L'Opinione

Siracusa è prigioniera di una politica quaresimale

La grande battaglia politica della città di Siracusa si gioca sulla gestione del servizio idrico, sull’immondizia, sull’arredo urbano e sul grande progetto sul turismo; ma assumono l’aspetto principe di un futuro economico, tutto da costruire, la realizzazione delle infrastrutture, specie per i resort, i villaggi e i porti turistici. E non è meramente una battaglia per l’immagine di una città che guarda il mondo, purtroppo, con gli occhi tristi per un fallimento politico che è davanti agli occhi di tutti, ma che certamente mantiene il timbro della storia, della qualità Unesco, della siracusanità, anche se quest’ultima ora è una tantino sbiadita. Soffre maledettamente delle ferite di una politica quaresimale e verbosa, polemizzante, indirizzata al profitto di pochi e al danno dei più. Occorre una nuova battaglia per l’attendibilità di una giunta comunale che pure si è trovata a dover disinnescare le bombe lasciate dal vecchio “usurpatore”, ma che stenta a capire dove indirizzare la bussola del futuro. Una battaglia per la stipula di un patto di civiltà tra cittadini che stabilisca, una volta per tutte, che il problema della sporcizia e dei rifiuti in mezzo alla pubblica via non è solo nella mano di chi che non raccoglie l’immondizia, ma anche in quella che abbandona i sacchetti nella pubblica strada; stessa cosa per condizione disastrose delle strade e i marciapiedi, i semafori e tutto il resto; tutto appare abbandonato e dove l’incuria è palese, reale.

“Gettonopoli” nessun reato, ma vige la legge morale. C’è la necessità di un nuovo modo di considerare la questione morale. L’inchiesta su “Gettonopoli”, che ha dato al mondo intero l’impressione che la città di Archimede è amministrata da Alì Babà e i quaranta ladroni; ma non è così, sarà, in parole semplici, il motivo per cui occorre dimostrare ancora di più che abbiamo ancora dei manager politici esperti, come ai vecchi tempi, quando Siracusa era Officina politica per il resto della Sicilia; e il riferimento è al grande Santino Nicita, e a tutti gli altri che non sono qui citati e che accettano le scuse, a Graziano Verzotto, allo stesso tanto criticato Gino Foti, tra gli ultimi eredi della grande politica siracusana, con la memoria di quando a Siracusa arrivavano regolarmente da Roma oltre 400 miliardi delle vecchie lire l’anno per strade, ponti, edifici pubblici, porti, tribunali, ospedali, e lavori di riferimento, portando ricchezza e crescita economica, e che ancora oggi, al di là delle polemiche e delle invidie innate politiche o personali, rimane un punto di riferimento, l’anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo; e mentre la nuova classe politica dirigente annaspa tra le norme di legge, proprio l’inchiesta “Gettonopoli” finirà in una bolla di sapone, semplicemente perché non ci sono reati consumati e da contestate: il regolamento, la legge, logica costituzionale alla mano, è la volontà che la morale deve esprimere, lasciando, nel caso, al singolo eletto consigliere l’onesta intellettuale e politica di scegliere in base alle capacità economiche delle casse del municipio amministrato. Persino nello stile politico sociale più semplice, nulla si compie spontaneamente. A un problema insorto, si deve trovare una soluzione accoppiata, altrimenti non c’è motivo di pagare persone che nominati consulenti devono trovare risoluzioni che un tempo era il compito primario del politico eletto dal popolo.

Il coraggio di avanzare una moratoria sulle “distrazioni”. Le emergenze che i cittadini di Siracusa reclamano, condizionano la vita di tutta la città, determina squilibri economici, ammazza il turismo, il commercio, la pesca, l’artigianato, è un oltraggio proprio a quella campagna di tutela dei diritti di cui quest’amministrazione si è fregiata. Tra le mille questioni sospese, si abbia quindi il coraggio di mettere in atto una sorta di moratoria delle distrazioni con la partecipazione delle forze politiche e sociali insieme. Si concentrino le energie per attuare maggiori controlli: si tolga qualche vigile urbano da un ufficio, o anche da un incrocio, e si mandi a fare il proprio dovere, anche con il decoro per la propria divisa, un tempo simbolo di correttezza e capacità per la Sicilia intera, quando i nostri vigili urbani siracusani venivano più volte citati per l’esercizio del potere e nell’intransigenza con una sola certezza di vincere alla fine la battaglia dell’intera comunità siracusana, un tempo nobile e battagliera, oggi appare abulica e vittima di un gioco perverso, senza capire cosa vuole dove vuole andare. Occorre un colpo d’ala, forte e deciso, per volare più alto, là dove osano i temerari, le aquile che guardano lontano.

Concetto Alota

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