Cultura

Lentini, il centro storico: luogo dimenticato

IIl luogo dell’anima, il custode della memoria, il guardiano dei ricordi. Così è per Lentini, o meglio, lo era. La sede principe del suo nucleo urbano accusa ormai da tempo un lento e costante processo di deterioramento, il punto nevralgico del suo territorio sprofonda inesorabile in un considerevole e melanconico stato di abbandono. Col trascorrere dei decenni, il centro storico si è progressivamente trasformato in periferia e i suoi abitanti, sempre più dimenticati, subiscono la ghettizzante emarginazione di chi viene lasciato solo.

La tematica inerente alla cura del volto più intimo di Lentini, insieme con l’attuazione del piano di riequilibrio finanziario dell’ente e la risoluzione del disastro ambientale, è certamente uno degli aspetti cruciali – e non rinviabili – per la nostra comunità. Ingegnarsi seriamente per il rilancio e per la fruizione del centro storico (portando innanzitutto a compimento i finanziamenti stanziati negli ultimi anni dalla Regione Siciliana – mediante decreti dirigenziali – nell’ambito dei fondi previsti dalla Legge del 31 Dicembre 1990, n. 433, «Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dagli eventi sismici del Dicembre 1990 nelle Province di Siracusa, Catania e Ragusa») rappresenta dunque un passaggio obbligato per l’Amministrazione uscente o per qualsiasi altra nuova compagine sarà chiamata a governare. Una parte dei 208,8 miliardi di euro in arrivo dal Recovery Plan (ossia i progetti di riforma strutturali, finanziati dal Next Generation EU e, quindi, dal Recovery Fund varati dal Consiglio Europeo nell’ormai celebre accordo del 21 Luglio 2020, durante il secondo vertice più lungo della storia dopo quello di Nizza svoltosi nel 2000), peraltro, verranno destinati proprio alla riqualificazione urbanistica. Senza dimenticare, ancora, le future dotazioni economiche in capo al Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) 2021-2027.

Se ci limitassimo, però, all’aspetto delle mere risorse pecuniarie – illudendoci di poter risolvere definitivamente la questione in oggetto – commetteremmo un grave errore. Attingere ai fondi è doveroso oltre che necessario, ma non potremo mai discutere di rinascita del centro storico lentinese senza un’analisi oculata degli aspetti caratterizzanti il nostro passato, uno studio attento dei fenomeni nel nostro presente ed una programmazione lungimirante del nostro futuro. Non potremo mai discutere di una sua riscoperta senza conoscerne il patrimonio storico-culturale, le peculiarità gastronomiche e gli antichi mestieri. Non potremo mai discutere di una sua ripresa senza approfondirne la trasmigrazione delle principali attività nelle aree più moderne del tessuto urbano, la mancanza dei servizi basilari e l’abusivismo imperante. Non potremo mai discutere di una sua rivalutazione senza coglierne i possibili elementi di forza, le strategie di marketing percorribili e il/la più corretto/a utilizzo/salvaguardia dei beni architettonici.

Lo scrigno più prezioso della città reclama ardentemente il tracciamento di una visione condivisa fondata sull’ascolto e sul dialogo, sulle competenze e sulla multidisciplinarità, sulla sinergia e sull’amore per il territorio. Quest’ultima andrebbe perseguita attraverso la permanente collaborazione organizzativa con le realtà imprenditoriali e del terzo settore, il presidio della legalità e la cura del territorio, la creazione di meccanismi virtuosi politico-economici (in relazione, ovviamente, alle prerogative comunali) in grado di favorire/sostenere l’incremento delle strutture ricettive in loco e che consentano tanto ai residenti quanto ai forestieri di credere, di scommettere, di investire con l’ampia garanzia di trarne profitto a medio-lungo termine. Tale visione, infine, andrebbe integrata con la riapertura della stagione degli scavi nel Parco Archeologico e nell’Area del Castellaccio (insieme con le rispettive zone limitrofe), con l’intensificazione del turismo religioso-conoscitivo legato alle figure dei Santi Martiri (rincalzandone i luoghi ed i percorsi devozionali) e con il ripensamento in chiave strategica della collocazione geografica di una Lentini crocevia infrastrutturale tra le Province etnea (con l’Aeroporto Vincenzo Bellini di Catania-Fontanarossa a pochi minuti), aretusea ed iblea nel cuore di ben tre siti insigniti dall’UNESCO del titolo di Patrimonio dell’Umanità (le Città tardo barocche del Val di Noto, 2002 / Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica, 2005 / il Monte Etna, 2013).

Occorre cambiare rotta, consapevoli dell’impellenza di dover adoperare linguaggi e metodi nuovi, ma soprattutto dell’esigenza di doversi premunire di tanta determinazione e pazienza. I gigantismi mediatici, gli eventi occasionali e le paventate rigenerazioni urbane non sono più sufficienti. La gravità dei mali che acuiscono le sofferenze del nostro territorio, del nostro tessuto socio-economico e della nostra comunità richiedono purtroppo terapie di ben altro tenore.

I prossimi anni saranno cruciali per il destino dei nostri luoghi, delle nostre vite: questo non è il tempo di correre da soli, ma di unire le forze. Ed ecco che la strada degli approcci corali, scevri da ogni forma di bieco individualismo, diviene l’unica percorribile.

Lentini sa essere una madre premurosa, che ti rialzerà dopo una caduta; una sorella attenta, che sarà disposta ad ascoltarti; una figlia tenera, che vorrà stringerti la mano.

Ma la nostra madre, la nostra sorella, la nostra figlia adesso è in serio pericolo: a ciascuno di noi quindi, nei rispettivi ruoli, l’inderogabile ed improcrastinabile compito di metterla in salvo.

Emanuele Grillo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *