Attualità

Noto, mediazione umanistica in carcere

La mediazione umanistica, ispirata a Jacqueline Morineau, direttrice e fondatrice del CMFM di Parigi, ha varcato la soglia della casa circondariale di Noto. Ad accogliere il gruppo di lavoro, costituito dal responsabile del Centro di Mediazione Giuseppe Di Rosa, e da Salvatore Grande, Assunta Rizza e Maria Micciulla della  Coop. Sociale Leonardo, sono stati il direttore della Casa di Reclusione Santo Mortillaro, l’educatrice Francesca Alì, la psicologa Maria Cristina Tomaselli, il Sostituto Commissario Giovanni Mangano e 24 detenuti. Dopo un primo momento di presentazione del progetto, 23 detenuti hanno scelto di partecipare al laboratorio sulla mediazione che li vedrà coinvolti per 5 incontri distribuiti nell’arco di due mesi. Gli argomenti trattati saranno la comunicazione interpersonale, la dinamica  delle emozioni,  la gestione dei conflitti e la mediazione umanistica. L’ultimo incontro vedrà la partecipazione di un esperto della giustizia riparativa e la consegna del “Premio in Memoria di M. Betulla”  istituto dal Centro di Mediazione per coloro i quali, a conclusione del percorso realizzato, presenteranno un elaborato quale attestazione del lavoro svolto. I partecipanti inoltre riceveranno un attestato di partecipazione finale. “Oggi più che mai ha senso parlare di mediazione, in ogni contesto: scuola o carcere che sia. Essa è una delle più importanti opportunità  per trovare un senso alla vita,  un  modo per uscire dalla sofferenza e approdare a una vita di verità e felicità – è  stato dichiarato all’unisono-. Nella vita si sbaglia spesso, ma per alcuni, gli sbagli provocano limitazioni di libertà e  frustrazione. La mediazione è uno strumento per riprendere in mano i propri sbagli,  riconoscerli e accettare tutte le conseguenze positive e negative, senza che siano gli altri a imporre soluzioni, che non sempre seguono percorsi di umanizzazione. Nel processo della mediazione, gli sbagli offrono l’opportunità di conoscersi in profondità e di attuare la giustizia nei riguardi delle persone offese. Cosi la mediazione  diventa una nuova forma di giustizia dove i confliggenti diventano soggetti capaci di riconscersi reciprocamente come persone e dove soprattutto non ci sono vinti né vincitori”.

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