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Attualità: la cattiva società in cui viviamo e il business del recupero crediti

di Concetto Alota –

Abbiamo la necessità di un ritorno al passato con una cooperazione basata al rispetto del prossimo. Viviamo in una società cattiva e priva di nobili principi. Si ripete l’uso-abuso di telefonate o lettere con la richiesta di un pagamento, a volte anche con saldo e stralcio, da parte di alcune agenzie di recupero crediti per conto di un gestore di luce, gas, acqua e/o altro. La logica deduzione che si registra “sul campo di battaglia” vuole di non accettare subito la richiesta di soldi o firmare qualcosa per la pressione subita, ma di riflettere e controllare la verità dei fatti contestati perché spesso gli operatori sono furbi e in malafede, non tutti per la verità, che chiedono minacciosamente il pagamento veloce senza alcuna giusta spiegazione; a volte si presentano di persona, minacciando fisicamente i malcapitati, e spesse volte portano a casa risultati positivi a scapito di cittadini o aziende ignari dei loro diritti possibili contro le società che erogano gas, corrente, telefonia o altro, senza le regole dettate dalla legge civile in materia di recupero del credito. Ma per la cronaca, in merito non sono mancate le denunce e le condanne.

Spesso porzione del credito che dicono di ricevere è illegale, non corretto o addirittura non dovuto affatto, come costi e interessi illegali; invece, è giusto controllare prima di ogni presupposto o scelta delle fatture originali che il gestore della fornitura aveva mandato, o comunque richiedere sempre le fatture in originale. La regola è di non pagare assolutamente mai un debito senza aver visionato le fatture contestate. Intanto, non bisogna avere paura da chi minaccia prima ancora di spiegare cosa vuole dire o chiarire perché si potrebbe trattare di un banale errore. Capita a volte, per mera ignoranza, che il malcapitato scivola nella trappola della mancanza della prova per verificare se è intervenuta negli anni la prescrizione che, per le bollette di energia elettrica sono 2 anni, per tutte le bollette emesse dopo il 1° marzo 2018 e di 5 anni, per tutte le bollette emesse prima del 1° marzo 2018. 

La materia è abbastanza complessa, anche se il diritto di merito è chiaro; sempre meglio affidarsi ad un legale di fiducia. Nel caso in cui una società recupero crediti richieda il pagamento di somme di denaro per mancato rispetto di quanto dovuto, è necessario verificare la correttezza della richiesta. Le motivazioni, che possono portare anche alla totale insussistenza della pretesa, sono diversi. Occorre capire se la stessa società è regolarmente titolare per chiedere al consumatore quel credito. In questo caso possono esistere due probabilità: che la società sta agendo per conto di un’altra, magari con un mandato, o che la società ha acquistato il credito da un’altra società e a sua volta ha dato mandato a imprese di recupero crediti che agiscono per conto di terzi, ma comunque devono esibire sempre il mandato e tutte le prove necessarie a comprendere che agiscono in maniera autorizzata e che la richiesta sia reale e non inventata, e nemmeno senza pressioni e ricatti, come spesso avviene.

Se non si arriva all’accordo bonario, bisogna chiarire, per poter agire in maniera valida, occorre che le società devono instaurare un procedimento d’ingiunzione, ai sensi dell’art. 633 c.p.c. rubricato «condizioni di ammissibilità», ed essere creditori «di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili», e dare sempre la prova scritta del diritto fatto valere.
Ai sensi dell’art. 634 c.p.c. «sono prove scritte le polizze, fatture o le bollette di luce, gas, acqua o altro, non pagate, le promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi. Per crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano attività commerciale, sono altresì prove scritte gli estratti autentici delle scritture contabili purché bollate e vidimate».

L’avviamento del procedimento avviene da parte del creditore, il quale domanda al giudice competente di ottenere nei confronti del debitore una ingiunzione di pagamento, conformemente alla prova scritta che deve essere sempre allegata alla richiesta da parte dell’avvocato difensore. A sua volta lo stesso debitore si deve affidare necessariamente ad un avvocato di fiducia per contrastare la posizione dominante del creditore.

Ai sensi degli artt. 637 e 638 c.p.c., la domanda d’ingiunzione si propone nella forma del ricorso al giudice competente. Quest’ultimo (che deve figurare nella intestazione del ricorso) è il giudice di pace, o il tribunale in composizione monocratica, competente per la domanda proposta in via ordinaria, che per l’individuazione del giudice competente occorre fare riferimento agli artt. 7 e ss. c.p.c. .

Per quanto riguarda la competenza per valore, per poter adire il giudice di pace occorre che il diritto di credito non sia superiore ad euro 5.000,00, mentre al di sopra la competenza diventa del tribunale, mentre per la competenza territoriale, il ricorso deve essere rivolto al giudice di pace o tribunale, in relazione al valore del luogo di residenza del debitore.

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