Mafia, rifiuti e corruzione, Aldo Ganci Mns: montagne di spazzatura e fanghi velenosi diventano denaro sonante
È l’avvocato Aldo Ganci, Coordinatore per la Sicilia del Movimento Nazionale per la Sovranità, a mettere ancora una volta il dito nella piaga dell’enorme business chiamato Mafia & Rifiuti. Scrive Ganci: “Sotto l’ombrello di Cosa Nostra insiste il grande affaire dell’immondizia nella Sicilia dei Gattopardi. Secondo Ganci – si tratta di una crisi pilotata per gestire i miliardi che girano attorno all’immondizia con il beneplacito di certa politica, com’è accaduto in Campania per la camorra. La nuova frontiera del business della mafia, quella con i colletti bianchi è ora anche in Sicilia. Quando si parla di mafia e rifiuti si entra inevitabilmente in un terreno pericoloso, intricato e ambiguo. Montagne di denaro che girano in un’orbita viziosa e una distribuzione di soldi a ventaglio attraverso le gare alle quali partecipano una o due aziende e con una parcellizzazione delle stazioni appaltanti, come ha denunciato con forza e più volte l’Anticorruzione diretta da Raffele Cantone senza mai un solo provvedimento regolare. Tanti mafiosi, attraverso aziende di movimento terra o nel settore delle costruzioni edili a loro riconducibili, hanno manifestato interesse a costruire o ristrutturare alcune discariche localizzate in tutta la Sicilia. Molte imprese, originariamente impegnate nel settore del recupero dei metalli o nelle demolizioni, improvvisamente hanno cominciato a chiedere le autorizzazioni per il recupero dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata.
“In Sicilia poi nei tre poli petrolchimici, Priolo, Gela e Milazzo, quello dei rifiuti industriali e della depurazione è il più grande affare di corruzione con l’aggravante che da sempre è, blindato. Si avvisa verso la conclusione dell’inchiesta, con attese che non sono rose e fiori da parte della Procura di Siracusa sull’inquinamento dell’aria e della depurazione dei reflui industriali nella zona industriale siracusana.
“Le gare nei rifiuti civili non sono centralizzate, come il resto d’Italia, con i Comuni che hanno bandito appalti in proprio. I sindaci irreprensibili raccontano di gare milionarie alle quali partecipano pochissime imprese e il sospetto che vi sia una spartizione a tavolino della torta, in una sorta di cartello, è forte. Il caso Igm a Siracusa che dal Dopo Guerra in poi e fino a poco tempo fa è stata la regina indiscussa della gestione della raccolta dei rifiuti nella città di Siracusa e non solo; gli strascichi sono ancora oggi visibili in diversi comuni con la presenza di società partecipate.
“Vicino ai grandi gruppi e famiglie storiche del settore dei rifiuti presenti anche in Sicilia, molte aziende sconosciute in pochi anni hanno moltiplicato i propri fatturati. E non mancano le aziende in odore di mafia, o che pagano volentieri il pizzo ai clan.
“E ancora, scrive Ganci, come gli appalti da oltre 30 milioni di euro affidati all’unica offerta arrivata senza che alcuna preoccupazione è dichiarata vincente e affidataria dell’appalto. Contratti milionari con aziende che si presentano in pochi. Una sorta di carello. In alcuni casi le ditte che fino a prima avevano gestito il servizio appena bandita la gara stranamente ha fatto un passo indietro. Poche le aziende note che hanno diversi appalti in Sicilia che si è aggiudicano gara settennale nei grossi comuni. A Siracusa per il mega appalto da 128 milioni si è scatenata una guerra tra le famiglie locali che gestiscono il business. Da una parte le grosse imprese che si aggiudicano le gare in cordata con ditte locali. Appalti vinti e ottenuti affidamenti diretti in tutta la Sicilia.
“Di certo c’è che quello degli appalti dei rifiuti nella Sicilia è un sistema folle, nel quale è impossibile fare le verifiche sulle singole società a causa di un proliferare di piccole ditte che ricevono appalti a cinque zeri e a loro interno hanno una miriade di soci. La norma sui rifiuti prevede la possibilità, con il cosiddetto “191”, di derogare alle leggi ordinarie sugli appalti in caso di rischio di emergenza sanitaria. Una deregolamentazione in un settore allo sbando che sta facendo la fortuna di alcune ditte che ricevono senza gara appalti dai comuni e dai sindaci sull’onda infinita dell’emergenza rifiuti sotto l’ombra dell’omertà.
“Mentre prefetture e procure accendono i riflettori su come sono stati assegnati questi appalti nei comuni mettendo sotto accusa il sistema, si scopre che nel passato sono un centinaio i sindaci che senza alcuna trasparenza e con la scusa dell’emergenza rifiuti in strada hanno fatto affidamenti diretti per un ammontare di milioni di euro. Un giro di affari enorme, assegnato senza gare, senza avvisi pubblici e senza alcuna trasparenza e senza conseguenze giudiziarie.
“Nell’elenco dei cattivi una miriade di piccole ditte sconosciute – continua Ganci – ai più e sulle quali è sempre più difficile fare controlli capillari, con le prefetture sommerse dalle richieste di certificati antimafia. Insomma, il settore nell’Isola è ad alto rischio di corruzione e infiltrazione mafiosa anche negli affidamenti del servizio: la Sicilia è l’unica Regione nella quale, grazie a una norma voluta dal governo Crocetta, e non solo c’è stato un proliferare, ma si è consentito anche ai singoli Comuni di appaltare il servizio per anni invece di affidare queste gare agli Ambiti ottimali. Oltre 200 Comuni hanno fatto appalti in proprio, così in Sicilia invece di controllare poche ditte, come avviene nel resto del Paese, se ne dovrebbe controllare centinaia e spesso questo non è avvenuto.
“La mafia, politica e rifiuti una storia fatta di assunzioni clientelari, picciotti pronti a tutto, richieste di pizzo, infiltrazioni nei comuni e nelle società, interdittive antimafia. Spulciando i verbali della commissione parlamentare nazionale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti si trovano le segnalazioni, a decine, di prefetti, procuratori e investigatori che nero su bianco lanciano l’allarme sulle infiltrazioni della mafia. Un sistema, quello dei rifiuti, che in Sicilia muove tra raccolta e discariche muove miliardi di euro e che nell’Isola vive di leggi proprie con 260 stazioni appaltanti e un’incredibile frammentazione delle gare denunciata più volte anche dal presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone. Appalti e discariche in mano alla mafia: la riprova di queste infiltrazioni, in un contesto storico che ha radici profonde nella Sicilia, colonia di mafia nella ricchezza per pochi. Il settore dei rifiuti in Sicilia è “sporco”. Un campo ristretto d’oro, quello dell’immondizia di Sicilia, che muove circa 1,5 miliardi di euro, tra raccolta e discariche, scatenando appetiti fortissimi che portano i sindaci a subire pressioni e minacce, specie quando denunciano le infiltrazioni mafiose. Spulciando i verbali allegati alla relazione della commissione parlamentare nazionale d’inchiesta sul fenomeno dei rifiuti, ci si rende conto di quanto la situazione nell’Isola sia delicata.
“Gli stessi amministratori hanno ritenuto di evidenziare che tali gravi episodi potrebbero essere ricondotti al settore della gestione dei rifiuti tossici messi sotto terra nelle campagne sparse in tutta l’Isola, un fiume d’immondizia non controllata arrivata dalla Campania e smaltita in nero. Fanghi industriali nascosti in mezza Sicilia, tonnellate e tonnellate di amianto lasciate in cave abusive oppure in miniere dismesse, vecchie discariche mai bonificate e che producono inquinamento, come denunciato dalle forze di polizia e dall’Arpa più volte a chi non vuol sentire. La “terra dei fuochi” di Sicilia, dove le procure e le forze dell’ordine hanno alzato il velo su 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti smaltiti in maniera illecita, in alcuni casi grazie ai buoni uffici della mafia. Le aree sequestrate e ancora da bonificare, sono pari a 100 mila metri quadrati. Un angolo di Sicilia tossica, quello che emerge dai dati sulle ultime indagini e sui sequestri fatti dalle forze dell’ordine. Ma la speranza degli onesti svanisce – conclude Ganci – di fronte a tanta corruzione”.
C.A.