuniti nel territorio siracusano, i gruppi storici, denominati Bottaro e Santa Panagia, s’incontrano e decidono di sommare le proprie forze per operare in gruppo, monopolizzando i settori delle estorsioni e del traffico degli stupefacenti, sia nel capoluogo, così come in tutti i comuni limitrofi, Floridia, Solarino, Avola, Cassibile e con puntate fugaci fin nel territorio di Pachino, Rosolini, Avola e Noto, mentre rimane fuori la zona nord che nel frattempo era diventata contigua ai clan catanesi; a questo equilibrio criminoso si aggiungono così il gruppo Attanasio, capeggiato dall’emergente e deciso, Alessio Attanasio, genero di Salvatore Bottaro, esponente di primo piano e che assieme ai giovanissimi riaccesi le luci della ribalta criminosa già nella primavera del 1995 durante la spietata guerra contro il gruppo di Santa Panagia, che intendeva conquistare l’intero territorio della città capoluogo, contro gli interessi del clan Urso-Bottaro.

Nell’Anno 2005 con la morte di Salvatore Bottaro, da quel momento passa alla guida del clan, Alessio Attanasio, assieme al gruppo del quartiere Borgata, composto dai vecchi lupi e nuovi aggregati, già appartenenti al clan Bottaro-Attanasio, che hanno dato il battesimo all’organizzazione, insieme con quello storico di Santa Panagia controllato da Giovanni latino, affiliato al clan Aparo-Nardo-Trigilia. Diventa così la sola realtà mafiosa potente della città di Siracusa e dell’intera provincia, spingendo i tentacoli anche fuori dal territorio siracusano. Ma una serie di operazioni di polizia contro la malavita organizzata, portati a termine grazie ad alcuni collaboratori di giustizia che scamparono in diversi agguati da sicura morte, ridimensionò quasi del tutto i gruppi malavitosi, stravolgendo la mappa criminale nel territorio siracusano, con una sequela di arresti. Nel 2007, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, la stessa, che oggi sta scavando nei ricordi e nelle confessioni dei nuovi pentiti su tutti gli omicidi di mafia rimasti impuniti, il nascente e numeroso gruppo di Santa Panagia, rivitalizzato dalla presenza di alcuni esponenti e vecchi capi da poco scarcerati, fu smantellato in toto (furono coinvolte per lo più le “famiglie” Attanasio-Bottaro). Un colpo finale. La cosca aveva ripreso pericolosamente l’attività criminale molto più agguerrita di prima e capace d’incidere sulla pacifica convivenza della comunità siracusana. Fu l’ultima spettacolare e possente operazione antimafia siracusana con settanta arresti, portata a termine il 13 novembre del 2007 dalla Dia, con carabinieri, polizia di Stato e guardia di finanza, in un’operazione antimafia congiunta e coordinata dalla Dda della Procura di Catania, nei confronti di settanta presunti appartenenti alla cosca Bottaro-Attanasio. Per tutti gli indagati, il giudice per le indagini preliminari aveva emesso un ordine di custodia cautelare, sia in carcere, sia in stato di libertà, che ipotizzava a vario titolo i reati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione e usura. Nell’ambito della stessa inchiesta gli investigatori eseguirono il sequestro di tante attività commerciali, beni immobili e mobili che secondo l’accusa sarebbero stati acquisiti con il riciclaggio di proventi di attività illecite. Nel corso delle indagini sulla cosca Bottaro-Attanasio furono complessivamente sequestrati 200 chilogrammi di droga e parecchie armi. L’inchiesta fu coordinata dal procuratore aggiunto di Catania, Ugo Rossi, e dai sostituti della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, Pasquale Pacifico, Andrea Ursino e Danilo De Simone.

I collaboratori di giustizia in Italia, per la cronaca, sono circa 1100 uomini di cui circa sessanta le donne. Nel fenomeno del pentitismo di mafia in Sicilia, che a noi interessa da vicino, sono circa 280 uomini e circa dieci donne i collaboranti della giustizia.

Concetto Alota

 

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