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Polizia penitenziaria: il Sappe denuncia le condizioni logistiche precarie dei lavoratori

La scorsa settimana Piazza Armerina ha ospitato il Congresso regionale del SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) l’organizzazione sindacale  più rappresentativa del Corpo di Polizia Penitenziaria. L’attività svolta in occasione del summit siciliano non solo ha fornito una cartina di tornasole del lavoro svolto in continuità al servizio della polizia penitenziaria, ma si è rafforzata con la linea tracciata dal Segretario Generale Dottor Capece.
A raccontarci quanto è successo al Convegno, che interessa e non poco l’intero territorio visto che su esso insistono tre carceri (Augusta, Noto e Siracusa), è il vice segretario provinciale Salvatore Gagliani: “Il nostro Congresso cade in un momento davvero particolare e delicato dalla vertenza in atto con il Governo sullo sblocco del tetto salariale per il Comparto Sicurezza alle ancora persistenti criticità del sistema penitenziario. La nostra Organizzazione Sindacale intende rilanciare il ruolo della polizia penitenziaria nell’ambito complessivo del sistema penitenziario, proponendone una nuova organizzazione e un nuovo assetto.
Al termine dei lavori congressuali si è stabilito che il SAPPE sarà il deterrente per sbarricare il futuro della Polizia Penitenziaria, ciò sta ad indicare la necessità di alimentare un percorso di crescita della Polizia penitenziaria che segni anche uno squarcio nelle barriere, interne ed esterne, che lo ostacolano e talvolta lo impediscono. In questa ottica la valorizzazione del gruppo dirigente di un territorio fra i più difficili del Paese, sotto tutti i profili, è fondamentale solo se si lavora in sinergia.  – prosegue Gagliani- Personalmente,  credo che tutto debba essere affrontato con equilibrio, tenendo in giusta e pari  considerazione l’uomo agente quanto l’uomo detenuto e senza dimenticare che, tale dimensione particolare della vita, quella relativa alla sicurezza del nostro Paese, appartiene a tutti in quanto, appunto, interessa tutti gli uomini della collettività.
In sintesi, credo sia pleonastico pensare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria senza  migliorare le condizioni relative ai detenuti e viceversa. Occorre intraprendere dei percorsi di  rinnovamento globale in particolare, la tutela della salute e della sicurezza nella pubblica amministrazione che è regolata dalle disposizioni di cui all’art.2, comma 1, lett. B) del decreto legislativo n.81 del 2008.
Concludo col motto che contraddistingue questa gloriosa organizzazione sindacale – RES NON VERBA – affermando fortemente che i direttori delle carceri ( e quindi il DAP – dipartimento amministrazione penitenziaria)  sono gli unici soggetti responsabili che devono garantire ogni singolo agente di polizia penitenziaria sotto il profilo della salute e della sicurezza, a fronte di quanto detto,  non è così assurdo  pensare alla possibile sussistenza di un diritto degli agenti di polizia penitenziaria ad essere risarciti dall’Amministrazione a causa di fatti  connessi al mancato rispetto da parte del datore di lavoro di quelle che sono le vigenti norme sulla sicurezza”.
E.V.

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