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Ex carcere borbonico abbandonato, inchiesta sulla dirittura d’arrivo

È in dirittura d’arrivo l’inchiesta sullo stato di abbandono dell’antico carcere borbonico. L’indagine è una delle ultime che il procuratore aggiunto Fabio Scavone, che questo specifico filone d’indagine sarà uno di quelli che intende portare a compimento prima del suo trasferimento alla Procura di Catania che dovrebbe avvenire tra gennaio e febbraio. Lo storico edificio di via Vittorio Veneto è, a tutt’oggi, sotto sequestro dopo il provvedimento del gip del tribunale aretuseo, eseguito dai carabinieri il 12 febbraio a causa dello stato di abbandono in cui versa. L’operazione dei Carabinieri della sezione di tutela patrimonio culturale, di concerto con la Soprintendenza ai beni culturali, s’inserisce nell’ambito di un’azione di monitoraggio e salvaguardia degli immobili storici minacciati dal degrado e dall’incuria.  

L’attività d’indagine ha consentito di verificare e documentare lo stato di assenza di interventi e di manutenzione dell’immobile e il grave deterioramento determinato dalla persistente omissione dei lavori necessari alla messa in sicurezza e dell’adozione di provvedimento, volto a evitarne il degrado. I sopralluoghi effettuati hanno permesso agli inquirenti di rilevare danni consistenti agli elementi strutturali, che rendono attuale il pericolo di crollo, costituendo un rischio anche per la pubblica incolumità.  

In questi mesi l’indagine ha riguardato l’esame dei commissari straordinari che si sono susseguiti dal momento della soppressione delle Province regionali per dare spazio ai Liberi consorzi comunali. Ognuno dei commissari ha avuto modo di illustrare l’attività svolta per evitare il degrado dell’edificio ortigiano. Da quanto è stato possibile ricostruire, i commissari hanno protestato la loro estraneità alla vicenda sostenendo di non avere avuto alcuna notizia sulle condizioni dell’ex carcere mentre alcuni di loro hanno riferito di avere avuto risposte, tutto sommato, tranquillizzanti da parte dei funzionari addetti al patrimonio dell’ente di via Roma. 

Il sequestro è avvenuto al culmine di una serie di attività di controllo e di alcuni sopralluoghi da parte delle forze dell’ordine per contrastare il fenomeno degli atti vandalici. Nel 2018 è stata effettuata anche una pulizia straordinaria del cortile e delle altre pertinenze della casa cu’ ‘n’occhiu ad opera di volontari. Il problema della completa ristrutturazione, però, è sempre rimasto insoluto. L’ex Provincia regionale ha fatto eseguire degli interventi conservativi che sono serviti a mettere in sicurezza la struttura ed ha anche attivato un servizio di sorveglianza.  

Dopo l’intervento di messa in sicurezza, l’ente proprietario aveva ricevuto l’offerta da un privato che avrebbe voluto trasformare il carcere in un albergo a cinque stelle. Il consiglio comunale, competente per territorio, però, non accolse l’iniziativa, anzi, nel 2004, nell’approvare il Piano particolareggiato di Ortigia, ha dichiarato l’edificio d’interesse culturale, bloccandone, quindi, ogni altro tipo di destinazione d’uso.  

Lo scorso anno, a seguito della dichiarazione di dissesto finanziario, il Libero Consorzio ha inserito il bene architettonico tra quelli da alienare. Nel mese di ottobre è stato messo all’incanto a un prezzo di 6 milioni 807mila euro ma l’asta è andata deserta così come la seconda, quando il valore dell’immobile è stato fissato in 5milioni e 6700mila euro. 

L’ex carcere borbonico è ormai in disuso dal 16 dicembre 1990 quando, a seguito della seconda scossa del terremoto di santa Lucia, l’edificio subì lesioni tali da indurre l’amministrazione penitenziaria a trasferire in altre carceri le decine di detenuti che vi erano ospiti e che quel pomeriggio si resero protagonisti in tanti dell’abbandono della struttura dopo essersi arrampicati per l’alta inferriata. Rimasero in servizio, ancora per pochi mesi, alcuni agenti di polizia penitenziaria ma poi il pesante battente del carcere si chiuse per sempre.  Da allora, si sono susseguiti progetti, idee, intenzioni che però sono rimasti solo sulla carta, quindi, lettera morta fino a quando otto mesi fa i carabinieri hanno apposto i sigilli al portone principale dell’edificio costruito dai borboni 135 anni addietro per adibirlo a struttura penitenziaria. 

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