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Lotta alla mafia: i testimoni di giustizia spesso abbandonati e senza scorta

I testimoni di giustizia in molti casi non sono protetti in maniera adeguata. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, in merito ha dichiarato: “Le persone a rischio che hanno dato una collaborazione allo Stato, hanno esposto i loro familiari, non possono essere dimenticate dallo Stato”.

Il contributo dei testimoni di giustizia è fondamentale per le indagini e per la lotta alle mafie. Le prefetture spesse volte sono responsabili dei tormenti che i testimoni di giustizia giocoforza patiscono. I tanti esposti e le richieste di aiuto da parte dei testimoni di giustizia il più delle volte non vengono approfondite e finiscono con un nulla di fatto. L’allarme viene denunciato in tutte le salse, ma nessuno interviene. I testimoni diventano preziosi, scortate fino alle dichiarazioni in aula e le relative condanne grazie alle loro testimonianze, ma diventano carne da macello subito dopo. La loro collaborazione è indispensabile contro la lotta al crimine organizzato, ma spesso diventano eroi da commemorare.

Sono tanti i testimoni di giustizia, che protestano perché gli è stata negata la scorta. A volte a condannare i testimoni e i collaboratori di giustizia è l’assordante silenzio della politica. Forse perché si ritiene un tema sgradevole sul quale ci sono pertinenti attribuzioni di colpe o responsabilità. Manca poi l’impegno nei confronti di uomini che hanno abbandonato le gioie della vita, per passare nell’inferno sulla terra. E questo perché la politica, le istituzioni, la società civile, si devono impegnare davvero sui modi e i termini della sicurezza e delle concessioni delle scorte, così come delle facili modalità di revoca della protezione.

Le minacce dei mafiosi ai testimoni non hanno un termine, ma sono per sempre. Si tratta di persone a rischio che si trovano tra due fuochi: da una parte i mafiosi condannati che vogliono punirli per averli fatti condannare, dall’altra lo Stato che troppo spesso li lascia soli. Occorre ricordare che l’applicazione soggettiva per ogni singolo testimone, fin dalla nascita della legge che regola la materia, è assicurata da parametri più stringenti ed è stata prevista la personalizzazione e la gradualità delle misure da adottare preferibilmente con l’applicazione delle stesse nella località di origine del testimone. Una misura diversa per ogni singola storia giudiziaria, in base alla pericolosità delle persone fatti condannare. Ma molte volte a testimoni di giustizia che hanno determinato la condanna di elementi di primo piano della mafia, viene concessa la semplice vigilanza dinamica, condannandoli così al martirio ogni momento della loro esistenza, giorno e notte. Un dramma, un supplizio.  

Chi diventa testimone di giustizia per tutelare la propria vita e quella della propria famiglia perde la libertà di movimento, la normale vita di tutti i giorni, la possibilità di incontrarsi con parenti e amici. Tutto ciò coinvolge il nucleo familiare che si troveranno a condividere paure, sconforto e minacce. La riforma sui testimoni di giustizia, entrata in vigore a febbraio 2018, introduce una definizione più stretta di testimone, figura molto diversa da quella del collaboratore, perché si tratta di persone che non hanno commesso reati, come l’estorsione, quindi vittime, o hanno assistito a delitti e per questo si trovano in situazioni di grave pericolo. La nuova legge prevede misure di protezione speciali, da individuare caso per caso, e che possono includere il sostegno economico, il reinserimento sociale e lavorativo.  

C.A.

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