CulturaPrimo Piano

L’altra storia della strage di via Carini a Palermo

Il giudice istruttore Giovanni Falcone aveva appena concluso l’inchiesta sull’omicidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo. A suo giudizio, fu ordinata dai super boss della mafia vincente. Ed è per questo che, nel luglio del 1983, lo stesso magistrato firmò un mandato di cattura contro sei mafiosi, tra Cui Totò Riina, Michele Greco e Nitto Santapaola. Coinvolti nelle indagini anche i siracusani Nunzio Salafia, Antonio Ragona e Salvatore Genovese, sospettati di aver partecipato alla strage di via Isidoro Carini. I loro nomi sono saltati fuori al termine di una martellante indagine durata nove mesi e basata anche sugli appunti e sulle intuizioni del prefetto di Palermo. Dalla Chiesa, infatti, era riuscito a trovare un filo conduttore per spiegare la nuova geografia nella mafia imprenditrice.

Il viaggio di questa cronaca dimenticata continua con la strage della circonvallazione, dove morirono il boss catanese Alfio Ferlito, il carabiniere siracusano Salvatore Raiti e gli altri due suoi colleghi della scorta, oltre all’autista dell’auto, Giuseppe Di Lavore. Troviamo così, tra le righe della cronaca, un personaggio singolare: il siracusano, Armando Di Natale, 41 anni residente ad Augusta metalmeccanico prima di diventare trafficante di droga; fu ammazzato a colpi di pistola sull’autostrada Serravalle-Genova il 10 ottobre del 1982 perché sospettato di essere uno dei “superpentiti” che avrebbero permesso di individuare i componenti del commando della strage della circonvallazione di quella del 3 settembre del 1982 di via Carini. Armando Di Natale avrebbe pagato con la vita il sospetto dello sgarro, ma rimangono tanti dubbi. I sostituti procuratori di Palermo, Consoli e Signorino, titolari dell’inchiesta sul triplice omicidio di via Carini, spiccarono altri provvedimenti restrittivi contro i siracusani, Nunzio Salafia, Salvatore Genovese e Antonio Ragona (alla fine prosciolti). I tre furono catturati dalla Squadra Mobile di Palermo nelle campagne di Siracusa, dove la polizia sarebbe andata su precisa “imbeccata”.
Subito dopo il giudice istruttore, Giovanni Falcone, incriminò tutti anche per la strage della circonvallazione eseguita con la stessa tecnica operativa e identico uso del micidiale “Kalashnokov” arrivato in Sicilia, e che faceva parte di un’intera partita, via mare da Beirut in Libano, e importato da un commerciante insospettabile di Siracusa. Contro Armando Di Natale il giudice Giovanni Falcone pochi giorni prima della sua esecuzione sull’autostrada aveva emesso un ordine di cattura in concorso con Santapaola, Salafia, Genovese. Ma per l’agguato sia al Prefetto Dalla Chiesa, così come per la strage della circonvallazione di Palermo, i siracusani furono prosciolti per “la dimostrata insufficienza degli elementi a loro carico” e non per l’accertata estraneità delle due stragi mentre per Armando Di Natale fu chiesto il non luogo a procedere per avvenuta morte. Anche questo fa parte della storia dell’uccisione del prefetto Dalla Chiesa, di cui oggi si celebra il quarantesimo anniversario.

Concetto Alota

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *