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Crisi del petrolchimico, manca il dialogo tra le parti: basta alla vecchia logica che inquinando si risparmia

Ancora uno spunto interessante sulle tematiche che investono il Petrolchimico siracusano, da parte di Giovanni Intravaia, che definisce “imperativo e categorico coniugare sviluppo e sicurezza per sancire la salvaguardia dell’ambiente e il rispetto della vita umana. L’essere umano non può  uccidersi devastando il contesto in cui vive e da dove trae le risorse necessarie per viverci”.

Sull’inquinamento selvaggio in generale, l’unica cosa certa che viene fuori dagli studi e dalle varie perizie, è l’aumento dei morti per cancro. Dopo il colpo assestato alle industrie da parte della Procura di Siracusa, con il sequestro degli impianti delle raffinerie e dei depuratori del Petrolchimico siracusano per l’inquinamento ambientale riscontrato, il pool di magistrati guidati dall’ex procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, aveva iniziato una seconda inchiesta sui morti e sulle centinaia di vittime di tumori che potrebbero essere stati provocati dall’inquinamento ambientale, con l’affidamento delle perizie a tre consulenti le cui risultanze sono arrivate da poco sui tavoli dei Pm siracusani. Così la conferma dei dubbi, con la certezza che l’unica cosa certa nei territori con forte inquinamento in generale e l’aumento della causa di morte per tumore.

Sono anche i dati dello studio Sentieri che supportano un profilo abbastanza negativo per la salute delle popolazioni che abitano nei 45 Siti di Interesse Nazionale o Regionale per le bonifiche. I dati segnalano un eccesso di mortalità e una dismisura d’incidenza dei tumori nell’insieme della popolazione residente nelle aree in cui sono presenti siti d’interesse nazionale, e le nostre attuali conoscenze sul profilo tossicologico dei contaminanti presenti nell’aria, nei suoli, nell’acqua di falda e nella catena alimentare sono in grado di spiegare una parte di questi eccessi, e mostra alcune criticità anche nel profilo di salute dei bambini e dei giovani residenti nel periodo 2006-2013 nell’insieme dei 45 Siti. Circa 1.160.000 bambini in età pediatrica e adolescenziale (0-19 anni) e 660 mila giovani (20-29 anni) risiede nei 319 comuni inclusi nei Siti (censimento 2011).

Tra i bambini con meno di un anno di vita che risiedono nei territori inquinati, 117 mila (circa 8 mila in più rispetto alla media nazionale) sono stati ricoverati per qualunque causa naturale; tra questi sono 53 mila i bambini ricoverati per condizioni morbose di origine perinatale (circa 2 mila in più della media italiana). Quest’ultimo gruppo include un ampio ed eterogeneo insieme di condizioni morbose che includono ad esempio disturbi correlati alla durata della gestazione, a disturbi respiratori e cardiovascolari specifici del periodo perinatale, a disturbi endocrini e metabolici nel feto e del neonato. Per quanto concerne l’età pediatrica (0-14 anni) è rilevata un eccesso di circa 22 mila ricoverati per tutte le cause naturali, di 4 mila per le malattie respiratorie acute e 2 mila per l’asma.

La Direzione competente del ministero dell’Ambiente sta seguendo con attenzione l’iter complesso della messa in sicurezza e bonifica delle varie aree del Sin di Priolo, dove è stata riscontrata contaminazione nei terreni, nei sedimenti marini, nelle acque superficiali, sotterranee e profonde. E anche le altre Direzioni interessate stanno seguendo quanto concerne di loro competenza, dalle autorizzazioni integrate ambientali (Aia) per gli impianti industriali alla qualità dell’aria all’abbattimento delle emissioni.

Nemmeno il tempo di capire quali sono gli esiti dell’inchiesta della magistratura siracusana, che già si ammassano le truppe formati da prosseneta, stampa prezzolata, cavalieri pagati per sguainare le spade della paura che paventano dubbi sul futuro e il destino di migliaia di famiglie. Formare un presupposto basato sulla paura per lavoratori e cittadini di un ricatto da parte delle lobby della chimica e della raffinazione che potrebbe portare alla chiusura degli impianti e a quasi diecimila lavoratori licenziati, disoccupati, cassa integrazione per trasformare in un grande deposito costiero il petrolchimico siracusano.

La politica e i sindacati in tal senso non prendono le dovute posizioni e della necessaria dialettica tra Assindustria, sindacati e istituzioni. E non spetta alla magistratura dettare la politica nell’interesse della collettività siracusana, ma alla politica. D’altronde, o la botte piena o la moglie ubriaca. Non sono fabbriche di profumo, ma di veleni.

“L’inchiesta sull’inquinamento industriale del Petrolchimico – dichiara a caldo il procuratore della Repubblica di Siracusa del tempo Francesco Poalo Giordano – nasce con le denunce, le segnalazioni di decine di cittadini, di associazioni, anche di alcuni comuni. Abbiamo affidato una perizia tecnica ai professori Rino Felici, Nazareno Santilli e Mauro Sanna, autori anche della perizia sull’Ilva di Taranto, limitatamente all’aspetto dell’inquinamento ambientale. E siamo arrivati alle conclusioni che questi impianti non hanno applicato le migliori tecnologie possibili. Tutto Questo ha prodotto emissioni irregolari che in diversi momenti hanno superato i limiti massimi consentiti dalla legge, per sostanze inquinanti. I Pm sostengono che questi impianti hanno dato un significativo contributo al peggioramento della qualità dell’aria dovuto alle emissioni degli impianti”.

L’obiettivo finale è difendere l’ambiente e mantenere i posti di lavoro, ma soprattutto tutelare la salute umana. Occorre, dunque, un impegno concreto, da parte di tutti i soggetti coinvolti a partire dalle istituzioni locali, come i comuni, dove i sindaci fanno da sempre il bello e il cattivo tempo per raggiungere un risultato che sta a cuore a tutti, come il riscatto e la rinascita “verde” della zona industriale di Siracusa.

Occorre ancor di più considerare il valore della qualità della vita e dei benefici che potrebbero scaturire per la collettività da un impegno serio nelle bonifiche dei territori contaminati. L’ha fatto l’equipe composta da Carla Guerriero e John Cairns della London school of Hygiene and Tropical medicine e da Liliana Cori e Fabrizio Bianchi dell’Ifc-Cnr di Pisa con uno studio che ha analizzato il piano di risanamento dei Sin di Gela e Priolo in Sicilia. “Abbiamo comparato i costi delle bonifiche ai potenziali benefici della popolazione in termini di salute – conferma l’economista sanitaria Carla Guerriero – E abbiamo messo a bilancio quelli intangibili che diventano poi tangibili nel lungo periodo per il Sistema sanitario nazionale, a causa delle patologie che affliggono chi vive all’esposizione dei siti contaminati”. Il risultato è sconcertante: a fronte di 127,4 milioni di euro previsti per la bonifica di Gela e 774,5 per Priolo Gargallo, il beneficio economico a partire da 20 anni dalle bonifiche sarebbe pari a 10 miliardi. Evitando annualmente 47 casi di morte prematura, 281 casi di ricoveri ospedalieri per tumori e 2.702 per tutte le cause. “Gli effetti che i reati ambientali determinano sulle popolazioni che vivono nei Sin si prolungano per più generazioni. Dobbiamo intervenire subito”. È necessario, prima ancora che conveniente.

I tumori maligni nell’infanzia rappresentano per lo più eventi sanitari rari, ma sono d’indiscussa rilevanza da un punto di vista di sanità pubblica. Per tale motivo, anche un numero relativamente ridotto di casi in eccesso per queste patologie costituisce un evento sentinella e quindi elemento di attenzione soprattutto in aree contaminate da inquinanti d’interesse tossicologico, quali quelli tipicamente riscontrati nei Siti indagati.
Le analisi effettuate mostrano 666 nuovi casi di tumore maligno tra i bambini e i giovani (0-24 anni) nei 28 Siti, il 9% in più rispetto ai coetanei che vivono in altre aree italiane che non includono siti contaminati d’interesse nazionale.
Per quanto concerne specifici tipi di neoplasia, gli eccessi evidenziati, rispetto alle aree italiane non incluse nei Siti, riguardano i sarcomi dei tessuti molli in età pediatrica (0-14 anni), le leucemie mieloidi acute sia complessivamente (0-29 anni) che in particolare tra i bambini (0-14 anni), i linfomi NonHodgkin e i tumori del testicolo tra i giovani.

Nonostante l’accertata maggiore vulnerabilità dei bambini agli inquinanti ambientali e l’aumento dell’incidenza dei tumori pediatrici globalmente e nei paesi industrializzati, l’eziologia della maggior parte delle neoplasie nei bambini è per lo più ancora sconosciuta.

I risultati dello studio Sentieri indicano un potenziale impatto di fonti d’inquinamento presenti nei Siti sullo stato di salute dei bambini e dei giovani residenti e devono essere utilizzati per favorire e indirizzare gli opportuni approfondimenti.

E’ necessario proseguire la sorveglianza epidemiologica sui bambini e giovani che vivono nelle aree contaminate, basata su metodi e fonti informative accreditati, per monitorare cambiamenti nel profilo sanitario nei bambini e nei giovani che possa essere associato a cambiamenti nei profili di contaminazione ed esposizione nei Siti.

Occorre altresì, identificare, sulla base degli elementi di criticità emersi, gli appropriati disegni d’indagine che consentano di valutare il ruolo di specifiche esposizioni ambientali nell’eziologia delle patologie infantili nelle aree contaminate.

Al Sud gli indicatori d’impatto sulla salute continuano a segnalare una serie di criticità in accordo con la persistenza di diffusa contaminazione ambientale. Occorre ora consolidare le attività in corso e contribuire a ridurre il carico di malattie nelle aree del Paese maggiormente penalizzate dai problemi di contaminazione ambientale.

In conclusione, il rafforzamento della sorveglianza epidemiologica nei Siti si pone come esigenza prioritaria per potenziare le attività di prevenzione e le strategie di sanità pubblica, garantendo la disponibilità di un flusso di conoscenze aggiornato sulla salute delle popolazioni che vivono nei siti contaminati, come quello del Sin denominato Priolo.

Ecco alcune delle prescrizioni alla raffinerie del petrolchimico siracusano da parte del Gip: “Riduzione delle emissioni provenienti dell’impianto con la copertura delle vasche costituenti l’impianto di trattamento delle acque. Monitoraggio del tetto di tutti i serbatoi contenenti prodotti volatili. Realizzazione di impianti di recupero dei vapori ai pontili di carico e scarico”.

La via di uscita indicata dalla magistratura siracusana sembra essere quella dell’Ilva di Taranto. Cioè individuare le prescrizioni per evitare la chiusura dello stabilimento, una volta accertato che lo stesso è fonte di inquinamento ambientale. Ma le industrie collaboreranno a realizzare tutto ciò, oppure continueranno con il vecchio andazzo dalla logica deduzione che inquinando si risparmia?

Concetto Alota

 

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