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Norme salva Isab e Ias, il Gip di Siracusa solleva questione di legittimità

Ritorna purtroppo d’attualità anche per il polo petrolchimico di Siracusa la questione del conflitto tra lavoro (o meglio produzione) e ambiente. Proprio come è accaduto in passato con Gela ed altri poli industriali e come accade da anni con le acciaierie a Taranto.

Lo scorso 12 dicembre il G.I.P. del Tribunale di Siracusa, Dott. Salvatore Palmeri, dinanzi al quale è in corso l’incidente probatorio per accertare le ipotesi accusatorie avanzate dalla procura nel procedimento penale sul depuratore consortile Ias di Priolo Gargallo per disastro ambientale, ha sollevato di fronte alla Consulta la questione di legittimità costituzionale di una delle norme c.d. “salva Isab”, quella che in caso di sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziariadi stabilimenti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale o di impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva (il depuratore Ias, appunto), consente al giudice di autorizzare la prosecuzione dell’attività se sono state adottate misure di bilanciamento tra le esigenze dell’attività produttiva e dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente. Tuttavia secondo la Procura di Siracusa, i decreti “salva Isab/Ias” vìolano i principi appena richiamati, operando solo un apparente bilanciamento fra beni costituzionali in potenziale conflitto, consentendo una compressione eccessiva e illegittima del diritto alla salute e all’ambiente in favore del diritto alla libera iniziativa economica privata. Ciò accade perché il decreto interministeriale del 12/09/23, sostanzialmente sostituisce le prescrizioni più rilevanti delle autorizzazioni vigenti, consentendo l’immissione di reflui connotati da percentuali di inquinanti di gran lunga superiori ai limiti di legge.

Si prevede inoltre la misurazione della media mensile dei valori anziché giornaliera, in tal modo consentendo che le aziende possano effettuare degli scarichi di reflui caratterizzati da picchi giornalieri di inquinanti potenzialmente illimitati. Incredibilmente per i parametri Idrocarburi Totali, Fenoli e Solventi Organici Aromatici il DPCM prescrive il rispetto di indefiniti valori limite massici annuali. La determinazione puntuale di tali limiti massici, espressi come quantità di inquinante emessa nell’arco di un anno, viene rimandata ai provvedimenti di riesame delle AIA di tutti i Grandi Utenti e lasciando nel vago chi, come e quando dovrebbe regolamentare e con quali limiti emissivi il lungo periodo transitorio finché non si giungerà alla conclusione delle procedure di riesame.

Leggendo l’ordinanza del Gip (e il parere della Procura in essa richiamato) risulta evidente che ad essere “sotto accusa” è l’intero impianto normativo messo in piedi in seguito al sequestro preventivo per evitare la chiusura del depuratore – ritenuto dai giudici inidoneo strutturalmente a trattare i reflui industriali – e garantire la continuità produttiva del polo petrolchimico di Siracusa.

Se non vogliamo che la vicenda del depuratore dell’Ias e dei grandi impianti industriali ad esso collegati si avvii fatalmente verso una situazione di stallo che ricorda il caso delle acciaierie dell’ex Ilva di Taranto, occorre intervenire subito.

“Ancora una volta – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – in Italia si costringe la magistratura ad intervenire su problemi lasciati insoluti per anni dalle altre istituzioni e dalla politica nazionale e locale. La continuità produttiva non deve più, in nessun caso, mettere in pericolo la salute dei cittadini né provocare danni ambientali. I territori e le comunità locali che hanno pagato un così alto prezzo alla industrializzazione del nostro paese meritano la massima attenzione e una coerente politica industriale che punti al risanamento e all’innovazione produttiva”.

Da mesi si registra l’inerzia più assoluta da parte della Regione, proprietaria dell’impianto, alla quale il decreto del Ministero delle imprese dello scorso settembre attribuisce la fondamentale funzione di coordinamento per realizzare le indispensabili opere di adeguamento dell’impianto e risolvere le questioni ambientali.

Nell’assenza di una seria azione di risanamento tecnico e gestionale dell’impianto di depurazione e, più in generale, di una rigenerazione industriale e occupazionale dell’area, il depuratore IAS pare inevitabilmente destinato ad essere fortemente ridimensionato o addirittura a chiudere. “La riconversione dei grandi poli industriali siciliani – dichiara Anita Astuto, vicepresidente di Legambiente Sicilia – deve diventare una priorità del governo regionale, che con lungimiranza deve attuare una pianificazione industriale che dia garanzie sul fronte ambientale, sanitario e lavorativo. Sarebbe necessario dichiarare “strategiche” le bonifiche dei SIN siciliani se servisse ad accelerarle. Non è ammissibile infatti che dopo 25 anni dall’individuazione di Priolo come Sito di Interesse Nazionale (L.426/1998) lo stato delle bonifiche a giugno 2023 risulti fermo al palo con il 2,2 % di aree bonificate certificate (terreni 129 ha e falda 121 ha), e solo considerando anche le aree non contaminate si arriva a 554 ettari bonificati, pari al 9,5% dei 5.814 ha di perimetrazione del Sito. Occorre promuovere una profonda trasformazione dell’industria all’insegna della sostenibilità, che non può che partire dalle bonifiche di questi territori di cui da decenni si promette il risanamento, senza mai realizzarlo. Questo permetterebbe di riqualificare le aree inquinate, produrre nuovi posti di lavoro, riqualificando anche le maestranze già presenti, offrire nuove occasioni di riconversioni produttive fondate su innovazione e sostenibilità”.

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